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domenica, 20 Luglio 2025

“Cuneense!”

La prima fitta nevicata della stagione ha imbiancato Mondovì proprio nella due giorni – 19 e 20 gennaio – di eventi alpini nel 70° della battaglia di Nowo Postojalowka. Era il 20 gennaio 1943, quando nel ripiegamento dal Don la “Cuneense” si immolava per consentire ai resti dell’armata italiana di guadagnare il varco di Nikolajewka, sottraendosi così alla sacca nella quale i russi l’avevano intrappolata.

Una corona ai Caduti in prigionia

Il cimitero della Grande Guerra di Wegscheid, in Austria, curato dalla Croce Nera austriaca dell’Alta Austria, ha ospitato il 21° Incontro italo austriaco della pace a ricordo dei Caduti e delle vittime civili della Grande Guerra. Nel riquadro italiano del cimitero militare, un tempo annesso al campo di prigionia, sono custoditi i resti mortali di 1.360 soldati italiani, deceduti per tbc, tifo, colera e febbre spagnola o a causa delle ferite di guerra. Complessivamente i militari di varia nazionalità lì sepolti sono 5.163.

“Fuarce Cividat”, oggi come ieri

Quanti hanno fatto la naja ricordano che con il brutto tempo i comandanti erano soliti ripetere “l’alpino non è solubile in acqua”. Quella sensazione di freddo e di umido se la sono regalata le migliaia di persone che hanno affollato Chiusaforte e Cividale del Friuli il secondo fine settimana di gennaio in occasione del 17° raduno del battaglione “Cividale”. Migliaia hanno sfidato il freddo vento delle valli e la pioggia ghiacciata per sfilare lungo le vie della città ducale (così è conosciuta Cividale) quest’anno dietro la loro Bandiera di guerra che, per la solennità della cerimonia, è giunta dal Vittoriano di Roma dov’è custodita.

Nella tana dei “Lupi”

Una porta alla fine di una ripida scalinata. Il presidente Perona la apre ed entra nella tana dei “Lupi dell’Assietta”. Nel corridoio c’è il capitano Luca Del Sole, che il giorno precedente aveva accompagnato gli alpini dell’ANA in pattuglia. Attende accanto all’enorme stemma in legno che replica le insegne della 34ª Compagnia; è stato scolpito dall’alpino Marco Selva durante la missione degli alpini di leva in Mozambico, nel 1993, ed è stato portato in Afghanistan dal Piemonte. Un abbraccio, tanti sorrisi e strette di mano. Sembra una camerata di quando eravamo a naja e, se non fosse per i nostri capelli un po’ più bianchi, dallo spirito dell’incontro si potrebbe trattare di un ritrovo tra commilitoni.

Scuola non è più tabù

“We stay to make, not making to stay! Thank you to coming and hard working of, Alpini” (letteralmente “restiamo per fare, non facciamo per rimanere! Grazie per essere venuti e per il duro lavoro, Alpini). Con questa scritta sulla lavagna di un’aula la delegazione dell’ANA viene accolta da un centinaio di studentesse del liceo femminile Mehri Heravi, in cui dodicimila ragazze dai 7 ai 19 anni possono avere un’istruzione scolastica, un vero tabù per l’Afghanistan fino a qualche tempo fa.

“Signore delle cime”

Mi ha lasciato allibito la critica di un lettore di Bergamo, comparsa sul n. 1/2013 de L’Alpino relativa alla canta “Signore delle cime”. Alpini o alpinisti? Non ha capito l’autore che la montagna rappresenta i tanti problemi e le tante fatiche della vita per cui ognuno di noi ogni giorno combatte, ogni giorno si impegna per superarne le difficoltà, fino a consumarsi la vita.

IL MIO “SEGRETO” DIARIO DI GUERRA

L’autrice, diciottenne, vive a Bolzano durante la seconda guerra mondiale e racconta nel suo diario disagi, fame, bombardamenti e la difficile condizione di una città dove convivono persone di lingua tedesca e italiana. Il diario lascia poi il posto ad uno scambio epistolare tra l’autrice e i familiari, dopo il suo abbandono della città e la separazione dai genitori a causa del conflitto, e si conclude con il primissimo dopoguerra.

I due marò… Com’è andata davvero?

Caro direttore, sul numero di dicembre de L'Alpino hai scritto "che ti risulta del tutto incomprensibile la detenzione in India dei due militari italiani". L'affermazione è condivisibile se si guardano gli avvenimenti sotto un profilo strettamente giuridico; però se "gli alpini incarnano lo spirito cristiano" come tu confermi, allora risulta poco comprensibile come un episodio che è costato la vita a due incolpevoli pescatori, non debba suscitare quella pietas che sempre viene richiamata in analoghe luttuose circostanze.

Sulle piste afgane, con gli alpini

Cielo azzurro, montagne brulle e villaggi di fango e paglia che si mimetizzano con l’ambiente circostante. Oggi, nell’anno 1391 del calendario persiano, l’Afghanistan cerca a fatica di uscire dal suo medioevo, formato da feudi in cui i capi tribù hanno diritto di vita e di morte e un potere su ogni cosa, contrastato a fatica e a corrente alternata dal governo centrale della Repubblica islamica e dalle sue leggi. Da un decennio le forze multinazionali di Isaf, con l’Italia in prima linea, sono impegnate a contrastare gli insorti, appartenenti a organizzazioni militarizzate della criminalità o del fondamentalismo che lottano per evitare qualsiasi progresso sociale, tecnologico o economico. Perché progresso significa perdere il controllo del potere e dei propri traffici.

Nikolajewka, per me…

Questo è il discorso pronunciato dall’allora presidente nazionale Leonardo Caprioli a Varese il 26 gennaio del 1997, nel 54° anniversario della storica battaglia. È un testo che non ha bisogno di commenti e che dovrebbe essere letto di tanto in tanto nelle scuole per far riflettere i giovani sui sacrifici sopportati da quanti - giovani della loro età - furono mandati a combattere una guerra che non volevano né comprendevano, ma non per questo vennero mai meno a quanto imponeva loro il senso del dovere.

“Con disciplina e onore”

Non so ancora come intitolare questo mio scritto, forse il titolo più giusto sarebbe: lo sfogo di un populista. Ho sentito alla radio, da un noto esponente politico, che le stime di coloro che non andranno a votare alle prossime elezioni saranno di circa il 45% della popolazione avente diritto e questo è il frutto di un concetto “populista”. Mi sono andato a guardare il significato della parola e concordo in pieno.

MAI TARDI

Pochissimi alpini in guerra sono riusciti a scrivere un diario, un po’ di più hanno scattato fotografie, quasi nessuno ha scritto e descritto le vicende del fronte greco, comunque nessun altro della Tridentina, escluso Emilio Bonari. Il libro è una preziosa testimonianza di quelle vicende, poco conosciute anche tra gli alpini. I nipoti, figli di Franco, hanno raccolto e riordinato il materiale.

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