“Shona ba Shona” – alpini e soldati afgani fianco a fianco.

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Farah, 21 marzo 2013. “Shona ba Shona”, è’ la frase che meglio descrive come gli alpini e i militari delle forze di sicurezza afgane lavorano ogni giorno insieme “spalla a spalla” per migliorare le condizioni di sicurezza di questo paese e favorirne lo sviluppo sia democratico che economico.

Gli alpini della Transition Support Unit South di Farah, su base 9° reggimento alpini dell’Aquila, sono impegnati quotidianamente con i colleghi dell’esercito e della polizia afgani in molte operazioni e attività; affrontando insieme i rischi e le sfide che la crescita dello stato asiatico, devastato da oltre 30 anni di guerra, deve affrontare.

In questo momento l’Afghanistan si trova nel pieno del processo di transizione della sicurezza dalle forze della missione internazionale ISAF a quelle afgane e il ruolo dei nostri militari è passato ad una funzione di supporto, di assistenza e di addestramento delle forze di sicurezza afgane. In tale contesto sono cresciuti in numero e in capacità i nuclei di assistenza per la polizia (Police Advisor Team –PAT) e per l’esercito (Military Advisor Team – MAT) che le Forze Armate italiane affiancano ai comandanti e agli staff afgani per consigliarli, assisterli nella preparazione e nella gestione delle operazioni che ora gli afgani conducono per l’ 80% in modo completamente autonomo.

Un connubio costruito sulla professionalità, ma soprattutto sulla stima e sul rispetto reciproci; sulla capacità di comprendere le difficoltà di uno strumento militare in crescita che a volte non riesce a far fronte a tutte le esigenze.

A volte sono richieste che non riusciamo a soddisfare altre siamo lieti di poter contribuire in modo concreto; sono piccoli progetti, ma significativi e soprattutto sono un segno di attenzione alla qualità della vita del collega afgano che rafforzano il rapporto e la fiducia l’uno nell’altro che un domani potrà essere al tuo fianco sul terreno, in una buca, a fronteggiare chi si oppone al progresso del paese.

Noi crediamo in tutto ciò e per questo siamo stati lieti di poter completare un progetto per la costruzione di sei pozzi per l’acqua nelle vicinanze di alcuni avamposti isolati dell’esercito afgano posti a presidio della principale via comunicazione dell’Afghanistan, il Ring Road, il grande anello che percorre tutto il paese. Avamposti dove i militari afgani rimangono per settimane con pochissimi comfort, impegnati giorno e notte a fronteggiare gli insorti e dove la disponibilità di acqua potabile cambia radicalmente la situazione e il morale degli uomini.

Durante la breve cerimonia di consegna del pozzo a cui ho partecipato, ho potuto percepire chiaramente la soddisfazione e la curiosità degli uomini che operano in quell’avamposto per la presenza di un comandante italiano che era venuto lì, da loro, per consegnare quel pozzo e per visitare il posto dove vivevano e bere un thè seduti su una coperta posta sopra i sassi. Tutto molto semplice, essenziale, ma dal grande significato umano dove gli sguardi sono profondi e il saluto con la mano al petto è segno di rispetto per quello che si fa.

Nell’avvicinarsi del rientro in Patria, dopo oltre sei mesi passati nella provincia di Farah, vicini ogni giorno ai nostri colleghi afgani, vedendo quanto profondo sia il loro impegno e la voglia di cambiare il paese, ma soprattutto quanto alto sia il prezzo che stanno pagando per fare ciò, è maturato in noi un sentimento di sincero rispetto. Un qualcosa che nasce dalla conoscenza delle difficoltà , che va oltre le differenze culturali e di addestramento, che si esalta nel lavorare fianco a fianco – “Shona ba Shona” e si concretizza nell’affrontare le stesse minacce aiutandosi reciprocamente. Quello che ho visto dopo la mia prima missione nel 2005, è un paese sulla giusta strada del cambiamento a cui sono felice di aver potuto dare, insieme ai miei uomini, un contributo, così come lo hanno fatto tutti i militari italiani e internazionali che si sono succeduti negli anni. Poter tornare qui negli anni a venire solo per rivedere le splendide montagne e gli “assurdi” cieli pieni di stelle delle notte afgane, sarebbe un bel regalo.