Sappiamo di poter contare sull’ANA ogni volta che andiamo in missione

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    Il generale Federico Bonato ha comandato la Taurinense per due anni esatti, un periodo in cui si sono succedute operazioni ed attività di particolare rilevanza, a cominciare dalla missione in Afghanistan, che ha visto la brigata assumere per otto mesi la responsabilità della regione di Kabul.

    Viene spontaneo chiedergli al termine del suo comando, lasciato per assumere l’incarico di sottocapo di Stato Maggiore operativo al Comando delle Forze Terrestri, a Verona un bilancio della sua esperienza alla guida dei quattromila uomini e donne della brigata e della lunga missione in Afghanistan.

    Generale, quale Taurinense lascia al suo successore? Lascio al collega ed amico Claudio Berto una brigata di professionisti con un cospicuo capitale di esperienza in più: la missione in Afghanistan, nella quale sono stati impegnati il 2º Alpini di Cuneo ed il 9º dell’Aquila, l’esperienza del concorso fornito da tutti i reggimenti alle forze dell’ordine in Piemonte ed in Abruzzo nell’ambito delle operazioni Strade Sicure e Gran Sasso e, non ultimo, il soccorso prestato alla popolazione civile colpita da calamità naturali, in Abruzzo dopo la tragedia del sisma dello scorso aprile, e gli interventi compiuti nell’inverno scorso in Piemonte dopo le eccezionali nevicate.

    Gli Alpini sono sempre stati una presenza costante in Afghanistan, come lo spiega? Innanzitutto con la natura del terreno, che è aspro, montuoso e compartimentato. Nel paese asiatico le vette superano facilmente i 7.000 metri e gli inverni sono rigidi: temperature di venti gradi sotto lo zero sono la norma anche nella regione di Kabul, che si trova su un altopiano a quota 1.500. Le Truppe Alpine sono equipaggiate per i climi artici e soprattutto sono addestrate a muovere ed operare in condizioni climatiche particolarmente severe. Vivere la montagna fornisce una marcia in più, anche dal punto di vista dell’autonomia logistica.

    L’Afghanistan è stato senz’altro il momento centrale della sua esperienza al comando della Taurinense: che ricordo porta degli otto mesi trascorsi in quel Paese? Un ricordo articolato e complesso di una missione articolata e complessa, in cui si intrecciano sicurezza e sviluppo. Nella regione di Kabul gli alpini, insieme ai militari di altre 12 nazioni, hanno contribuito alla formazione delle forze di sicurezza afgane con le quali hanno pattugliato il vasto territorio della capitale ma hanno anche sostenuto le autorità e le comunità locali mediante la realizzazione di numerosi progetti per migliorare il tenore di vita della regione

    Qualche ricordo o impressione particolare ? Ricordo senz’altro la bravura dei nostri giovani ufficiali e marescialli che hanno guidato le loro compagnie ed i loro plotoni, formati da alpini di grande professionalità e generosità, interagendo quotidianamente con la popolazione locale, conquistandone la fiducia e contribuendo così ad innalzare il livello di sicurezza di un ambiente non di rado difficile e rischioso. E ricordo la riconoscenza sincera di comunità che vivono ai margini dello sviluppo, a cui gli alpini hanno donato scuole, ambulatori, pozzi ma anche semplici sacchi di sementi o di farina.

    I progetti di ricostruzione pesano anche in termini di sicurezza: come vengono scelti e poi realizzati in loco? I progetti vengono elaborati da un nucleo di specialisti in cooperazione civilemilitare, quella che in gergo militare viene denominata CIMIC, ma vengono selezionati sulla base delle esigenze espresse dalle comunità locali che ne beneficeranno nelle zone in cui operano i nostri militari. Il coinvolgimento degli afgani è sistematico: prima nelle fasi di individuazione e di realizzazione che avviene con fondi del ministero della Difesa e con donazioni pubbliche e private per finire con la gestione delle strutture, che viene affidata alle autorità competenti.

    Un esempio La costruzione di una scuola elementare: innanzitutto si valutano le priorità dei locali nella nostra zona di operazione, poi si consulta il ministero dell’Istruzione di Kabul per evitare duplicazioni o sprechi, e per assicurarsi che vengano assegnati anche i docenti dal ministero, ed infine si appaltano i lavori ad imprese del posto. Il tutto in tempi brevi, perché viene completata in pochi mesi.

    In tema di aiuti alla popolazione e supporto all’opera dei nostri alpini quale peso hanno le iniziative dell’ANA, attraverso le sezioni e i gruppi? Un peso più che significativo e prezioso. Ogni partenza per l’Afghanistan viene ormai preceduta da numerose iniziative di solidarietà nei confronti della popolazione locale: si tratta di raccolte di fondi, di donazioni di materiale per le scuole o per l’agricoltura o, ancora, di capi di vestiario. In queste occasioni i nostri reggimenti lavorano a strettissimo contatto con le sezioni ed i gruppi dell’Associazione Nazionale Alpini per coinvolgere le istituzioni e la società civile delle città che ospitano i nostri reparti, in uno sforzo che è in grado di portare sollievo, speranza e quindi sicurezza alla gente afghana che vive in distretti disagiati in cui l’acqua potabile è un lusso e le scuole distano decine di chilometri dai villaggio. Bolzano, Torino, Cuneo, L’Aquila, Pinerolo, Belluno e diverse altre città alpine hanno risposto con slancio alle iniziative ed hanno consentito ai nostri alpini in missione di realizzare decine di progetti, tra cui la costruzione ex novo di scuole, ambulatori e pozzi, per importi di diverse centinaia di migliaia di euro. E’ un legame forte, quello tra Truppe Alpine, A.N.A. e territorio, e sappiamo, con riconoscenza, di poterci contare ogni volta che ci accingiamo a partire.

    Come ci si prepara alla partenza per una missione all’estero? Rispondo telegraficamente: addestrandosi, soprattutto alla montagna. Nei due anni che ho trascorso a capo della Taurinense una parte considerevole del tempo è stata dedicata all’addestramento sciistico, alpinistico ed al combattimento. Non solo: oltre agli aspetti prettamente militari si presta molta cura alla formazione in altri campi importanti, come il pronto soccorso in collaborazione con la Croce Rossa Italiana la gestione dello stress, il diritto umanitario e i rapporti con i media.

    Un argomento che suscita sempre interesse nel pubblico: la presenza femminile negli Alpini… La percentuale di donne nella brigata Taurinense è in linea con quella nazionale, che si aggira all’8 della forza. Una presenza in crescita e non solo numericamente: oggi abbiamo giovani comandanti di compagnia e di plotone e ragazze che ricoprono tutti gli incarichi: fuciliere, pilota di mezzo blindato, operatrice di macchine del genio ed anche musicante (in Fanfara sono cinque). Non ci sono ancora generali donna, ma è solo una questione anagrafica: basterà aspettare.


    Il gen. B. Federico Bonato

    Il generale di Brigata Federico Bonato è nato il 29 giugno 1958 a Montagnana (Padova), è sposato con la signora Nicoletta e ha tre figli. Dopo aver frequentato il 159º corso dell’Accademia Militare di Modena e la Scuola di Applicazione in Torino, ha svolto il suo primo incarico come tenente presso il Battaglione alpini Susa in Pinerolo e con il grado di capitano nel btg. alpini ‘Bassano’ a San Candido (1985 1988) e presso la 34ª compagnia di Oulx (1988 1991). Ha poi frequentato in periodi diversi i corsi di Stato Maggiore ed è stato capo sezione personale al 4º Corpo d’armata alpino, quindi comandante del battaglione AUC ad Aosta per poi tornare al comando di Bolz
    ano come capo ufficio Operazioni. Nel ’99 è stato in Kosovo, nell’ambito del Comando KFOR, a Pristina. Dal giugno 2002 all’ottobre 2004 ha comandato il 3º Alpini. Durante questo periodo è stato con il reggimento in Afghanistan. Ha poi ricoperto l’incarico di sottocapo e quindi di capo di Stato Maggiore del Comando Truppe alpine fino a quando, nel luglio 2007, ha assunto il comando della brigata Taurinense. Sarà quindi ancora a Kabul, dove assumerà la responsabilità del Regional Command Capital, il comando multinazionale per la regione di Kabul che opera in Afghanistan su mandato delle Nazioni Unite.

    Pubblicato sul numero di settembre 2009 de L’Alpino.