Un museo per don Gnocchi

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    La sua Topolino furgonata, la motocicletta con la quale aveva stupito il cardinale Schuster, la fedele macchina da scrivere, l’agendina, gli scarponi, le medaglie al valore, spartiti musicali, fotografie, un pezzo dell’altare da campo incredibilmente ritrovato dall’alpino Sovran qualche anno fa ed una quantità importante di oggetti della vita di Don Carlo Gnocchi ordinati in vetrine tematiche costituiscono parte, quella forse più immediatamente apprezzabile, del Museo che è stato allestito nell’ex cappella del Centro Don Gnocchi “S. Maria Nascente” di Milano (via Capecelatro, 66).

     

    Ma vi sono anche schermi che ripropongono documentari sulla vita del Beato e il nuovo archivio digitale che raccoglie migliaia di documenti di don Carlo Gnocchi. Questo nuovo gioiello è stato inaugurato sabato 27 ottobre con una solenne cerimonia alla quale hanno partecipato tanti alpini, tanta gente comune, oltre naturalmente ai rappresentanti di tutte le istituzioni cittadine, al presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali monsignor Piero Marini, al vescovo di Lodi monsignor Giuseppe Merisi ed al Ministro per i Beni Culturali prof. Lorenzo Ornaghi. A far gli onori di casa il successore di don Gnocchi, mons. Angelo Bazzari.

    Al centro, sotto l’altare, l’urna del Beato. Dietro l’altare gli alpini del coro ANA di Limbiate sono posizionati a semicerchio quasi abbracciando il nostro cappellano. Mentre le letture degli scritti del Beato mostravano un aspetto privato, affettuoso e anche ironico del nostro Don Carlo e mentre si susseguivano gli interventi delle autorità, osservando il corpo del nostro Cappellano si veniva colti da un senso di serena pacatezza. Di solito al cospetto delle reliquie di un Santo si prova una sorta di soggezione se non di disagio.

    Con Don Carlo questo non accade. Si ha la sensazione di incontrare un amico, un uomo dalle virtù eroiche certo, ma semplici e immediatamente comprensibili. Un uomo che non giudica ma che, con l’esempio, ti sprona ad essere migliore. Ho ricordato che ci stavamo apprestando a celebrare il 140° anniversario di fondazione delle Truppe Alpine nel peggiore dei modi: un nostro alpino, il caporale Chierotti, era appena caduto in Afghanistan nell’adempimento del proprio dovere.

    Certo don Carlo, come tutti i reduci, non avrebbe immaginato nuovi Caduti dopo il sacrificio degli alpini in Russia. Eppure è così. Don Carlo, però, ci aveva insegnato la via per trasformare questo dolore in energia positiva. Lui, che come ogni altro reduce, appena tornato in Patria si era trovato vittima di un lacerante senso di colpa, lui che aveva peregrinato per le montagne lombarde a portare alle mamme dei Caduti le piastrine che aveva religiosamente custodito e l’ultimo pensiero del loro ragazzo, lui che era sorretto da una fede infinita, lui, comunque, era perennemente ossessionato dall’immagine degli occhi dei suoi alpini intrappolati nel gelo della steppa. Ma una sera, guardando i suoi bambini sprofondati nei grandi letti bianchi della casa che era stata predisposta per loro, don Carlo aveva visto gli occhi dei suoi alpini chiudersi con serenità. Non era andato oltre. Non serviva. Gli alpini avevano perfettamente compreso il messaggio del loro cappellano. Occorreva compiere fino in fondo il proprio dovere.

    Occorreva coltivare quelle virtù che gli alpini si erano trovati costretti ad affinare nei momenti più tragici della storia, ed applicarle in campo pacifico. Occorreva mettersi a disposizione della propria comunità e del prossimo. Certo don Carlo è un Santo e come tale il suo esempio eroico è praticamente irraggiungibile. Ci ha insegnato, però, che non possiamo nasconderci dietro all’alibi di non poter sollevare il mondo dalla sofferenza. Dobbiamo comunque fare la nostra parte, il nostro pezzetto di bene.

    Cesare Lavizzari

    Il museo sarà aperto tutti i giorni, dalle ore 9 alle 18. Per informazioni o visite guidate: 02 40308.226-938, o mail a: museo@dongnocchi.it – Ulteriori informazioni sul sito: www.dongnocchi.it