Quell'ultimo baluardo del confine

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    Il 5 e 6 settembre si è svolto l’annuale pellegrinaggio sezionale sul Pasubio. Quest’anno il gruppo di Malo si è occupato dell’organizzazione logistica, mentre il supporto per le emergenze è stato affidato alla squadra sanitaria della Protezione civile ANA della sezione di Vicenza. Perso da tempo il carattere locale, la salita al Pasubio è oggi nel contempo un viaggio nel passato e un abbraccio delle centinaia di alpini provenienti da diverse parti del Paese, come testimonia la presenza di numerosi vessilli e gagliardetti.

    Questa celebrazione è stata anche l’occasione per una visita delle trincee, pulite e sistemate grazie ai gruppi alpini che si sono avvicendati nel lavoro di recupero. Significative presenze, insieme alle autorità locali, sono state quelle del ten. col. Dalbagno, comandante del btg. Feltre, e del capitano Zappatore del 2º Reggimento artiglieria Vicenza . È sempre difficile scrivere su un evento che si ripete, di anno in anno. Eppure, pur essendo entrato nella tradizione delle attività sezionali, ogni volta il Pasubio richiama alla mente nuove immagini e, a saperlo ascoltare, è il Pasubio stesso che lascia trapelare le voci della propria storia.

    Una storia che è anche la nostra. Quest’anno il pellegrinaggio ha rispettato quello che potremmo definire il primo significato del termine: un omaggio a quei soldati che 91 anni fa sono morti in quota. Soldati che, comandati dal generale degli alpini Vittorio Emanuele Rossi, hanno difeso quello che gli storici hanno battezzato l’ultimo baluardo in difesa dei confini nazionali . Giuseppe Galvanin, presidente sezionale, e Silvano Spiller, consigliere nazionale (ora vice presidente nazionale, n.d.r.), hanno ricordato, con un linguaggio asciutto ed incisivo, cosa è stato e cosa rappresenta il Pasubio.

    Le loro parole, i loro richiami ai valori di sacrificio e alla Patria, risuonano ancora nelle orecchie di chi c’era. E non si sa bene se essere più orgogliosi di appartenere all’ANA o più arrabbiati sentendo che a 150 anni dall’unità d’Italia c’è ancora chi mette in dubbio il significato del Tricolore.

    Federico Murzio

    Pubblicato sul numero di ottobre 2009 de L’Alpino.