Non so ancora come intitolare questo mio scritto, forse il titolo più giusto sarebbe: lo sfogo di un populista. Ho sentito alla radio, da un noto esponente politico, che le stime di coloro che non andranno a votare alle prossime elezioni saranno di circa il 45% della popolazione avente diritto e questo è il frutto di un concetto “populista”. Mi sono andato a guardare il significato della parola e concordo in pieno.
Quello che questo noto personaggio politico non ha detto è il motivo per cui è nato questo 45% di populisti che io definisco “speciali”. L’articolo 54 della Costituzione dice: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. L’espressione “cittadini cui sono affidate” intende due cose. La prima è che sono cittadini proprio come noi a cui sono affidate funzioni pubbliche.
La seconda evidenzia che la cosa pubblica non è regalata a chi la esercita ma affidata, termine che indica un legame che permane tra chi affida e la cosa affidata, e non è per sempre. Infine il dovere di adempierle con due parole di grande dignità morale, disciplina ed onore. Io oggi sento di essere uno di questi populisti che, pur rimanendo italiani e credendo in questo Paese, si sente indifeso di fronte a coloro che oggi non svolgono con disciplina ed onore il compito a loro affidato. Ho sempre rispettato le istituzioni perché questo mi è stato insegnato.
Ho sempre creduto ed ubbidito alle autorità competenti e rigorosamente ho mantenuto un comportamento consono al luogo e rispettoso del prossimo. Credo di avere contribuito alla crescita del Paese e, come espressione di una parte del volontariato di Protezione Civile nazionale, ho profuso impegno spontaneamente. Non mi stancherò mai di continuare con questi concetti ma ora voglio dimostrare la mia insoddisfazione! Quante volte nella vita ci siamo chiesti o ci hanno chiesto: è nato prima l’uovo o la gallina? Banale e inutile cercare di trovare risposta.
Da ogni parte si voglia iniziare il ragionamento non si raggiunge un risultato razionale. Razionale e logico invece è il concetto a cui sono giunto dopo i miei primi cinquanta anni di vita vissuta, di cui ben trenta nell’Associazione Nazionale Alpini. Prima si hanno dei “doveri” e poi anche dei “diritti”. La mia impressione è invece che oggi molti siano convinti che prima vengano i “diritti” e poi se questi sono soddisfatti si ricambia con i “doveri”. Non volendo essere frainteso e né fare “di tutta un’erba un fascio”, sembrerebbe che per il solo fatto che uno alla mattina si alzi per andare al lavoro e prima ancora della colazione, già meriti il suo stipendio giornaliero senza impegnarsi e corrispondere un reale impegno nel suo compito produttivo.
Come quel pensionato che lavorando per una vita ha maturato la giusta ricompensa. Come nella fisica, dove uno dei principi della dinamica dice che ad ogni azione corrisponde una reazione. A questo punto parlando di “diritti” e di “doveri” e dovendo decidere quale considerare preminente mi viene da pensare alla fiducia. La fiducia si deve “dare” in segno di stimolo, di sprone o la si “conquista” sul campo a dimostrazione di caparbietà, competenza e perseveranza? Io sono per la seconda scelta. Ritornando al punto iniziale del mio ragionamento, come posso esprimere la mia scelta nei confronti di questa classe politica nazionale se è stato dimostrato che fino ad oggi vengono prima i “diritti” e dopo i “doveri”?
Come posso concedere ancora un’altra opportunità a chi crede che la fiducia la si deve “dare” invece che “conquistare” sul campo? Come posso preferire qualcuno senza avere la garanzia dell’impegno svolto con disciplina ed onore? Io non me la sento di votare una parte o un movimento politico, poiché essi hanno dimostrato tutto il contrario di quanto mi è stato insegnato e che nella vita ho imparato. Inoltre e soprattutto, non ho voglia di essere complice di questo sistema.
Gigi Cailotto – Valdagno (VI)
Caro Gigi, è tutto, purtroppo, vero. A voler rincarare la dose c’è poi lo spettacolo indecente di una cultura partitica in cui tutti promettono tutto ad alcuni, perdendo di vista il bene comune, o contratto sociale come si diceva un tempo. Della serie, se dai il voto a me, io tutelo i lavoratori. Se lo dai a me, gli industriali. Se mi voti proteggo i pensionati, se mi mandi in Parlamento difenderò i carcerati… Nessuno che dica: doveri per tutti se si vuole stare bene insieme, prima ancora dei diritti.
Se mi è consentito un esempio, per spiegarmi meglio, è come se ogni partito dicesse: se mi dai il voto io ti faccio vedere il film in prima fila e ti consento anche di alzarti in piedi quando vuoi. Nessuno che si domandi: ma quelli della seconda fila e della terza… saranno contenti? Purtroppo sta sparendo la filosofia della politica, il ruolo che è chiamata a interpretare, oltre ai personaggi credibili che la interpretino.
Però di una cosa sono convinto. Che andare a votare sia importante. Magari solo per sparigliare le carte. Non va dimenticato che la percentuale di assenteisti, diventerà la percentuale di parlamentari da attribuire in misura proporzionale ai vari partiti, in base al risultato delle urne.