Se il cappello non basta

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    Lo scorso agosto mi sono recato a L’Aquila dove in occasione della sfilata per la perdonanza Celestina ho visto sfilare (tra gli applausi) alcuni alpini. Si trattava di una sparuta rappresentanza dei gruppi di Campotosto e di Preturo. Tutti giovanotti a prima vista sopra i 70. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che siamo una specie in via di estinzione: io sono sui 40 anni, fra 30 anni chi porterà avanti i nostri ideali?Forse è il caso di invitare i giovani a venire da noi e per coloro che dimostrino una indubbia alpinità, fregiarli con un cappello alpino, non come il nostro, ma con fregio dell’ANA, nappina di un colore diverso da quella dei reparti alpini, e penna.

    Gianpiero Macchi

    È chiaro a tutti che non è possibile invertire l’orologio del tempo, ma prima di ammainare una bandiera è bene valutare con serenità la situazione. Pochi vecchi alpini sono riusciti a scaldare il pubblico della sfilata per la perdonanza: perché?E’ la magia di un consunto cappello, simbolo inequivocabile di una categoria particolare di uomini. I padri hanno scritto pagine leggendarie sulle Alpi e in tante parti d’Europa e gli eredi continuano su altri fronti l’impegno del servizio al Paese. Sarà una specie in estinzione, ma è una specie unica, difficilmente ripetibile, che entusiasma il pubblico, trasmette un messaggio positivo ed incamera il rispetto di una società che rispetta solo i soldi. Deve continuare, d’accordo, purché restino inalterati i connotati e il prestigio lasciatici con tanti sacrifici dai veci. Canalizzare nuove energie sul solco dell’alpinità non è un’idea nuova e non escludo che possa essere la strada da percorrere, ma un cappello più o meno elegantemente taroccato non è sufficiente a garantire la continuità dell’ANA. E probabilmente non lo vuole nessuno.

    Pubblicato sul numero di novembre 2008 de L’Alpino.