Un punto d'onore

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    Due o tre voti in Parlamento valgono le concessioni fatte dal Ministero dei Beni Culturali alle pretese di alcuni oltranzisti altoatesini? Evidentemente sì per chi pone al di sopra di tutto la sopravvivenza del proprio potere. Di questa situazione ovviamente ne approfittano personaggi che, da cinquant’anni, con la strategia dei piccoli passi, delle opportunità offerte da una classe politica priva di senso dello Stato, chiedono non tanto e non solo di cancellare novant’anni di storia, ma di porre sul banco degli imputati gli alpini.

    Cerchiamo di analizzare senza ipocrisie la richiesta di spostare a distruggerlo ci hanno già provveduto almeno un paio di volte il Monumento all’Alpino di Brunico. Non è un’esigenza di carattere pubblico, non si tratta di un ecomostro e non è nemmeno un bisogno vitale per la comunità. Nella mente di chi lo chiede è un presunto simbolo imperialista, segnato da crimini di cui si sarebbero resi responsabili durante la guerra d’Etiopia nostri militari ed in particolare reparti della Divisione Pusteria. Si è tentato qualche anno fa di portare davanti a quel monumento degli abissini per dimostrare la fondatezza dei tormenti etici di certe anime pure.

    Nessuno è venuto, ma poco importa. Poiché il vero obiettivo non è solo di cancellare testimonianze di uno sgradito periodo storico ma di togliere dall’Alto Adige i segni dell’italianità, nulla di più semplice che attendere qualche momento critico della vita politica. E Dio solo sa quanti ce ne sono nel nostro Paese!

    Allo sdegno per un inaccettabile baratto, anche se ammorbidito da un’impraticabile condizione di condivisione , si unisce l’amarezza di tutti quelli che nutrono sentimenti di simpatia e di ammirazione per una provincia dove la buona amministrazione si tocca con mano. In molti, lassù, abbiamo fatto il servizio militare e in quelle splendide valli andiamo a villeggiare perché ne apprezziamo l’accoglienza e spesso siamo legati da forti amicizie.

    Gli altoatesini di lingua tedesca o sudtirolesi sono gente seria, laboriosa, fiera delle proprie tradizioni e la loro storia s’intreccia proficuamente con la nostra, inserita com’è in un’ottica europea tendente all’aggregazione, non alla divisione. Ora quel cedimento dei nostri governanti va a rinfocolare sentimenti di contrapposizione e pesa come giudizio storico nei confronti dei nostri soldati, considerati alla stregua di tante SS di quelle valli che nel corso della seconda guerra mondiale non si sono risparmiate in zelo nei campi di concentramento e nelle rappresaglie.

    Il monumento di Brunico, simbolo di una specialità militare rispettata in tutto il mondo, non può che restare dov’è. Qualsiasi concessione al revanscismo di pochi costituisce un’offesa alla memoria dei Caduti e un’abdicazione ad un corretto esercizio dell’autorità dello Stato.

    I simboli non sono negoziabili, come non sono accettabili pretestuosi processi alla nostra storia. L’alpino, come riconosciuto dagli stessi avversari, si è distinto in guerra per la sua umanità e in pace per la sua generosità. Ed è questa l’eredità che vogliamo testimoniare a Brunico.

    Vittorio Brunello

    Pubblicato sul numero di marzo 2011 de L’Alpino.