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lunedì, 12 Maggio 2025

Dedicato al nostro “papà”

In occasione del centenario della morte del generale Giuseppe Perrucchetti, da tutti conosciuto come il papà degli alpini, la Sezione di Milano e il Gruppo di Cassano d’Adda hanno organizzato una serie di eventi commemorativi che hanno avuto il culmine domenica 17 aprile. Una bella anticipazione c’è però stata sabato 9 con l’inaugurazione della mostra dedicata al generale, curata da Giuseppe Martelli, Francesco Testa e dagli alpini di Cassano, seguita dalla conferenza dal titolo “Giuseppe Perrucchetti e Armando Vitali, dall’Aquila Asburgica alla Croce Sabauda: patrioti per l’Italia unita”, curata da Marco Galbusera e Dario Riva.

Punti di vista

Perdonami se compio un peccato confessando che leggendo i tuoi articoli su L’Alpino provo dell’invidia nei tuoi confronti, questa invidia è scaturita nel dedurre che vivi in un mondo a dir poco meraviglioso, mio caro dimmi se c’è un posto anche per me, e per la mia famiglia sarei veramente felice ed eternamente riconoscente, la mia Patria si chiama Italia ho sempre amato la mia Patria, soprattutto durante gli 11 anni di lavoro all’estero. Questa mia sfortunata Patria... 

Il ponte ignorato

Mi rivolgo a lei come ultimo salvagente. Abito a Borso del Grappa e ho nel mio terreno un ponte, tipo decauville, otto piloni in cemento, di una ferrovia fatta nel 1917 dopo Caporetto, che da Bassano portava rifornimenti in una villa veneta che poi con teleferiche raggiungevano il fronte a Cima Grappa.

Gorizia città alpina

Il raduno del 3º raggruppamento che si terrà a Gorizia, dal 17 al 19 giugno ha due temi principali attorno ai quali è stato predisposto l’intero programma della tre giorni, riportato nella guida allegata a questo numero de L’Alpino, con lo stesso filo conduttore legato alla memoria e al ricordo. Il primo tema è quello della commemorazione dei Caduti della Prima Guerra Mondiale: Gorizia è la città scelta dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia come fulcro degli eventi per l’anno 2016, ricorrendo nel mese di agosto il centenario dell’entrata delle truppe italiane.

Il linguaggio dell’arte

Forse neppure Pino Baù, di Prova di San Bonifacio (Verona) poteva immaginare quale forza comunicativa contenesse il linguaggio dell’arte. Lui, come noi, abituati a credere che il successo della vita dipenda dal percorso scolastico. A lui la scuola proprio non piaceva. Un po’ di avviamento dopo le elementari e un titolo di terza media, conseguito da privatista, ma, più che altro per mettere a posto le carte per garantirsi il lavoro.

Verso la santità

È il 17 agosto 1979. Sperandio Aldeni, artigiano ed elettricista, è al lavoro come tutte le mattine. Quel giorno si trova ad Orsenigo, in provincia di Como (oggi Lecco), a pochi passi dallo stabilimento della Cartotecnica. Intorno alle ore 16, entra nella cabina di trasformazione da 15 mila volt per collegare l’interruttore primario alla linea che arriva dall’Enel. 

Don Carlo e gli alpini

Sono trascorsi sessant’anni dalla sua dipartita eppure l’eco di don Gnocchi risuona ancora in tutti, alpini e non. È emblematico come quest’uomo, figlio di un artigiano del marmo, modelli la propria vita sulle orme di Cristo facendone un esempio luminoso che rifulge a distanza di anni continuando a (s)colpire le nostre vite. La sua è una carità trasbordante, quella che all’indomani dalla Russia mette in moto qualcosa di nuovo. L’esperienza della guerra con il suo alito di morte e neve lo cambia, ma è lui, in ultimo, a mutare il conflitto stesso, umanizzandolo fino alla creazione del fiore più bello, la Pro Juventute. Un’ancora di Pace nella fluttuante atrocità della guerra. E per una volta possiamo dire che la montagna partorisce un gigante. Un alpino instancabile capace di grande sensibilità e acume in grado di sollevare gli animi, specialmente dei più giovani, gli stessi che oggi tornano nell’occhio del ciclone. Prendiamo allora parte a questa sua eredità con la semplicità di quel sorriso che fa nuova la società!

Incontriamoci

In qualità di iscritto all’Ana consulto con molto piacere e attenzione la nostra rivista periodica L’Alpino apprezzandone e condividendone le motivazioni, lo spirito e le finalità.

All’inferno e ritorno

«L’altra sera, una chiara e fredda sera invernale spazzata dal vento, i miei piccoli, gli orfani dei miei alpini, dormivano tutti naufragati nei grandi letti bianchi della casa austera e serena da poco preparata per loro. Dormivano il loro sonno di seta, popolato di corse spensierate al paesello alpestre, nella grande casa ancora tutta da scoprire. E nell’oscurità frusciante di innocenti pensieri e di sogni ridenti, tornai a vedere gli occhi desti e trafiggenti dei miei morti. Lente e stanche le palpebre del sonno scendevano su di essi. I miei morti, finalmente, riposavano in pace».

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L’Alpino piace

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