I due marò… Com’è andata davvero?

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    Caro direttore, sul numero di dicembre de L’Alpino hai scritto “che ti risulta del tutto incomprensibile la detenzione in India dei due militari italiani”. L’affermazione è condivisibile se si guardano gli avvenimenti sotto un profilo strettamente giuridico; però se “gli alpini incarnano lo spirito cristiano” come tu confermi, allora risulta poco comprensibile come un episodio che è costato la vita a due incolpevoli pescatori, non debba suscitare quella pietas che sempre viene richiamata in analoghe luttuose circostanze.

    Così il caso umano è stato rimosso per dare spazio ad una spigolosa contesa diplomatico/giudiziaria, senza che (e non riguarda solo L’Alpino) qualcuno di autorevole si sia sentito in dovere di esprimere un moto di cordoglio verso quei malcapitati e le loro famiglie. Anzi il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha rincarato la dose dichiarando che per una efficace lotta alla pirateria i militari ed i “contractors” debbano avere maggiore libertà di azione. Le notizie sull’accaduto sono generiche: le uniche certezze sono che le vittime erano pescatori e che a sparare sono state armi italiane, circostanza confermata dalla somma di denaro pagata dal governo italiano come “praetium doloris”.

    Altrettanto incomprensibile è il comportamento del comandante della nave “Enrica Lexie” che si è sottratto alle domande dei giornalisti; se a questo aggiungiamo che dell’accaduto sono imputati solo due dei sei militari imbarcati sulla Enrica Lexie, si capisce che all’operazione di respingimento (o come tale reputata), con ogni probabilità, non ha partecipato l’intero reparto: ci sarebbe da chiedersi cosa stessero facendo gli altri militari mentre sul ponte venivano esplose raffiche contro un’imbarcazione non identificata!

    Io penso che un militare – ancor più se di carriera – debba usare la massima cautela nell’uso delle armi, specie se dall’azione possano derivare conseguenze irreversibili. Non molto tempo fa le motovedette di un paese nord-africano aprirono il fuoco contro un peschereccio di Mazara del Vallo: tutti stigmatizzarono il gesto senza chiedersi se la barca fosse fuori o dentro le acque territoriali oppure internazionali.

    Quando questa lettera verrà pubblicata la Corte Suprema Indiana avrà già preso la sua decisione che a parer mio sarà favorevole alle tesi italiane. Perciò, sì vicini ai nostri militari, ma anche vicini, almeno con lo spirito, alle famiglie delle due vittime, che come le famiglie dei due marò non avranno un felice anno nuovo.

    Ugo Sarao – Cassano d’Adda (MI)

    Caro amico, dal tuo scritto sembra che tu abbia acquisito una granitica certezza che, ad uccidere i due pescatori, siano stati i due marò. Io non so se davvero sia proprio così e non lo dico per partito preso, a priori. Mi chiedo, ad esempio, perché il battello dei pescatori sia stato inabissato dagli indiani, impedendo di fatto la perizia balistica. E perché un piccolo battello si trovasse in acque internazionali sotto la Lexie.

    Certamente in questi casi la paura può rendere più aggressivi coloro che hanno il compito di difendere dai pirati, ma questo non chiarisce ancora la dinamica dei fatti. Concordo sulla vicinanza alle famiglie delle due vittime e voglio sperare che quello che tu chiami il praetium doloris sia almeno sufficiente a garantire condizioni di vita migliore per chi ha perduto i propri cari.