Vicini ai nostri marò

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    Tra poco sarà Natale. Un tempo, quando l’innocenza accompagnava i primi passi dell’esistenza, eravamo soliti mettere i nostri sogni dentro una letterina da consegnare al Bambin Gesù. Per lo più erano promesse d’essere migliori, spesso accompagnate da qualche timida richiesta, avanzata tra le tante frustrazioni di una vita in salita. Diventati grandi, anche l’innocenza s’è pian piano sfilacciata, ma i sogni hanno continuato a farsi largo popolando di speranze il nostro quotidiano.

    Questo Natale la speranza ci porta a Kochi, nel Kerala. Anche in India si celebra il Natale, come giorno di festa e di pace. Chi ha visitato quell’immenso Paese durante le festività ha provato perfino tenerezza imbattendosi nelle tante luminarie e in quegli abeti di plastica, che pagano il dazio alla cultura occidentale e che la maggioranza degli indiani non vedrà mai in originale, se non per qualche servizio passato su Sky. Personalmente conosco e sento l’India quasi come una seconda Patria.

    Là vivono giovani laureati adottati a distanza quand’erano ancora bambini. Nei mari del Tamil Nadu, potenti barche con i simboli dell’ANA solcano le inquiete acque del golfo del Bengala. Monumenti galleggianti, insieme a case e altre opere sociali, che ricordano gli alpini e la loro solidarietà, dopo il disastroso tsunami del 2001. Conosco l’India e la sua gente. Gente buona, che ha l’eleganza del portamento e del cuore, la dignità dei poveri e l’impareggiabile carisma del sorriso e dell’accoglienza. Conosco la gente del Kerala e ho tra gli amici molti cristiani del luogo dei quali ho subìto il fascino assistendo alle loro stupende liturgie in rito Siro Malabar.

    Del Kerala mi ha sempre colpito la capacità della gente di vivere in armonia la diversità, la laboriosità, il senso del progresso che si coniuga con il riconoscimento dei diritti umani. Ecco perché mi risulta del tutto incomprensibile la detenzione dei due Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, da nove mesi prigionieri in attesa di sentenza. Una sentenza continuamente rinviata, come nel gioco del gatto e il topo o, più semplicemente, in quello del tiro alla fune tra poteri politici, per misurare chi ha muscolatura più robusta. Con l’evidente risultato che due giovani italiani, esecutori scrupolosi di una missione anti pirateria, si trovano a pagare il prezzo di qualcosa più grande di loro e delle loro responsabilità. In ballo non ci sono soltanto le norme internazionali sulla sicurezza dei mari, ma il diritto marittimo, entrato in gioco quando si è permesso alla nave Enrica Lexie di entrare nel porto di Kochi, consegnando di fatto il suo equipaggio alla giustizia indiana.

    Non è mio compito entrare nel merito della vicenda se non per rivolgere un appello al popolo indiano perché il Natale per Girone e Latorre sia segnato dal ritorno alle loro famiglie. E un appello alle nostre forze politiche perché la loro vicenda sia recepita come priorità, senza sconti o dimenticanze. Un appello che facciamo a modo nostro con una copertina natalizia decorata col fiocco giallo, simbolo utilizzato per ricordare i militari in condizione di prigionia. E nel fiocco abbiamo messo il Leone di San Marco, simbolo del Reggimento cui appartengono i due Marò. Un simbolo che rimanda ai quattro leoni di Sarnath, che l’India ha voluto assumere come proprio stemma nazionale. Un segno di fratellanza e di pace, come dovrebbe essere, per tutti gli uomini, lo spirito del Natale.

    B.F.