LE ORME E LE FERITE DELLA MEMORIA
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Il libro, voluto dal gruppo di Collegno, è un omaggio a tutti i collegnesi caduti nelle guerre dello scorso secolo. La ricerca ha preso avvio dall’esame delle lapidi commemorative presenti sul territorio comunale ed è proseguita consultando l’archivio storico, lo stato civile, l’anagrafe e la biblioteca della Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino. Per chi ha avuto un parente o un conoscente partito e non più tornato sarà come ritrovarlo e seguirlo nelle vicende che ha vissuto prima della morte. Leggerlo servirà a stimolare la riflessione sulle vicende belliche del Novecento. |
I vertici dell’ANA incontrano il Ministro della Difesa
Lo scorso 29 gennaio il presidente nazionale Sebastiano Favero e il vice presidente vicario Adriano Crugnola, accompagnati dal Rappresentante ANA a Roma Federico di Marzo e dal Presidente della Sezione di Cividale Parpinel, hanno avuto un incontro con il Ministro della Difesa Mario Mauro.
L’onore violato
La vicenda che da due anni vede due fucilieri di marina trattenuti in India sotto l’accusa, mai ancora diventata vero e proprio capo d’imputazione, di aver sparato e ucciso due pescatori indiani è tra le cose più avvilenti che mi sia mai capitato di raccontare. Intanto, per l’accusa in sé. Non ho mai nascosto di conoscere e di considerare un amico Massimiliano Latorre. L’ho conosciuto in circostanze difficili, a Kabul, quando mi recavo ogni giorno, nella primavera del 2007, all’aeroporto militare per fare un servizio sugli elicotteri della Marina, a base “Pantera”.
In breve – febbraio 2014
Notizie in breve.
Una serata da incorniciare
Splendida serata quella organizzata ad Arzignano: c’erano tutti gli ingredienti per trasformare un concerto di cori in un momento di comunità per la Val dell’Agno e del Chiampo. Innanzi tutto il luogo. L’azienda Marelli Motori, erede della mitica Pellizzari, che ogni anno mette a disposizione gli spazi dell’azienda per allestire palco e platea, mentre l’Associazione Arzignano Futura e i Crodaioli, con un robusto contributo della Protezione Civile e delle Forze dell’Ordine, si occupano dell’organizzazione.
Radici alpine
Le troviamo ovunque, persino in città. Con la testa piegata all’indietro, le osserviamo dal basso. Sono piante secolari, alle volte più giovani. Custodi nei parchi, esse corrono in fila indiana lungo i campi in pianura, abitano sopra alture modeste e alte quote. Ve ne sono infinite specie, differenti per forma, colore e grandezza eppure tutte accomunate da un elemento imprescindibile: le radici. Sono proprio questi getti, elementi fondamentali per la vita della pianta, essi rompono la terra fin nelle viscere, la cingono in una presa serrata, famelica.
Parole antiche sempre nuove
«Qui, noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia.
Qui, noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato. Ma non come atto di privilegio, bensì come una ricompensa al merito. La povertà non costituisce in questo un impedimento.
Una via dal nome controverso
Mi ha molto stupito la presa di posizione dell’alpino Bonfanti sul cambiamento del nome di una via di Pelugo, piccolissimo paese della val Rendena, da via De Gasperi a via dei Kaiserjäger. Certo, concordo con lui che cancellare un grande personaggio che ha fatto moltissimo per il nostro Trentino non è stata un’idea geniale.
Forma e sostanza
Leggo sulla vostra rivista l’articolo relativo alla Campagna del Don e rammento quanto di quell’episodio mi raccontava mio padre che, partito con l’Armir nel giugno 1940, è tornato nel 1944. Era nei servizi automobilistici al servizio della Julia ed ha patito e sofferto quanto possiamo immaginare: è tornato con congelamento ai piedi, lesioni alla vescica, “fuori di testa”.
Educare all’impegno civile
La quasi totalità dei 300mila alpini che fanno parte della nostra Associazione sono “figli della naja”. Per tanti giovani il servizio militare era il vero distacco dal nucleo familiare, era la prima volta che viaggiavano, conoscevano e si confrontavano con altri giovani che avevano diversi dialetti, abitudini, occupazioni. Era un periodo faticoso, spesso pieno di disagi, in cui ci si metteva alla prova per affrontare gli obblighi imposti dalla realtà militare, considerata quasi un mondo parallelo, con il suo vocabolario particolare, ritmi e riti diversi da quelli della vita civile.
Voci da Nikolajewka
Gennaio 1963. Le percussioni, sulle pelli tirate degli otto tamburi imperiali della fanfara alpina “Taurinense”, ritmano il passo e si sentono ancora, attutite appena dal trascorrere inesorabile del tempo. La città, dalla Loggia al Duomo vecchio, mentre fasci di luce tricolore fendono il velo di nebbia che avvolge le bare di chi, finalmente, ritorna a baita, rende muto il brusio di tanta gente attanagliata, sorpresa, stupita, avvinta da un così composto corteo.
Un segno di vita
Tanti anni fa ho avuto l’onore e la gratificazione di prestare servizio militare nel 1° reggimento artiglieria da montagna: i 18 mesi trascorsi hanno lasciato in me una traccia profonda e la consapevolezza di quei valori oggi purtroppo screditati sulla strada della totale indifferenza.