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domenica, 6 Luglio 2025

"Insema per la baracca", in ricordo di don Gnocchi

"Insema per la baracca", giunta quest'anno alla 3ª edizione, vuole essere un contenitore di eventi per far conoscere e tenere viva la figura del Beato don Carlo Gnocchi attraverso varie modalità che possano coinvolgere "più mondi", dai ragazzi delle scuole, agli alpini, passando per le varie associazioni legate a quella grande e complessa figura rappresentata dal Beato don Carlo.

Una reliquia di don Gnocchi al Comando Truppe Alpine

Durante la Messa in onore di San Maurizio martire, patrono degli alpini, una reliquia del Beato don Carlo Gnocchi, cappellano alpino durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti greco-albanese e nella campagna di Russia, sarà insediata martedì 22 settembre nella chiesa del Comando Truppe Alpine di Bolzano (in viale Druso, 20).

“Un alpino bresciano a Rossosch”, presentazione a Brescia

Il 25 settembre, alle ore 20.45, presso la sede della sezione di Brescia (in via Nikolajewka, 15), avrà luogo la presentazione del libro di Giovanni Prestini “Un alpino bresciano a Rossosch”. Seguirà un dibattito con la partecipazione di Alessandro Rossi già vice presidente dell'ANA e Massimo Cortesi; moderatore Daniele Barbieri.

Un caffè con il Comandante

In occasione della Festa della Repubblica 2015, io e la mia fidanzata abbiamo deciso di trascorrere qualche giorno nel soggiorno alpino di Costalovara, la struttura alberghiera situata sull’altipiano del Renon, sopra Bolzano. Così, il 1º giugno decidiamo di far visita alla caserma che mi aveva visto giovane alpino in divisa (quanti ricordi) e di passare dal Comando Truppe Alpine per lasciare un crest al Comandante, gen. C.A. Federico Bonato. 

Cantore ai suoi figli

«Oh yes, the famous italian mountain troops!», questa la frase pronunciata con entusiasmo da Elisabetta II, regina d’Inghilterra, nel corso della sua ultima visita ufficiale in Italia. L’avevano portata a vedere Villa Borghese quando, tra le molte statue, scorse quella dell’artigliere alpino con il suo mulo. «Come fa a conoscere gli alpini, Maestà?» le chiese titubante qualcuno del seguito. «Ma perché anch’io da ragazza ho letto tutti i libri di Kipling!», fu la risposta lapidaria della sovrana. Che cosa dunque aveva mai scritto Rudyard Kipling, l’indiscusso re dei libri d’avventura per ragazzi, di così eclatante sul conto degli alpini?

Grazie Son!

Da anni mi parlavano del Son, di quegli omini fatti di magliette verdi e pantaloni color salvia, quei pazzi del Son. Ma io ogni volta mi chiedevo: cosa ci potrà mai essere di così pazzo in loro da renderli così particolari? Provai ad entrare e ci entrai. Forse non bastano parole per descriverlo, forse non bastano nemmeno le foto: Piacenza, la mia prima Adunata. Quando entrai in quella Caserma rimasi folgorata, sentii in un attimo le stesse emozioni e la stessa fierezza di quando nel settembre 2010 varcai la porta carraia della Caserma del 7º Alpini di Belluno; la fierezza di sentirsi un alpino!

Ritorno a casa

Sono trascorsi cinquant’anni dalla posa della prima pietra per la costruzione del Memoriale che ricorda i Caduti del battaglione Intra. Una struttura semplice, lineare senza ornamenti. Vinceranno i nomi incisi sulle targhe di bronzo, vincerà la frase riportata poco sopra “Noi siamo gli alpini morti per l’Italia”. E quella fila di nomi sono gli uomini del battaglione Intra che, un poco per volta, tornano a casa: gente di lago e di montagna reclutata nelle terre del Cusio, del Verbano e dell’Ossola e ancora nel luinese e nel varesotto. Sono gli alpini dalla nappina verde segno distintivo di un battaglione che annoverava gente esperta nell’arte dell’arrangiarsi, montanari, spesso contrabbandieri capaci di sconfinare al buio, con zaini che parevano zavorre, dal lago su verso la Svizzera e ritorno.

A Nava per chi non fece ritorno

Il suggestivo rintocco della campana a morto accompagna il lento procedere dell’alpino col cuscino di fiori verso la chiesetta dove riposano i resti del generale Emilio Battisti. I reduci della Cuneense attendono che il trombettiere termini le struggenti note del Silenzio quindi entrano assieme per porgere il saluto al “loro” generale. Si conclude così il 66º raduno al Sacrario della divisione Cuneense al Colle di Nava: dal 1950 i reduci della Divisione martire non mancano all’appuntamento per rendere omaggio a chi non è tornato dalla Russia.

Cima Vallona: un canto di dolore

«Portategli il vostro sincero rimpianto, portategli il vostro ricordo soltanto, che sappiano loro che sono partiti che noi tutti noi siam rimasti feriti. Portategli il vostro sincero rimpianto, portategli il vostro ricordo soltanto, che sappiano loro che sono partiti; che noi, tutti noi, siam rimasti feriti. Portategli i fiori, portategli il sole, un bacio di donna, un ricordo d’amore. Chi sa maledire o chi sa pregare quei quattro ragazzi dovrà ricordare. Voglio saper se la mano assassina che ha mosso la terra, che ha messo la mina, sa stringere un’altra, se sa accarezzare se quella d’un uomo può ancora sembrare».

Informare con correttezza

Egregio direttore, chissà quante discussioni avrà suscitato la lettera pubblicata su L’Alpino di giugno a firma dell’art. Aldo Parodi. Una lettera di per sé estremamente spigolosa e con delle affermazioni e/o convincimenti che sono il frutto di una informazione, cavalcata da quasi tutti i media, che poco si addice alla tanto declamata professionalità del giornalismo e dei giornalisti. 

Realtà dell’Ana

Gli alpini, una gran bella famiglia. La Sezione di Treviso, di cui faccio parte, annovera al proprio interno ben 8.674 alpini e 1.953 tra aggregati e aiutanti, comunemente chiamati amici degli alpini. Questi ultimi ammontano oramai al 23% dell’intero organico sezionale (dati da Fameja Alpina di maggio 2015). 

Il fronte dei ricordi

Cammina con passo deciso, calza scarponi pesanti eppure con ampie falcate mangia veloce la strada che ha sotto i piedi: un passo un metro. Mi fa segno da lontano, allunga il braccio e si presenta: «Buongiorno sono Livio. Adesso saliamo con la seggiovia, su un pezzo, poi camminiamo. La porto a vedere dove ho trovato l’alpino, intanto però guardiamo i ripristini che ho fatto». Il tono alto della voce infila le parole l’una dopo l’altra, rapide e senza pause. Si avvicina allo zaino, mi dice che è quello in dotazione all’esercito svizzero, «lo sollevi!», quasi impossibile con una mano, almeno per me. Saranno 25 chili, forse più.

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