Un articolo da scrivere insieme

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    Ci siamo incontrati a Costalovara con tutti gli amici che operano nell’editoria alpina, ma non l’abbiamo fatto per diventare giornalisti. Per fare quello bastano le officine dei media, che sfornano “operai” specializzati di altissimo livello. Ci siamo incontrati per crescere come cittadini e per far crescere la coscienza del Paese in un momento difficile.

    C’è chi ha paragonato il periodo in cui viviamo ad un aereo che sta cercando una pista per atterrare e non trovandola sta girando a vuoto per scaricare il carburante. Immagine simbolo, metafora di un vagare senza una meta sicura, o un porto di rifugio cui approdare. Insomma, si cerca di sopravvivere, ma chi ha la soluzione?

    Non sono pessimista per principio. Ogni tempo ha i suoi deserti e le sue spine, ma anche pianure sconfinate e acque limpide in cui trovare sollievo. Ogni epoca ha le sue guerre, e neppure la nostra ne è esente. Guerre diverse, metaforiche, ma pur sempre guerre. L’importante è credere che ancora una volta l’istinto vitale ci porterà fuori dalle sabbie mobili. Un istinto paragonabile a quello che spinge gli uccelli migratori verso destini di sopravvivenza. È vero che non mancano motivi di preoccupazione e allarmi che invitano a guardare cose e fatti con disincantata lucidità.

    Penso alle fatiche educative di tante famiglie, alle prese con le sfide di troppi “educatori” alternativi, che si intrufolano nelle case a scompaginare speranze e progetti. Venditori di nulla, al pari dei Lucignolo della storia di Pinocchio. Penso alle famiglie, spesso vittime di un equivoco pedagogico, quello che confonde educazione col carrello della spesa, perché a un figlio non bisogna far mancare nulla. Cosa gli manchi davvero andrebbe invece cercato in una ritrovata capacità di stare insieme e di comunicare tra generazioni. Cose che non si comprano ad alcun supermercato. Eppure è proprio la comunicazione che s’è fatta difficile e a corto di ossigeno.

    Abbiamo inventato le protesi per comunicare: twitter, facebook, internet, sms, mms… Ma sono protesi, appunto, espedienti per compensare la mancanza degli “arti dell’animo”, quelli che ci consentono di comunicare con gli occhi, con le emozioni e col metalinguaggio del corpo, che sa raccontare senza parlare, consentendo di percepire la bellezza dello stare insieme. Penso ancora al difficile momento politico ed economico. Non passa giorno che la cronaca giudiziaria non ci consegni l’ingordigia di qualche papavero, beccato con le mani nel sacco. Mentre la povertà semina le sue uova nel nido di tante famiglie, qualcuno, credendosi più scaltro degli altri, pensa bene di mettere le mani sugli ori di famiglia.

    Una litania senza fine, come se il virus della cleptomania avesse infestato la mente di troppi, rubando loro la coscienza che far politica è servire. È davanti a questi scenari che gli alpini prendono coscienza della loro vocazione, non per organizzarsi politicamente o esibirsi in lamentose condanne. Del resto non erano tempi migliori quelli che videro la nascita dell’ANA, oltre novant’anni fa. Oggi come allora è chiesto solo di rimboccarsi le maniche. Ciò che ci attende è la presa d’atto che davanti al deserto c’è un preciso dovere di tornare a seminare vita. Qualità di vita.

    È il bene del fare, che comincia nei Gruppi e nelle Sezioni, chiamate a superare eventuali stanchezze, ma anche le piccole divisioni spesso seminate da chi vorrebbe usare gli alpini per altri scopi, sottraendoli alla loro vocazione alla fraternità universale. È il bene del fare che ha di mira il bene comune e tutte le virtù civiche che un tempo si insegnavano sui banchi di scuola e che ora vengono lasciate alla libera interpretazione dei cittadini. Con l’evidente risultato di una cultura dei diritti che ha soffocato quella dei doveri. È questo l’articolo che deve uscire da Costalovara. Scritto a più mani, quelle della vita, fiorita su convinzioni chiare e senza ambiguità. Un articolo scritto nella lingua e con la sensibilità delle tante contrade da cui proveniamo, ma con l’unico obiettivo di contribuire al bene del Paese, quello di un’Italia più gioiosa, cresciuta anche sul tronco degli alpini.

    Bruno Fasani