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martedì, 8 Luglio 2025

Finalmente insieme

Sono immagini in bianco e nero quelle che riconducono la mente di ognuno di noi alla Campagna di Russia. Figure irriconoscibili, avvolte da coperte, pastrani, lembi di stoffa incapaci di contrastare il gelido inverno del 1942 che s’affacciò su un gennaio altrettanto tragico. Figure come sospese tra terra e cielo in un infinito bianco, freddo, surreale. Orizzonti che continuano oltre il campo visivo, senza limite alcuno. Paesaggi piatti, rinsecchiti e sempre uguali. Non un’altura. Quei ragazzi galvanizzati da una propaganda menzognera, partirono con la tradotta a luglio: cominciava così la loro vicenda in terra russa. Più il treno macinava chilometri, più cresceva negli animi la sensazione che da quei luoghi fosse impossibile fare ritorno.

Incontri romani

Il Presidente Sebastiano Favero e il Direttore generale Adriano Crugnola, accompagnati dal Delegato in Roma Federico Di Marzo, hanno vissuto il 26 e 27 novembre, due intense giornate a Roma, che hanno visto concretizzarsi una serie di incontri su temi di particolare interesse per la nostra Associazione.

Parole alpine

Un pubblico numeroso e attento ha affollato il salone del Centro culturale “La Società” per assistere alla consegna dei riconoscimenti ai vincitori del Premio letterario nazionale “Alpini Sempre”. L’evento, giunto alla tredicesima edizione - risultato di non poco conto per una comunità periferica e per un Gruppo alpini di una piccola Sezione - ha ancora una volta dimostrato l’interesse della gente e il valore degli scrittori che hanno posto al centro dei loro lavori la montagna e il ruolo degli alpini, sia in pace, sia in guerra. Come sempre la cerimonia della premiazione è stata l’occasione per riunire gli alpini di altre Sezioni del basso Piemonte, oltre ad Acqui, erano presenti Alessandria e Casale Monferrato.

Perché ci vogliono bene

Se mai facessimo un sondaggio per chiedere alla gente cosa piace degli alpini, credo che ai primissimi posti della hit parade troveremmo la cordialità che incontrano nello stare con loro. Un’emozione? Un’impressione? Potremmo anche considerarla come una nota di colore. Ma non è così. Lo stare insieme come sanno fare gli alpini racconta molto di più di un fatto di folclore che qualcuno, con buona dose di ingenerosità, vorrebbe banalizzare dentro un fiasco di vino o qualche grappa di troppo.

Testimonianza e memoria

L’inconfondibile sagoma del Duomo si libera in un caleidoscopio di immagini, statue, ricami di marmo. Una varietà che ci è stata consegnata così dagli artisti che lo costruirono, seguendo l’estro e i canoni della bellezza. La grande cattedrale ci emoziona perché utilizza un linguaggio universale che oltrepassa il senso religioso. In quegli elementi architettonici, che si ritrovano con innumerevoli interpretazioni in altri edifici e monumenti in tutta la Penisola, c’è la nostra storia secolare nella quale un’intera comunità si identifica.

A piedi nudi sulla neve

Macugnaga (Verbania), a quota 1.320 metri, ospiterà domenica 21 febbraio la 7ª edizione itinerante della “Corsa a piedi nudi sulla neve” (ma sono ammessi anche i piedi avvolti in stracci), in ricordo della tragica ritirata della Campagna di Russia.

William, una nuova stella

Egregio direttore, sono la moglie dell’alpino William Faccini. A nome mio e delle mie tre figlie vorrei ringraziarla per lo spazio riservato nel suo giornale alla memoria di mio marito.

L’alpino Gennaro Sora

Caro direttore, la ringrazio per gli ottimi articoli su mio zio Gennaro Sora e sulla Preghiera dell’Alpino pubblicati sul numero di ottobre e per avere portato un po’ di buon senso in quella che ci auguriamo resti solo l’ennesima polemica ferragostana. 

Passione civile e morale

Caro Cesare, la storia sulla “Preghiera dell’Alpino” d’ottobre mi ha molto interessato. Sono un convinto partigiano della versione di 1949, quella del’Ana. Non capisco che il Comando delle Truppe Alpine abbia potuto cedere ai capricci della sinistra e altri pacifisti, cancellando le “armi” e la “nostra millenaria civiltà cristiana”. 

Quel Fior di Roccia

Ordini precisi, riecheggiati dalle pareti rocciose e scoscese. Passi scanditi. Picchetto e alzabandiera. Sotto un cielo azzurro intenso e terso, il cortile della “Fior di Roccia” in Val Veny (Valle d’Aosta) è tornato, seppure per un giorno, agli antichi splendori. Un’atmosfera che, siamo certi, ha suscitato commozione in più d’uno dei presenti.

Cantare ancora, cantare sempre

Canti degli alpini, sugli alpini o canti di montagna? E tra questi quali privilegiare? E come definire un coro alpino? Fatto di soli alpini o con… puntelli di supporto? E quale destino per i nostri Cori, quasi sempre sostenuti da persone con una anagrafe importante? Una specie di interrogativo sul dopo di noi, giusto per vedere come mettere al sicuro un patrimonio importante, che domanda d’essere custodito, ma anche di trovare nuova linfa e creatività. È da tempo che l’Ana indugia su questi interrogativi, per non trovarsi nella condizione di quelle aziende poco avvedute che si limitano a spartire gli utili, in questo caso il consenso popolare, senza investire guardando avanti. Ecco perché l’Ana, attraverso il Centro Studi ha deciso che era tempo di muoversi anche in questa direzione. Una iniziativa che ha trovato entusiastica sponda nella Sezione di Vicenza, capitanata dal suo vulcanico Presidente, la quale s’è resa disponibile ad ospitare un grande convegno nel prossimo mese di giugno. Tanto più che da quelle parti ci sta un Maestro inossidabile, tal Bepi De Marzi, che alla pari di altri illuminati e storici Maestri, ci metterà del suo per far partire l’iniziativa. Noi, per ora cominciamo a parlarne, in una marcia di avvicinamento. Una seminagione se volete, in attesa dei frutti.

Io, prete, difendo gli alpini

Cari amici, lo scorso mese di novembre, si “consumava” l’ennesima scaramuccia tra il celebrante di una liturgia funebre e gli alpini presenti alla cerimonia, per rendere omaggio ad un alpino “andato avanti”. In quella occasione il “Corriere della Sera”, edizione veneta, mi chiedeva un pezzo a commento. 

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