Quando c'era la leva obbligatoria

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    Mi ricollego a quanto scrive l’amico alpino e reduce di Russia Albino Porro su L’Alpino di ottobre. Ripristinare il servizio della leva obbligatoria non solo significherebbe ridare equità sociale e unitarietà di fronte alla Patria ed agli obblighi verso di essa, ma dare anche ed innanzitutto a molti giovani la possibilità di fare un’esperienza unica e importante per il loro futuro, anziché venire annoverati nella percentuale di disoccupati.

    Non solo molti di loro vedrebbero e imparerebbero cose diverse da quel mondo – a volte limitato – che sovente è simbolo di sicurezze e amicizie che si sono sostituite al grembo materno, senza però dare loro alternative di vita o prospettive di cambiamenti. In molti casi quell’anno che un tempo pareva sprecato, oggi potrebbe costituire non solo una valida esperienza, ma anche una fruttuosa occupazione anche se a basso reddito immediato. In altre parole: pur non essendo un periodo ben remunerato (la decade è stata da sempre sufficiente per le piccole spese del militare) sarebbe senz’altro più produttivo sia per i giovani che per la società del ciondolare in cerca di un’occupazione che non arriva.

    Un conto è infatti fare la mininaja, richiesta ed apprezzata, altro è il servizio di leva – della durata di un anno – che potrebbe essere implementato con la Protezione Civile, creando pertanto non solo una forza prontamente disponibile, ma anche addestramento dei giovani ai vari tipi di intervento. Caserme, mezzi operativi e quant’altro potrebbero essere a disposizione di tale attività, anziché deperire in attesa di alienazioni a prezzo di realizzo, il tutto in un momento in cui pare sempre più presente e costosa la necessità di interventi a fronte delle calamità.

    Lo stesso periodo, opportunamente gestito, potrebbe costituire uno spunto per riacquistare quel cameratismo, senso d’italianità e del vivere sociale e rispetto dei regolamenti non solo da parte dei giovani, ma anche di tutti coloro che bussano alle porte della nostra Nazione, senza nulla conoscere degli obblighi e doveri che regolano il vivere all’interno di essa.

    Credo che il momento sia maturo per porre rimedio ad un errore compiuto – forse per debolezza politica – con l’abolizione della leva, quando la necessità era dare alla stessa una valenza “sociale” e non militare, cosa che è dimostrata dall’attaccamento al Corpo degli alpini da parte di coloro che lo hanno portato con spirito di servizio in gioventù, sentimento che manca in quei giovani che istituzionalmente non hanno vissuto la naja condividendo fatiche e soddisfazioni, come invece accade per le Truppe alpine da sempre a contatto con quelle popolazioni che ancor oggi, ad ogni manifestazione o loro intervento, ammirano ed applaudono le penne nere.

    Guido Bonino – Casale Monferrato

    Caro Guido, sottoscrivo parola per parola la tua lettera. Mi ha molto colpito il mese scorso il confronto tra i candidati della Sinistra durante le primarie, quando il sindaco di Firenze è uscito dicendo che sognava un’Europa unita, con i giovani chiamati a fare un periodo di servizio civile. Purtroppo non credo che ciò accadrà. Non solo per ragioni di bilancio, ma per ragioni meno nobili. E cioè per il fatto che si sono appannati sia il senso del bene comune che quello conseguente della gratuità.