STORIA SEZIONI ALL'ESTERO La sezione A.N.A. Belgio: 70 anni di fedelt

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    A partire dal mese di dicembre L’Alpino racconterà la storia delle Sezioni ANA all’estero, che ricordiamo essere 31. Il ‘viaggio’ inizia dal Belgio…

    LA STORIA DELLA SEZIONE A.N.A. DEL BELGIO

    La storia degli alpini del Belgio comincia nel 1937, quando il tenente Ettore Grande, allora console italiano a Charleroi e successivamente capogruppo di Pescara, ha costituito la Sezione con le penne nere che lavoravano nelle miniere di quella regione. Nel 1938 una nutrita schiera di soci è presente all’adunata di Trento, poi, con 1’avvento della guerra, la sezione si scioglie per ricostituirsi nel 1959 per opera del tenente Antonio Ferrante di Ruffano, Medaglia d’Argento e di Bronzo al Valor Militare, superstite dell’affondamento del Galilea.

    Rimane in carica fino al 1975 quando lo sostituisce il tenente Pier Luigi Morellini fino al 1985. Gli succede l’alpino Eduardo Capuano che rimane alla guida della sezione per il biennio ’86 ’87 per passare il testimone al tenente Antonio Mascarello fino al 1990, anno in cui rientra in patria per motivi di lavoro. La presidenza viene allora assunta dal vice presidente Roberto Del Fiol che la guida con mano sicura fino al 2006, quando deve lasciare per motivi di salute. Attualmente è in carica Mario Agnoli. Come sempre il nerbo di una sezione è costituito dai gruppi.

    In Belgio erano sei, ma quello di Namur è stato sciolto poco tempo fa trasferendo i suoi 5 soci a Hainaut. Vediamoli in ordine di nascita. 1961, gruppi di Limburgo, Liegi, Hainaut, Borinage sotto la presidenza di Ferrante di Ruffano. Nel gruppo di Limburgo Luigi Marchesini è rimasto in carica per 23 anni. Un veronese doc cui subentrò Giacomo Olivieri, abruzzese, coadiuvato da Roman, Bufo, Schincariol, Romanelli.

    Un bel gruppo che ha sempre operato secondo le migliori tradizioni alpine. Ad Hainaut, dopo che Antonio Pittol per un lungo periodo ha condotto il gruppo con autorevolezza, c’e stato un periodo di crisi superato con l’elezione di Roberto Del Fiol che ha portato il numero di soci da 31 a 73, coadiuvato da Mario Agnoli, Meneghet, Sonna, Valle, Foglia, Bonato, Primis, Cassol e lo stesso Pittol.

    A Liegi dal 1962 si sono succeduti Angelo Rosa, Egidio Chinch, Giovanni Dal Canton, Silvio Tiso, Mario Sonetti coadiuvati in modo valido e per tanti anni da Specie, Fabbro, Piccoli, Raccaro, Dal Pont e Romano Capissi. Nel 1964 è sorto il gruppo di Borinage sotto la guida di Angelo Lessi cui è subentrato Ettore Onagro con 1’ottimo segretario Germano Da Ren, senza dimenticare Massera, Candeago, Martinbianco e Marchetti.

    Altri due gruppi sorsero durante la presidenza Morellini, a Bruxelles nel 1975 e a Namur l’anno successivo. Figura carismatica del primo fu Gigi Gori, gestore di un ristorante nella capitale, dove per anni si è riunito il CDS e dove sono state organizzare delle splendide serate alpine. È seguito per un biennio Eduardo Capuano e poi per 10 anni Giovanni Visentin. Oggi a reggere le sorti del gruppo c’è Antonio Rinotto che ricopre anche la carica di tesoriere sezionale.

    Il gruppo di Namur nato nel 1976 per iniziativa di Guido Ferrari con l’aiuto di Miotto, Sitta, Marcuzzi ed altri, dopo 26 anni di attività è stato assorbito da Hainaut per mancanza di soci. Purtroppo il tempo assottiglia le schiere e anche la sezione che contava 350 soci ora è sensibilmente ridotta di numero perchè alcuni sono andati avanti, altri sono rimpatriati, altri ancora non godono di buona salute e sono in casa di riposo con l’ossigeno o sotto dialisi.

    Nonostante questo, si continua a lavorare con lo stesso spirito alpino di sempre. L’attività della sezione è soprattutto di carattere sociale. Si mantengono stretti i legami con la collettività italiana organizzando feste, partecipando a tutte le ricorrenze nazionali, offrendo pacchi dono a qualcuno in difficoltà economiche, preparando la befana a figli e nipoti di alpini. Ultima, molto sentita iniziativa, la distribuzione delle borse di studio Bertagnolli a studenti meritevoli.

    Ai tempi della presidenza Morellini sono stati organizzati soggiorni estivi in Italia per soci con problemi di salute. La sezione, inoltre, non ha mai mancato di dare il suo contributo in occasione di calamità naturali come il terremoto del Friuli, la frana in Valtellina, i terremoti in Armenia e in Molise, l’alluvione in Piemonte. Sono stati raccolti fondi per ricostruire il tetto della missione cattolica di Marchienne au Pont e c’e stata una significativa presenza di nostri alpini nella costruzione dell’asilo a Rossoch.

    La vigilia di Natale si servono sempre dei pasti caldi ai senzatetto con 1’attiva partecipazione di tanti connazionali e di Nello Celant, membro dell’Amministrazione comunale e amico fedele degli alpini. Alcuni gruppi hanno effettuato dei gemellaggi in Italia: Hainaut con Aime (BG) e Lavagno (VR), Limburgo con Pedrengo (BG), Bruxelles con Tisoi (BL) e la sezione ha stretto un legame di solidarietà con Manoppello, Abruzzi.

    L’attività è abbastanza intensa con feste aperte ai connazionali, presenza alle cerimonie patriottiche e all’adunata nazionale. A Bruxelles c’e il Museo Reale dell’Esercito e della storia militare del Belgio, situato nel complesso del Parco di Trionfo e inaugurato in occasione del cinquantenario dell’indipendenza. Nelle sale si possono ammirare documenti, simboli e cimeli delle varie guerre combattute dal popolo belga. Dal 1990 è stato affidato al conservatore il primo vessillo sezionale A.N.A. che è esposto con altre testimonianze italiane.

    A conclusione vorrei ricordare la catastrofe di Marcinelle, con i suoi 53 Caduti alpini, cui l’A.N.A. ha dedicato nel 50º anniversario una targa commemorativa, in forma solenne, il 9 ottobre 2005, presenti il presidente Corrado Perona, il Labaro, tante penne nere provenienti dall’Italia e dall’Europa, la municipalità con il sindaco di Charleroi Jacques Van Gompel, autorità consolari, militari, la banda dei vigili urbani e quella di Borsoi D’Alpago (BL). Una grande manifestazione d’Italianità in onore dei nostri connazionali che in Belgio hanno trovato accoglienza e lavoro, ma di cui non pochi hanno dovuto affrontare sacrifici e lutti di un’altra guerra, quella del carbone.

    Roberto Del Fiol


    Il Belgio è un paese che nel XX secolo ha subito pesantemente i contrasti tra Francia e Germania e per due volte è stato invaso dall’ esercito tedesco, pagando un conto salato per conflitti estranei ai suoi interessi. Storia e cultura passano attraverso uno spartiacque tra il mondo latino e quello nordico, per cui soffre di una situazione d’instabilità politica che male si concilia con la presenza nella sua capitale, Bruxelles, dei massimi organismi dell’Europa Unita.

    Nonostante questo resta uno dei paesi in cui convivono in modo esemplare percentuali altissime d’immigrati, provenienti da oltre quaranta nazionalità. Tra questi ovviamente nostri connazionali. Nella storia dell’ emigrazione, che ha disseminato nel mondo più di settanta milioni di italiani e loro discendenti, il Belgio è sinonimo di miniera e solo chi ha visto le montagne di residui di carbone su quelle piane immerse nelle brume mattutine si è reso conto di quanta umanità ha speso la sua vita nelle viscere della terra, anche a mille metri di profondità, non vedendo il sole per mesi, per guadagnarsi il pane e per far mandare in Italia 200 chili di carbone per ogni giornata lavorativa, secondo lo scandaloso accordo bilaterale Italia Belgio del 23 giugno 1946.

    Poi la mattina dell’8 agosto 1956 suona la sirena al Bois du Cazier, Marcinelle, ed è la catastrofe. Pochi minatori riescono ad uscire vivi dal gigantesco rogo, 262 restan
    o intrappolati e subiscono una fine straziante. Tra questi 136 sono italiani, di cui 60 abruzzesi quasi tutti di Manoppello, 22 siciliani, 12 pugliesi, i restanti provengono da altre regioni. Cinquantatrè sono alpini, reduci da tutti i fronti, Russia compresa.

    Età dei Caduti: dai 14 ai 59 anni. Ora le ‘mine’ sono chiuse, l’economia del paese si è trasformata, rovesciando le aree della ricchezza verso il nord del paese, nelle Fiandre, mentre in Vallonia francofona, un tempo una specie d’Eldorado, stagna una disoccupazione di quasi il 22 . Parecchi anziani sopravvivono con la bombola d’ossigeno e tanta nostalgia per il loro paese d’origine. Specialmente se è quello du sole perchè lì invece le nebbie sono spesso di casa, anzi quasi tutte le mattine. (v.b.)