Una grande festa a Biella per la nuova sede degli alpini

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    La città di Biella, nell’ultimo fine settimana di ottobre, ha vissuto, con l’inaugurazione della nuova sede della sezione ANA, due giornate esaltanti. Il tempo particolarmente favorevole, i colori di una stagione che, come per magia, ingentilivano la maestosa austerità della cornice alpina e l’invasione di tante penne nere hanno dato uno scossone alla compostezza atavica dei Biellesi, trasformando vie e piazze in una kermesse festosa, come succede solo per i grandi eventi. E di un grande evento si trattava.

    Nel pomeriggio di sabato, dopo un raffinato pranzo organizzato dal gruppo di Ponderano, breve cerimonia davanti al monumento ai Caduti che domina i giardini Zumaglini, con deposizione di una corona e silenzio d’ordinanza. Fanfara in testa, breve sfilata per le vie cittadine fino alla sede del Municipio per un incontro con il sindaco, per l’occasione rappresentato dall’assessore Giulio Salivotti, alpino di naja e di sentimenti. Nell’indirizzo di saluto nella sala del consiglio comunale ha saputo cogliere con rara sensibilità il significato della presenza della nostra Associazione nei territori montani e in particolare nel biellese, dove la nostra storia ha attinto a piene mani spirito patriottico e uomini eccezionali che hanno contribuito alla formazione dell’Italia, come Alfonso La Marmora e Quintino Sella.

    Al Teatro Sociale Villani viene riproposta la rappresentazione Il cappello alpino …racconta realizzata dal Centro Studi A.N.A., su testi di Mariolina Cattaneo e Gianluca Marchesi e accompagnamento musicale da parte del coro Genzianella, con un bel repertorio di canzoni alpine. Poi, finalmente nella nuova sede, un enorme edificio già appartenuto alla Telecom, splendida serata di gala per oltre duecento invitati.

    Prima di entrare nella grande sala elegantemente addobbata come nei migliori ristoranti a cinque stelle, non è possibile attraversare l’ingresso senza restare suggestionati dalla gigantesca statua, realizzata in un unico pezzo di legno da due scultori altoatesini, Edelbert e Norman padre e figlio, legati a Biella perché papà Kostner ha fatto la naja (alla Scuola Militare Alpina) con il presidente Gaja, al tempo comandati dal tenente Valentino Stella, presente alle cerimonie (oggi gen. di brigata). Si tratta di un’opera di eccezionale pregio artistico perché dal legno sembra emanare, attraverso la compostezza dell’alpino, raffigurato in posizione di sentinella all’erta, quella pacata sicurezza che caratterizza gli uomini forti e decisi.

    La mattina di domenica 29 ottobre, la giornata non potrebbe essere più bella. Cielo limpido, temperatura ideale, grande afflusso di alpini che, in considerazione dei grandi spazi circostanti, non faticano a trovare aree di parcheggio e quindi puntuali possono entrare nell’ampio cortile della sede, con fanfara, 25 vessilli sezionali, 7 delle sezioni d’Europa, 99 gagliardetti, gonfaloni della città, della Provincia di Biella e di decine di comuni, oltre ai labari delle associazioni d’arma, questore, vice prefetto, presidente della Provincia, assessore del comune di Biella, alpino, ufficiali in servizio, tra questi anche il comandante della Taurinense Fausto Macor, e una marea di alpini. Alle ore dieci, squilli per l’alzabandiera. Ritti sull’attenti si canta l’inno di Mameli e la bandiera sale, lentamente, forse un po’ troppo.

    Quando l’inno tace, al Tricolore mancano ancora trenta centimetri, cioè pochi interminabili secondi, per raggiungere la parte sommitale del pennone. Quanto basta per mandare in fibrillazione il presidente Gaja, già teso come la corda di un violino. Si riscatta subito però, il nostro Edoardo, prendendo la parola e illustrando le ragioni che hanno spinto la sua sezione ad intraprendere un’avventura così impegnativa e onerosa. Si tratta infatti di un manufatto da grande azienda più che sede sezionale. Ampie sale per uffici, riunioni, attività associative, bar, ristorante, cappella, sacrario, spazi adeguati ad ospitare uno dei musei più ricchi e importanti della nostra Associazione, per non parlare di magazzini, ripostigli, nucleo di P.C. e superfici scoperte.

    Ma il momento più toccante del suo intervento arriva quando, smessi i panni del presidente, comincia a parlare da persona sensibile e appassionata com’è. Il ricordo di tante persone care che lo hanno preceduto alla guida della sezione di Biella, del padre colonnello di artiglieria da montagna, dei collaboratori andati avanti e di quelli vicini nei momenti delle decisioni importanti, gli fa salire un nodo in gola e coinvolge tutti nella sua tensione emotiva. Abbiamo sentito l’uomo che pone poche cose della vita al disopra di quel cappello sdrucito che porta da quando aveva vent’anni.

    È stato un momento di commozione che ci ha contagiato, inorgoglito e fatto capire quanto sia difficile far rientrare la passione alpina nelle categorie dei valori sponsorizzati dal mondo d’oggi. Anche il presidente nazionale Perona, che ha preso la parola subito dopo, non ha avuto vita facile. Era in veste di presidente nazionale, nella sua città, nella sua sezione, alla guida della quale è stato per nove anni, tra i suoi alpini, la sua gente e doveva portare il saluto dell’A.N.A., come gli capita in decine e decine di circostanze nell’arco dell’anno, ma questa volta era tutta un’altra cosa. Si trattava di una giornata particolare, unica per lui e per chi l’ascoltava.

    Tra ricordi e commozione ha saputo parlare da alpino biellese e da presidente, con il pensiero fisso a quel patrimonio enorme di memorie e d’insegnamenti che vengono da una storia fatta da uomini semplici e tenaci, protagonisti di epiche battaglie dal Carso, al Pasubio, al Golico, alle steppe russe, fino ai ragazzi del Mozambico, della Bosnia o dell’Afghanistan, dagli alpini sparsi nel mondo, animati tutti da un denominatore comune: il senso del dovere, l’amor di Patria e l’attaccamento alla penna nera. Abbiamo respirato, autorità civili, militari, presidenti di sezione, capigruppo, alpini, amici, familiari il forte senso di appartenenza ad una grande famiglia, che azzera le differenze di dialetto, provenienza geografica, ruolo sociale. Semplicemente alpini, sempre!

    La S. Messa che è seguita, celebrata dal cappellano don Remo Baudrocco, con la liturgia essenziale che ci è cara, su un altare costruito da mani gentili a somiglianza di una roccia ricoperta dal muschio, ha avuto un momento particolarmente significativo quando nell’omelia l’officiante ha fatto riferimento alla nuova sede, un tempo edificio destinato ad una grande azienda di telecomunicazioni, e ha manifestato il suo compiacimento che oggi sia diventata un luogo d’incontro e di lavoro per la comunità. Per comunicare, del resto, all’alpino basta una stretta di mano.

    In un’epoca dominata da grandi trasformazioni tecnologiche, dalla globalizzazione dell’economia, dell’informazione, delle conflittualità, con tutte le problematiche che ne conseguono, si sente forte la necessità di continuare a conservare la dimensione umana nei rapporti interpersonali, il valore della socializzazione, il bisogno di rendersi utili. I nuovi strumenti messi a disposizione dai progressi della scienza sono indispensabili, ma non sono il nostro credo. La stretta di mano conserva ancora il suo significato.

    Semplice la cerimonia d’inaugurazione con la benedizione dei presenti e dell’edificio, cui fungeva da madrina Anna Gaia. Con il sole che regalava un piacevole tepore la folla stentava a riprendere la via del ritorno. Biella aveva regalato a tutti una giornata memorabile. (v.b.)