Grazie Son!

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    Da anni mi parlavano del Son, di quegli omini fatti di magliette verdi e pantaloni color salvia, quei pazzi del Son. Ma io ogni volta mi chiedevo: cosa ci potrà mai essere di così pazzo in loro da renderli così particolari? Provai ad entrare e ci entrai. Forse non bastano parole per descriverlo, forse non bastano nemmeno le foto: Piacenza, la mia prima Adunata. Quando entrai in quella Caserma rimasi folgorata, sentii in un attimo le stesse emozioni e la stessa fierezza di quando nel settembre 2010 varcai la porta carraia della Caserma del 7º Alpini di Belluno; la fierezza di sentirsi un alpino!

    E poi fu proprio lì, fu proprio durante la prima Adunata, il primo incarico ufficiale insieme a Stefano (componente della squadra telecomunicazioni): scorta al reduce Carlo Vicentini. A distanza di due anni ricordo ancora passo passo tutto il percorso che facemmo quel pomeriggio, ogni parola detta e ogni opinione scambiata; a fine Adunata lo accompagnammo nel suo albergo e regalò a me e Stefano due libri scritti da lui, uno ciascuno con tanto di dedica. Sarebbe stato stupido versare qualche lacrima proprio davanti a lui, ma noi l’abbiamo fatto e non ce ne siamo vergognati. Perché ancora oggi quelle lacrime significano gioia, rispetto, onore e fierezza di avere Uomini così; fieri di avere alpini che tramite una dedica ti descrivono tutta la loro vita regalandoti un’emozione indescrivibile. Andai via lunedì mattina con un magone che mi teneva stretta la gola e la bocca dello stomaco, il momento più bello ma forse il più triste: i saluti. Non è una semplice stretta di mano, ma un interminabile abbraccio pieno di occhi gonfi e che sussurra “ci vediamo l’anno prossimo”; ed effettivamente appena si rimette piede fuori dalla caserma inizi a fare quel conto alla rovescia. Al terzo anno di Servizio d’Ordine Nazionale mi sento ormai componente essenziale di questa famiglia, di una famiglia che ti accoglie con i tuoi pregi e i tuoi difetti, che ti fa sentire fiero di te stesso anche quando sposti un semplice sassolino. Il Son è questo: tanti momenti di duro lavoro e poco sonno, arriviamo alla domenica della sfilata distrutti ma stringiamo i denti fino a quando non smontiamo tutto il lunedì; i nostri momenti sono accompagnati da risate, canti, forse anche da qualche litigio, da qualche incomprensione, da qualche «basta non ce la faccio più l’anno prossimo non torno», ma in fondo sappiamo tutti che nessuno di noi sarebbe capace di non tornare. È un legame che terrai stretto fino a quando potrai.

    Giulia Addante


    Mi chiamo Alberto Pezzoni, sono un alpino iscritto alla Sezione Vallecamonica e appartengo orgogliosamente al Son. Personalmente sono convinto che se l’Adunata a L’Aquila è riuscita bene è anche grazie al nostro impegno, anche se nessuno ne parla. Certo noi non viviamo l’Adunata come tutti gli altri nostri fratelli, non sfiliamo con il vessillo sezionale, ma ci impegniamo per far sì che tutto possa svolgersi senza intoppi, facendo anche turni di servizio disagevoli. Per rendere l’idea vi dico che nei giorni dell’Adunata si dorme pochissimo. Poi magari ti capita di sentire i rimproveri perché qualcuno sfila e non dovrebbe, o ha il cappello norvegese… Ma non dovrebbero essere i Capigruppo a vigilare perché questo non accada?

    Alberto Pezzoni

    Cari Giulia e Alberto, il Son è un servizio straordinario, tanto prezioso quanto umile. Per loro non c’è applauso e non c’è la ribalta della scena, quella dove tutti ti battono le mani e applaudono al tuo passaggio. Ma cosa ne sarebbe delle nostre Adunate senza gli amici del Servizio d’Ordine? Forse è esagerato sbrodolarli di complimenti, ma è ingeneroso non ricordarli mai. Magari semplicemente per dire loro grazie.