Un Paese solidale
«La ricchezza e la qualità del nostro Paese, quella che tutto il mondo ammira, sta anche nella sua diversità, nella sua articolazione, nelle sue molteplici originalità, che vanno quindi tutelate e valorizzate. Vogliamo ricordare il 1987 della Valtellina e delle valli qui vicine anche per trarre, dalle dure lezioni della storia, gli insegnamenti e le spinte per migliorarci e rendere più forte la nostra comunità, quella nazionale e quelle locali.
Onori alla Garibaldi
Sentita e partecipata cerimonia in ricordo dei Caduti della Divisione partigiana Garibaldi a Pljevlja, nel luogo dove essa fu istituita il 2 dicembre 1943. Il sindaco Mirko Đačić e altre autorità italiane e montenegrine hanno deposto una corona alla lapide scoperta nel 1983 dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini e dal Presidente jugoslavo Mika Špiljak.
Scuole alpine
Intendo esprimere il mio parere sulla sfilata degli Auc inquadrati nella Smalp. Non trovo giusto che parte di loro sfilino per conto proprio, mentre dovrebbero, come fa la maggioranza, sfilare con le proprie Sezioni. Avendo partecipato attivamente a 47 Adunate, ne conosco molti e so quanto ci tengono ad incontrarsi, ma sfilare separati, non mi pare giusto.
Riccardo Demuti
Voci dall’Ortigara
L’Ortigara a distanza di cento anni è ancora capace di portarci le voci degli alpini che per sempre custodiranno questo luogo, un messaggio dentro una bottiglia lanciata nel mare del tempo. 10 giugno 1917. Nelle trincee di quota 2.012 della linea italiana, gli alpini osservano con trepidazione il bombardamento italiano che promette di distruggere i reticolati e i nidi di mitragliatrice che proteggono la linea austriaca. Tra loro vi è un muratore padovano, di Vigonza per la precisione. Il suo nome è Antonio Baratto, classe 1891, inquadrato nel battaglione Sette Comuni. Durante il gelido inverno, ha avuto la fortuna di essere scelto come attendente di un tenente di Biella, cugino del comandante della compagnia, un Capitano di Vercelli. Il giovane si fa subito voler bene dai suoi superiori.
Il valore del sacrificio
Vi scrivo una riflessione sul mio bisnonno Battista Pegurri, caduto nella Grande Guerra. Io e il mio bisnonno siamo coetanei, abbiamo solo un secolo di differenza, io sono nato nel 1984, lui nel 1884. Io a trentatré anni ho una vita davanti, lui a trentatré anni moriva per l’Italia nella Grande Guerra, disperso sull’Altopiano di Asiago il 25 maggio 1917.
A Nava tra montagna e mare
Era il 17 settembre 1950 quando venne inaugurato al Colle di Nava il cippo dedicato ai Caduti della Campagna di Russia. Il Capogruppo di Sanremo, Giuseppe Colombo, d’accordo con le Sezioni di Genova, Savona e Imperia lo volle in quel tratto di scarpata che affianca la Statale 28, al confine tra Piemonte e Liguria perché da lì parte la strada che porta al Monte Saccarello, estremo lembo d’Italia dopo il secondo conflitto mondiale quando la Francia e un plebiscito avevano ridisegnato i confini lasciando dall’altra parte mezzo popolo brigasco.
La Croce Nera
I rappresentanti della Croce Nera austriaca partecipano assiduamente, durante tutto l’anno, agli incontri organizzati dall’Ana. Ultima in ordine di tempo è stata la cerimonia al Monte Piana che ha ricordato i Caduti di entrambe le parti e il magg. Angelo Bosi, Medaglia d’Argento al V.M. Alla cerimonia era presente il Presidente della Croce Nera Austriaca Peter Rieser, ritratto nella foto con il vice sindaco di Auronzo Giorgio De Checco e il vicario dell’Ana Giorgio Sonzogni.
A cinquant’anni dall’eccidio
La pioggia battente non ha impedito la commemorazione dei Caduti di Cima Vallona nel 50º dell’eccidio avvenuto proprio domenica 25 giugno 1967 ad opera di terroristi sudtirolesi. Già di primo mattino sul luogo dell’attentato nei pressi della Forcella, quasi 200 persone, assieme ai sindaci di San Nicolò di Comelico Giancarlo Ianese e di Comelico Superiore, Marco Staunovo e al Presidente della Sezione Cadore, Antonio Cason, hanno partecipato al semplice rito presso il sacello, con la deposizione di un mazzo di fiori e un canto dedicato ai Caduti.
Montagna sacra
Ortigara, Golico, Nikolajewka, luoghi della memoria e della leggenda alpina. Non sono comparabili alla Somme, Verdun, Stalingrado eppure nell’immaginario collettivo segnano in modo indelebile il non senso delle sciagure che hanno devastato l’Italia e l’Europa nella prima metà del secolo scorso. Nello stesso tempo da quelle memorie emerge con la forza della sublimazione la grandezza dell’uomo-soldato. Nulla è più intrigante di quella pietraia, appiattita nella suggestiva cerchia degli Altipiani che si estende dal Caldiera a Cima Dodici per finire sul Portule.
Coraggio alpini!
Durante le nostre adunate sia locali che nazionali, sento sempre più spesso parlare dell’ineluttabilità del ridimensionamento, in termini di adesioni, dell’Associazione. La causa di ciò è nota a tutti. La sospensione della leva, la scarsa attenzione nella società attuale a parole come Patria e bandiera, sono sicuramente tra le principali responsabili di questa situazione.
Il potente messaggio della montagna
Sono cresciuto in una piccolissima contrada della Lessinia veronese. Tre famiglie, quattordici bambini, dieci vacche in tutto. Prati e boschi ripidissimi. Belli da correrci per giocare, ma sfinenti quando si doveva portare a spalle l’erba per far mangiare gli animali durante l’inverno. Fu allora che decisi che a me di fare il contadino non sarebbe mai piaciuto. Eppure di quei tempi, che porto dentro con rimpianto e nostalgia, ricordo soprattutto i lunghi filò nelle stalle, mentre la neve ci imprigionava dentro notti senza stelle. Si era insieme, a parlar di nulla, se non a tessere la trama di un racconto, che aveva per tema la reciproca appartenenza e la felicità che si sperimentava nello stare insieme. Ricordo soprattutto le mani di mio padre che intrecciava cesti con i rami sottili presi dal bosco, dando loro forma e armonia. Sembrava che ci mettesse dentro la voce a quei cesti. Che erano piccoli se servivano per portare i dolci per Santa Lucia, più grandi se servivano per il raccolto nei campi.
Semplicemente straordinari
Dieci anni orsono mi sono trasferito dalla mia città natale di Bologna alla sottofrazione La Maina, a Borsoi d’Alpago, un piccolo paese di 180 abitanti in provincia di Belluno. Avvicinato dai miei nuovi amici, sono socio aggregato del locale Gruppo. Gli alpini amministrano l’unico punto di ritrovo del paese, che noi chiamiamo semplicemente “La Sede”, si impegnano nelle “solite” iniziative di volontariato e Protezione Civile e riescono a dar fiato a trombe e quant’altro è neces sario per far marciare la famosa fanfara alpina di Borsoi, nota in tutta la regione e certo al di fuori. Niente male, converrà, per un paese così piccolo.