Sulmona per due giorni capitale degli alpini

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    Mentre mi avvicino a Sulmona in compagnia del vice presidente Rossi e del consigliere nazionale Capannolo che, gentile come sempre, ci è venuto a prendere a Pescara, sento che qualche cosa cerca di farsi spazio tra i miei pensieri ma non riesco a focalizzare di cosa si tratti. Sulmona, splendida città abruzzese, capitale mondiale del confetto, ma anche città natale di Publio Ovidio Nasone, uno dei massimi poeti della romanità.

    Tra le vie di questa bella città, strette e tortuose che d’improvviso si affacciano su spazi ariosi il profumo dei confetti non ti lascia nemmeno per un attimo e ti porta a credere di vivere in un mondo di fiaba dove tutto è di marzapane: la case, le belle chiese e gli storici edifici. Anche questo mi distrae da quella strana sensazione con la quale mi sono presentato in Abruzzo. Poi gli amici, gli alpini abruzzesi, la cui ospitalità è addirittura leggendaria, tutto sembra impedirmi di comprendere. Sulmo mihi patria est’, scriveva Ovidio, vantando con orgoglio le sue origini, e ora ne comprendo il motivo.

    È bella Sulmona, è una bomboniera la bomboniera d’Abruzzo. Ebbene, il 23 e 24 settembre la bella città abruzzese è divenuta la capitale degli alpini del 4º Raggruppamento. Qui si sono dati appuntamento gli alpini siciliani, sardi, pugliesi, lucani, campani, molisani, toscani, marchigiani, laziali e, ovviamente, abruzzesi. Un popolo variegato, accenti così diversi da quelli che tradizionalmente ci si aspetta da un assembramento di penne nere. Ma tutti egualmente alpini con la A maiuscola. Non importa che vivano sul mare o nel profondo sud, non importa che la sezione, o il gruppo, vanti o meno antiche tradizioni: sono tutti alpini, uomini veri.

    E Sulmona per loro si è vestita a festa, esibendo un tricolore a ogni finestra. Intrappolato in questa festa di bandiere, di allegria e di amicizia vera e schietta, accantono la mia sensazione che, però, non riesco a scacciare del tutto. Rimane in me, latente, ma rimane. Nella giornata di sabato si concentrano le cerimonie ufficiali; l’alzabandiera, la Santa Messa e il ricevimento da parte di un’amministrazione comunale che mostra una cordialità e un affetto ben superiori agli ordinari doveri di ospitalità; cordialità e affetto che, peraltro, sono ampiamente ricambiati dagli alpini abruzzesi nel corso della sontuosa cena offerta nella sede del locale gruppo.

    La sera camminare per la via centrale della città è quasi impossibile: ai tantissimi alpini presenti si è unita la popolazione tutta in una festa generale che durerà sino a tarda notte. La sfilata storica, il concerto dei cori, le fanfare che suonano nelle piazze. Tutto dice che l’intera città abruzzese è con i suoi alpini. È una festa semplice, nel più semplice e puro spirito alpino. Si sta insieme, si fraternizza, ci si conosce, si scambiano esperienze e storie, si canta assieme, come si è sempre fatto.

    Certo si sente l’atmosfera dell’attesa. L’indomani ci sarà la grande sfilata, alla quale presenzieranno anche il presidente del Senato Franco Marini, abruzzese e alpino, e il comandante delle truppe alpine, gen. Ivan Felice Resce, in rappresentanza del ministro della Difesa. Sarà una grande manifestazione resa ancor più solenne dalla presenza delle Istituzioni che, con i volti del presidente Marini e del gen. Resce, portano anche i tratti della familiarità alpina. Prima di addormentarmi, pensando alla sfilata dell’indomani, quella sensazione latente torna a farsi presente con forza. Ma, anche a causa della stanchezza, rinuncio a cercare di focalizzarne l’origine.

    Domenica mattina una splendida giornata di sole ci accoglie. Sulmona è ancora più bella. Fatichiamo a raggiungere il luogo dell’ammassamento dove ci fermiamo per salutare i tanti amici che troviamo intenti a prepararsi allo sfilamento. Poi di corsa alle tribune per ricevere il presidente del Senato che, puntualissimo, si presenta, con il suo bravo cappello alpino, accompagnato dal gen. Resce e dal comandante del 9º reggimento Alpini col. Pellegrino. La sfilata si apre con il corteo storico di Sulmona e poi è un continuo susseguirsi di alpini che vengono accolti dall’abbraccio affettuoso della popolazione.

    È una sorta di marcia trionfale per circa 7.000 penne nere del centro sud. Passa la Sezione Sicilia, la Sardegna; passa la Sezione di Bari che ha appena inaugurato un gruppo in una regione (la Basilicata) che mai aveva visto un Gruppo Alpini. Sfila la Campania con i suoi giovani soci. Tutti sorridono e ricevono il saluto militare del vice presidente nazionale Sandro Rossi e del comandante delle Truppe alpine. Anche il presidente Marini saluta tutti con ampi gesti di sincero affetto.

    Si vede che è un alpino: non per il cappello che porta, ma per come lo porta. Sfilano i molisani, i laziali, i toscani. Sfilano le Marche guidate dal presidente Sergio Macciò, reduce del glorioso battaglione Piemonte. Passano infine gli abruzzesi e non finiscono mai. Sono tanti. Sembra proprio che siano venuti quasi tutti. E per loro il presidente Marini si sbraccia, saluta. Riconosce gli alpini del suo Gruppo e, con orgoglio, li indica ai presenti. Dopo circa tre ore di sfilata ininterrotta la manifestazione si conclude e il presidente del Senato lascia la tribuna dopo aver stretto la mano a tutti ed essersi intrattenuto a colloquio con il nostro vice presidente Rossi.

    È il momento dei saluti. Tutti si preparano a far rientro alle loro case. Ci saluta il gen. Resce che, nel frattempo, è stato agganciato da Marco Scaperrotta del Gruppo di Morcone, che gli ha strappato la promessa di iscrizione. Siamo tutti profondamente soddisfatti. Salutandomi, il col. Pellegrino, comandante del 9º Alpini (reggimento che mio nonno comandò durante la tragica campagna di Russia), mi dice che tutti i giorni guarda la foto di mio nonno che è appesa nel suo ufficio e che quello sguardo fiero e paterno gli infonde coraggio e serenità. Naturalmente mi fa piacere e mi commuove.

    La stretta di mano che segue è intensa. Come d’incanto, grazie al ricordo del 9º Alpini in Russia, mi si svela in tutta la sua dolcissima malinconia, la sensazione che per due giorni mi ha accompagnato. Mi torna alla mente un’immagine che ho visto un milione di volte. Campeggia, finemente incorniciata, nello studio di Peppino Prisco. Era la foto del Btg. L’Aquila, o di quello che ne rimaneva, che sfilava a Sulmona proprio al ritorno da quella tragica esperienza. Prisco, appena ventunenne, in testa alla compagnia: la mitica 108.

    Sorridevano gli alpini abruzzesi, ma di un sorriso velato di tristezza che esprimeva sì la gioia del ritorno ma anche la disperazione per i tanti fratelli lasciati in quella neve lontana. Oggi su quella stessa strada gli alpini abruzzesi hanno sfilato di nuovo. Questa volta, però, il loro sorriso non nascondeva altro che la gioia e l’orgoglio dell’essere alpini.

    Cesare Lavizzari