Redipuglia: l’omaggio ai Caduti al Sacrario simbolo

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    La ricorrenza del 4 Novembre, giornata delle Forze Armate e festa dell’Unità d’Italia, è stata celebrata come da tradizione al Sacrario di Redipuglia. Non è stata la sola cerimonia: a Roma il capo dello Stato, che era accompagnato dal presidente del Senato e della Camera e dalle massime cariche militari, ha deposto una corona all’Altare della Patria; ma anche in tutt’Italia la ricorrenza è stata commemorata. In particolare a Bolzano, sede del Comando Truppe alpine, città che ospiterà l’Adunata nel 2012, c’è stata una solenne celebrazione in piazza Walther con l’intervento del generale Primicerj, comandante delle Truppe Alpine e del presidente della Provincia autonoma Luis Durnwalder.

    A Redipuglia l’ANA era presente con il Labaro scortato dal vicepresidente nazionale vicario Marco Valditara e dai consiglieri Munarini, Geronazzo e Miotto nonché numerosi vessilli e gagliardetti. Dopo l’afflusso dei medaglieri delle associazioni d’Arma e dei Gonfaloni, si è schierata una brigata di formazione, composta da otto compagnie con Bandiere di Guerra di reggimenti delle diverse forze armate. Per la prima volta erano assenti gli alpini in servizio, dato che tutti i reggimenti della Julia sono impegnati nella missione in Afghanistan e quelli della Taurinense si trovavano a Biella per la cerimonia del rientro.

    Portata da otto tedofori della sezione di Gorizia, ha fatto il suo ingresso la Fiaccola alpina della fraternità, giunta da un pellegrinaggio iniziato all’ossario di Timau per raggiungere tutti i sacrari e i cimiteri di guerra della regione. Con la fiaccola sono stati accesi i due grandi tripodi ai lati della imponente scalinata, dando così inizio al rito della memoria e della gratitudine nei confronti di chi ha dato la vita per la Patria. Presenti il presidente della Camera Gianfranco Fini in rappresentanza del Capo dello Stato, ed il ministro Ronchi per il Governo, sono stati accolti i resti di dieci dei 128 nostri militari riportati in Patria dalla Russia e dalla Germania.

    Alla deposizione di una corona è seguita l’allocuzione ufficiale del ministro Ronchi, che ha fra l’altro ribadito il ruolo fondamentale sostenuto dalle associazioni d’Arma nel rapporto fra società civile e forze armate. Anche in forza di queste parole alle delegazioni delle diverse associazioni è parso incomprensibile il mutato programma della cerimonia che, per la prima volta, ha previsto afflusso e deflusso dei medaglieri senza che i reparti schierati rendessero i doverosi onori o, quantomeno, un saluto sull’attenti. Alcune lettere di disappunto sono state inviate, a questo proposito, al competente Comando Militare Esercito del Friuli Venezia Giulia.

    A margine della cerimonia di Redipuglia, un piccolo ma sentito momento di raccoglimento si è tenuto nel vicino cimitero di guerra austroungarico, a cura della sezione di Gorizia e della delegazione isontina dell’Associazione Amici dell’Isonzo, che da tempo collaborano con l’associazione militare ungherese Honved. Il Labaro ha presenziato, insieme ai vessilli di Gorizia e di Conegliano e ad alcuni gagliardetti, alla deposizione di una corona da parte di una delegazione militare ungherese guidata dal generale a tre stelle Josef Kovacs, responsabile del Comando operativo interforze magiaro.

    Nel corso del breve rito, il generale Kovacs ed il vicepresidente Valditara hanno ricordato l’attuale situazione di collaborazione fra gli eserciti italiano ed ungherese, un tempo contrapposti ed oggi alleati e cooperanti nella brigata multinazionale formata dalla Julia che ne ha il comando da un reggimento ungherese e uno svedese. Proprio ai soldati della Julia è andato il commosso pensiero di tutti i presenti alla cerimonia, modesta per entità ma decisamente coinvolgente sul piano delle emozioni e dei sentimenti, quasi in contrapposizione alla precedente cerimonia al Sacrario, ove la grandezza della scenografia ed un discutibile cerimoniale avevano rischiato di porre in secondo piano i veri valori protagonisti dei riti della memoria.

    Pubblicato sul numero di dicembre 2010 de L’Alpino.