Ritorno alle Svalbard, sulle orme del dirigibile Italia

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    Lo scorso agosto, a 82 anni dalla scoperta da parte del capitano Gennaro Sora, gli scarponi di un gruppo di penne nere sono tornati per la prima volta a calpestare il suolo arido e gelato dell’Isola degli Alpini, oltre l’80º parallelo nord. Tutto era perfetto per lo sbarco ad Alpiniøya.

    La giornata era una di quelle che fanno sembrare l’Artico un paradiso terrestre: il mare piatto come una tavola e la banchisa, ora azzurra, ora bianca, rifletteva i raggi del sole. Alcuni orsi polari si dividevano i resti di una foca, mentre un gruppo di gabbiani attendeva pazientemente la loro parte e una colonia di trichechi giocava con il nostro gommone. L’emozione è stata grande: i primi passi sulla desolata isola li abbiamo fatti quasi trattenendo il fiato, stringendo nervosamente il fucile al quale era fissato un tricolore italiano. Poi la lettura delle pagine del diario del capitano Sora, un grande hurrà e una cerimonia semplice e sobria, proprio come conviene a noi alpini.

    Il pensiero è immediatamente tornato al 1928, a quel magnifico gruppo di 9 alpini che si adoperò nelle operazioni di soccorso ai superstiti del dirigibile Italia comandato dal generale Nobile, che era precipitato sul pack, al largo della costa settentrionale delle Svalbard. Proprio come allora la nostra spedizione è iniziata a Ny Ålesund, dove fu approntato il campo base e dove ancora oggi è visibile il pilone di ancoraggio per il dirigibile. Nelle vicinanze sorge il monumento ai Caduti dell’Artico, alla cui base, dopo aver letto la Preghiera dell’Alpino, abbiamo apposto una targa commemorativa dell’ANA.

    Il viaggio di avvicinamento all’Isola degli Alpini, durante il quale abbiamo fedelmente seguito l’evolversi delle operazioni di soccorso d’inizio del secolo scorso, era iniziato dalla Baia del Re, dirigendoci prima verso nord, per poi raggiungere l’80º parallelo, verso est. Lo sbarco a Mosselbukta, luogo da dove gli alpini nel 1928 partirono per l’esplorazione della Ny Friesland, scalando anche un monte che dedicarono al battaglione del Capitano Sora chiamandolo Cima Edolo, è stato annullato a causa della fitta nebbia: l’orso polare è un pericolo costante e una buona visibilità è essenziale per operare in sicurezza.

    A queste latitudini sono il meteo, i ghiacci e gli orsi a dire l’ultima parola sulle possibili attività. Sperimentare queste condizioni estreme di persona ha accresciuto la nostra già alta considerazione per quel manipolo di coraggiosi alpini. Abbiamo avuto più fortuna un paio di giorni più tardi quando, in una tiepida giornata, siamo sbarcati presso Sorgfjorden, baia anch’essa visitata dalle penne nere nel 1928. A bordo della piccola nave rompighiaccio ci siamo quindi diretti verso est, ma ancora nebbia fitta.

    Quando sembrava che le possibilità di raggiungere Alpiniøya fossero ormai svanite ecco che, come per magia, la piccola isola pianeggiante tanto agognata, appare proprio di fronte a noi, illuminata da un sole accecante. Cappello alpino in testa e tanta gioia nel cuore, la nostra piccola spedizione ha riportato per la prima volta le penne nere sulla loro isola.

    Piero Bosco

    A luglio 2011 è in programma la seconda spedizione alle isole Svalbard allo scopo di dare ad altri alpini la possibilità di vivere le stesse emozioni. Per informazioni contattare l’artigliere da montagna Piero Bosco, tel. 338/9569958, e mail: info@viaggipolari.it internet: www.viaggipolari.it.

    Pubblicato sul numero di dicembre 2010 de L’Alpino.