Quel singolare concetto di Nazione

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    L’opera d’arte doveva essere il pezzo forte della mostra allestita al Museion, il museo d’arte moderna, a Bolzano. Esposta con tanto di didascalia per non lasciare dubbi: Una commistione di suoni provenienti da diversi scarichi del bagno esegue l’inno nazionale italiano: un elemento quotidiano, casalingo e fortemente triviale si sostituisce all’ufficialità e alla sacralità che abitualmente si accompagna a questo rito . Firmato: Goldiechiari, al secolo Eleonora Chiari e Sara Goldschmied.

    Queste due artiste vivono a Roma, non sono nuove a trovate stravaganti e concepiscono l’arte come dissacratoria convinte, evidentemente, che lo sconcerto sia sinonimo di meravigliato consenso. Per la cronaca diremo che questa trovata artistica nota ormai come lo sciacquone è stata posta sotto sequestro dal pubblico ministero Donatella Marchesini, che ha iscritto nel registro degli indagati le due artiste ipotizzando il reato di vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato . Né servono ad attenuare le polemiche le spiegazioni dei responsabili del museo.

    Il presidente Alois Lageder parla di libertà di espressione in ambito artistico , la curatrice della mostra, Letizia Ragaglia, afferma di non aver voluto praticare una censura preventiva . Stupisce la difesa dell’avvocato senatore Roland Riz, secondo il quale l’inno nazionale ha indubbiamente una sua valenza patriottica e sentimentale, ma non è un emblema dello Stato .

    Per contro, il sostituto procuratore Marchesini ha depositato una decina di discorsi del presidente Ciampi nei quali l’inno di Mameli viene paragonato al Tricolore, ed ha ricordato che un decreto del governo Berlusconi ha definito l’inno di Mameli emblema dello Stato. Sarebbe tutto finito qui, ma Bolzano è una città particolare: ecco perché quello sciacquone non è stato solo uno sbaglio ma soprattutto una cosa inopportuna e di dubbio gusto.

    Per tre motivi: civile, politico e artistico. Errore civile, perché offende prima ancora del buon senso la sensibilità dei cittadini di lingua italiana che sono, di fatto, una minoranza nella provincia autonoma bilingue nella quale la facile convivenza non è scontata. Gli uni e gli altri non hanno certo bisogno di provocazioni per fomentare reciproci sospetti di prevaricazione e rivalsa. Esporre quella espressione artistica è stato un errore politico, perché alimenta lo scontro. E c’è chi si chiede cosa sarebbe successo se quel complesso di suoni avesse richiamato l’inno di qualche paese confinante e se in questo caso la difesa del singolare duo Goldiechiari sarebbe stata altrettanto appassionata

    Infine, sul piano più strettamente artistico, solleviamo seri dubbi sulla validità della trovata delle due Goldiechiari . Certo, sarebbe sprecato suggerire loro uno studio sull’estetica del sublime, sulle definizioni di arte espresse da Pseudo Longino (fosse questi il retore romano Cassio o il greco Dionigi da Alicarnasso), e Benedetto Croce, passando per Platone e Aristotele.

    Non abbiamo certo intenzione di avventurarci in un discorso sulla intenzione dell’artista , non è questa la sede e poi non vorremmo condividere il livello dello sciacquone espresso dalle due artiste , impegnate a loro dire in una ricerca sulle esperienze condivise che danno un senso al concetto di nazione . Forse si sono ispirate a certa classe politica che sembra aver perso il senso dello Stato, della Bandiera, dell’Inno