La grande attesa

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    Una città in attesa, orgogliosa dell’evento, ma riservata e composta come solo Torino sa essere. La prima capitale dell’Italia unita aspetta l’Adunata nazionale degli alpini e guarda al Corpo delle penne nere con sentimenti di simpatia e gratitudine. Per accorgersene basta percorrere il tracciato della sfilata dal monumento di corso Vittorio Emanuele II a piazza Vittorio Veneto, passando le piazze San Carlo e Castello chiedendo ai torinesi di esprimere attese e pareri sulla manifestazione. Siamo pronti ad un abbraccio caloroso dice Antonio Cavallaro Per noi gli alpini sono la colonna portante dell’esercito e uno dei Corpi più vicini alla gente, come hanno dimostrato in tante situazioni di emergenza e difficoltà .

    Sotto i portici di corso Vittorio Emanuele, Sergio Gayet riassume così il concetto: Gli alpini son sempre gli alpini: ovunque vanno sono benvoluti e sono un vanto per la nostra nazione. Glielo dice uno che il militare non l’ha potuto fare, perché inidoneo, ma da figlio e nipote di alpini dice: viva gli alpini . Il segreto del loro fascino?Secondo gli abitanti di Torino sta nell’intreccio profondo della loro storia con le vicende dell’intera nazione . In fondo, sono un simbolo dell’Italia , dice Filippo Grosso indicando il busto in legno dell’alpino che è stato posizionato poche settimane fa davanti alla stazione di Porta Nuova per i 150 anni dell’Unità d’Italia. E assicura: A maggio andrò sicuramente a vedere la sfilata. Porterò anche i miei nipoti, perché penso che la tradizione alpina vada trasmessa ai giovani e l’esempio dei reggimenti alpini seguito dalle nuove generazioni .

    Nemmeno i più critici sull’operato dell’esercito italiano negano l’intreccio delle brigate alpine con la storia dell’Italia. Sulle missioni all’estero dei nostri militari, dall’Afghanistan all’Iraq, sono in disaccordo totale dice Maria Teresa Corbella Le rifiuto come mezzo per mantenere la pace, che non si fa con i mitra spianati . Poi però ammette: Sarebbe ingiusto negarlo: gli alpini hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia del nostro Paese. Sono parte di noi, del nostro essere italiani e li ammiriamo per questo . Non è un caso se la decisione di svolgere a Torino l’Adunata del centocinquantenario dell’Unità italiana viene salutata come decisione giustissima, perché riconosce il valore della nostra storia dice Emanuele Negro, dalle vetrine del suo negozio, davanti al quale sfileranno le penne nere. Gli fa eco Giacomo Lucia: Non convocare l’Adunata qui sarebbe stata un’offesa alla città: in occasioni così importanti è la storia che decide i luoghi .

    La più curiosa manifestazione d’affetto verso gli alpini la offre, proprio sotto la Mole, Giovanni Mussotto alias Gianduia , la popolare maschera del carnevale piemontese. Scostandosi un po’ il bavero della tradizionale giubba marrone bordata di rosso, Mussotto indica una spilla appuntata sul petto: Brigata alpina Taurinense . Niente burla di carnevale: Sono stato caporalmaggiore dice serio, con orgoglio E a maggio sfilerò anch’io, rigorosamente col cappello dalla penna nera . Livia Somacal, edicolante di piazza Castello, che la sfilata se la godrà in prima fila, non fa mistero delle sue origini: Vengo da Belluno, un posto dove essere alpino è una cosa incarnata nelle persone, prima ancora che espressa da una divisa. Per me gli alpini, soprattutto i giovani, sono il collante delle popolazioni da un capo all’altro delle Alpi, dal Piemonte al Friuli . Per un Paese nel segno dell’unità. Nel segno delle penne nere.

    Andrea Ciattaglia

    Pubblicato sul numero di aprile 2011 de L’Alpino.