Quella guerra crudele nei Balcani

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    Chi ha scritto su un periodico di Gruppo l’articolo dal titolo I carnefici dei Balcani non ha mai visto fotografie di alpini (e non soltanto alpini) evirati, seviziati, infoibati. A questi eccessi gli alpini non sono mai arrivati. Certo, ci sono stati crimini da ambo le parti, ma alla maggioranza degli italiani (se mi è concesso, alpini in particolare) che combatterono in Jugoslavia, va il rispetto che meritano. Escludo che da parte nostra siano mai stati massacrati degli inermi, o compiuti atti di abbietta ferocia. Guai invece a chi aveva la sventura di cadere loro prigionieri! Ricordo quando abbiamo lasciato il presidio di Plievlja per lasciarlo ai tedeschi.

    La popolazione era disperata, molti piangevano. Se fossimo stati dei carnefici come sta scritto nell’articolo, non saremmo stati accolti nelle formazioni partigiane di Tito dopo la nostra capitolazione, per combattere i tedeschi. Io ero uno di loro. Eravamo qualche migliaia. Si sono formate anche delle divisioni italiane come la Garibaldi per citarne una, composta dalle divisioni Taurinense e Venezia. Se, per ipotesi, fossero capitolati i tedeschi, difficilmente se ne sarebbe salvato qualcuno. C’era un abisso tra il nostro comportamento e il loro.

    Nell’articolo noto che vengono citati i battaglioni Ivrea e Aosta che durante un rastrellamento in undici villaggi in Montenegro, fucilarono venti contadini. Ho appartenuto a entrambi i battaglioni (prima all’Ivrea, poi all’Aosta) ma un fatto del genere non lo ricordo assolutamente, non ne ho mai avuto sentore. Sicuramente ci sono state delle esecuzioni anche da parte nostra, dopo la scoperta di nostri commilitoni caduti nelle loro mani e orrendamente seviziati (evirati, occhi strappati, lingua tagliata). Queste visioni non ti inducono certamente al troppo buonismo. Abbiamo anche bruciato baite ritenute rifugi di partigiani. Purtroppo le guerre portano sempre ad eccessi da entrambe le parti. Quanto ai generali, non esito ad essere solidale su quanto è stato scritto.

    È vero anche che gli invasori eravamo noi e loro avevano il diritto dovere di combatterci. Diciamo pure che è stata una guerra piuttosto sporca come lo sono un po’ tutte, ma prendere delle posizioni a senso unico senza voler riconoscere quello che ci fu anche dall’altra parte, mi pare estremamente scorretto.

    Chi scrisse l’articolo è a conoscenza della divisione comunista italiana Natisone che entrò a Trieste con il famoso 9º Corpus di Tito (quello delle foibe) prendendo parte, a guerra appena finita, alle sanguinose operazioni in Istria e a Trieste? Sa che sono stati i persecutori dei partigiani italiani della divisione Osoppo che agiva sui confini, braccati e uccisi perchè si definivano ‘patrioti’ e non comunisti?

    Penso valga la pena di citare ciò che scrisse la casa editrice ‘Alpina’ sul libro ‘Storia del Quarto’: ‘Nel periodo dall’agosto 1942 al settembre 1943, l’opera pacifica del 4º Alpini fu altamente meritoria per quanto fu realizzato nella zona del Sangiaccato, sia per i sussidi di viveri alla popolazione, sia per la volontà decisa di attenuare gli effetti delle esasperate lotte di razza (massacri dei musulmani ai danni di ortodossi e viceversa) sia per i soccorsi ai posti dove più grave era scoppiata 1’epidemia di tifo esantematico.

    E le autorità di Sarajevo, nel marzo del 1943, vollero dimostrare ufficialmente la loro riconoscenza, inviando una delegazione della Croce Rossa a Ciajnice per consegnare al col. Fiorio, allora comandante del 4º Alpini, un dono simbolico ed un attestato di benemerenza. Rivedere un po’ la storia con più obiettività non guasterebbe.

    Giovanni Cravello

    Pubblicato sul numero di gennaio 2009 de L’Alpino.