La Campagna di Russia nella letteratura

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    Ho riletto recentemente parte della enorme quantità di letteratura fiorita attorno alla tragica Campagna di Russia. Alcuni sono testi che hanno un valore assoluto sul piano storico e su quello letterario, altri sono semplici, molto spesso affettuosi ricordi legati ad un amico o ad un familiare caduto, altri ancora sono significativi e preziosi interventi che servono a capire e trasmettere la memoria di ciò che è accaduto. Fra i primi veri capolavori mi pare si stacchino i libri di Mario Rigoni Stern e di Nuto Revelli. Non capisco però le ragioni per le quali la redazione de L’Alpino, il più delle volte, ignori Revelli e citi Bedeschi, spesso collegato a Rigoni Stern come uno degli autori più importanti. Mi spiace perché io trovo Centomila gavette di ghiaccio di Bedeschi molto suggestivo e toccante, ma sotto il profilo storico e letterario non al livello degli altri due autori. Rigoni Stern esprime nei confronti del libro di Bedeschi un giudizio duro.

    Pier Giorgio Longo Collegno Leumann (Torino)

    La redazione de L’Alpino non fa critica letteraria e non ha preferenze. Registra fatti difficilmente contestabili: i due autori che hanno avuto il massimo gradimento da parte del pubblico e che hanno lasciato in tutti noi un segno forte delle vicende degli alpini nella ritirata di Russia sono Mario Rigoni Stern e Giulio Bedeschi. Due grandi, molto diversi per varie ragioni, ma entrambi legati alla stessa vicenda, vissuta da protagonisti anche se raccontata con un taglio umano e un impegno personale che più lontani non potrebbero essere. Revelli, Corradi, don Gnocchi, e la lista potrebbe continuare a lungo, hanno allargato il panorama delle testimonianze su quella enorme tragedia, scrivendo pagine di straordinaria intensità emotiva e di indubbio valore documentaristico senza incontrare il consenso che probabilmente meritavano. Da parte nostra quindi nessuna graduatoria di meriti sulla veridicità storica o sulla qualità letteraria degli autori citati, ma la presa d’atto del successo di Bedeschi, con parecchi milioni di copie vendute del suo libro più famoso, e della conseguente diffusione dell’epopea del Don, che ci sta ovviamente a cuore.

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.