I soldati italiani?I migliori peacekeeper del mondo

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    Andiamo a palazzo Carli, per favore… . Dov’è? , chiede perplesso il tassista. Via Roma 31! Lei è di Verona? . Sì, ma questo palazzo non lo conosco… . Come tanti veronesi, del resto. Rinunciamo a spiegargli che prende il nome da una delle famiglie storiche di Verona che fra Sei e Settecento era potente quasi come una signoria, che ospitò i Grandi d’Europa nell’Ottocento e infine il Feldmaresciallo boemo conte Joseph Radetzky, che mosse con gli austriaci contro i piemontesi e gli eroi del nostro Risorgimento. E che questo palazzo fu sede storica di comandi militari e ora ospita il COMFOTER, il Comando delle Forze Operative Terrestri, responsabile di oltre l’80 per cento del nostro Esercito. Assieme al direttore Vittorio Brunello abbiamo un appuntamento con il suo comandante, il generale di Corpo d’Armata Armando Novelli, alpino, che ci accoglie con la consueta cordialità. Esprime subito apprezzamento per la nostra Associazione, dimostrato peraltro in tante circostanze con la sua presenza e i rapporti diretti con il presidente Perona, i consiglieri nazionali e numerosi presidenti di Sezione. Ed è proprio il rapporto umano il primo argomento della chiacchierata, perché il comandante dipende dall’uomo che è , afferma con convinzione Novelli.

    Generale, Lei ha passato la vita al comando di Unità, che esperienza ne ha tratto?

    Il comando, a partire da quello di plotone, è stato per me fonte di grandi soddisfazioni: forse perché ho sempre vissuto il presente senza troppe ambizioni per il futuro. Mi bastava l’esperienza che facevo, ogni giorno, con gli Alpini, impegnandomi più che potevo per rendere il mio plotone, la mia compagnia, il mio battaglione migliore possibile. Così sono arrivato ai 27 anni di comando di oggi, che sono moltissimi e che mi rendono orgoglioso di quello che ho fatto .

    Da quand’era tenente qualcosa è cambiato nell’Esercito…

    È cambiato tutto e niente. È cambiato il motivo del nostro servizio; prima ci addestravamo per esprimere una capacità che era potenziale, quella di contrapporci ad una minaccia da Est, prima avevamo la leva, oggi abbiamo i volontari con i quali difendiamo gli interessi del Paese fuori dei confini dell’Italia. Nulla, però, è cambiato veramente, se si pensa alla qualità dei nostri soldati. Bravi erano gli Alpini di allora come sono bravi gli Alpini di oggi. Uomini e donne capaci di impegnarsi e di soffrire per assolvere ogni compito, anche il più difficile e pericoloso che viene loro assegnato. Essi sono aiutati continua il generale Novelli da un’adeguata tecnologia che sanno usare correttamente per abbassare il livello del rischio, tenere sotto controllo le situazioni e rendere più efficaci le loro reazioni, per quello che effettivamente si può fare .

    Tuttavia le tecnologie non sembrano avere limiti…

    Per quanto riguarda l’Esercito, il processo innovativo ed evolutivo è destinato a continuare. Un esempio è dato dal Progetto Forza NEC (Network Enabled Capabilities), fondamentale per la completa digitalizzazione delle unità operative. Credo di dovermi spiegare: con il termine digitalizzazione, in una sintesi molto estrema, si intende la capacità di avvalersi di sistemi computerizzati per far arrivare informazioni ed ordini da un comandante di qualsiasi livello, all’uomo singolo sul terreno e ricevere da lui, con lo stesso mezzo, informazioni più dettagliate, foto di particolari, e molto altro. Si ritiene che questo sia l’ambiente operativo del futuro in cui, comunque, sarà sempre fondamentale l’uomo, sulla cui formazione si dovrà continuare ad investire .

    Permette che la faccia tornare capitano, o colonnello, due gradi significativi di conduttori di uomini. Cosa ricorda di quei periodi?

    Penso ad una marcia invernale faticosissima, fatta al comando della 45ª compagnia del battaglione Morbegno, nel febbraiomarzo del 1976: dal rifugio Paradiso, sopra il Tonale, fino al rifugio delle Lobbie. Quattordici ore di trasferimento con gli sci ai piedi. Qualche Alpino che era con me, leggendo queste righe, la ricorderà senz’altro .

    Una passeggiata…

    Non proprio partenza alle tre e mezzoquattro del mattino, per evitare le valanghe, la salita fino al passo del Venerocolo, poi la discesa fino al rifugio Mandrone e poi ancora la salita sulla vedretta dell’Adamello. Abbiamo sicuramente impiegato più del previsto, ma la capacità sciistica era quella che era, i materiali poco performanti e gli zaini erano carichi di tre giornate di viveri! Due giorni dopo, però, la soddisfazione di salire sull’Adamello e con noi il generale Gariboldi, vice comandante del Corpo d’Armata alpino .

    E da colonnello?

    Stranamente è ancora un ricordo legato al Battaglione Morbegno / 5º Alpini. Nell’anno del mio comando di reggimento sostituimmo il Susa , che era in Mozambico, nell’esercitazione della Forza Mobile della NATO, in Danimarca, e fummo chiamati ad effettuare un elitrasporto di battaglione: 57 elicotteri delle più varie categorie e tipo, contemporaneamente in atterraggio, in imbarco, in decollo e poi . in volo! Una cosa mai vista ed anche un’organizzazione efficacissima, sviluppata durante le poche ore della notte intercorrenti tra il preavviso e l’imbarco. Per predisporre i decolli, fu preziosissimo l’aiuto dell’allora ten. col. Fausto Macor, che era già stato con me alla compagnia alpini paracadutisti e che con queste pianificazioni ci sapeva fare .

    E dei reggimenti, quale è quello che ricorda meglio?

    Ho difficoltà a decidere: ho ricostituito il 5º Alpini di Vipiteno ed il 3º Alpini di Pinerolo e sono legato ad entrambi. Al 5º ho iniziato la mia vita militare e ho acquisito la mia alpinità, al 3º ho affinato le mie capacità professionali, orientandole meglio alla condotta delle operazioni. Qui, qualche anno prima, avevo anche comandato il battaglione Susa .

    La vita in montagna, le marce: quant’è rimasto di questa attività?

    Gli Alpini sono sicuramente tornati in montagna. Stiamo spingendo da alcuni anni in questa direzione, perché siamo convinti che questa attività è indispensabile anche per una preparazione psicofisica generale. La montagna, al di là dell’aspetto tecnico, cementa le idee e i cuori, crea spirito di Corpo, prepara molto bene il fisico ed è un bel modo di combattere il sovrappeso tra i militari professionisti. In questi ultimi anni ne ho stimolato la pratica anche da parte di tutti gli altri reparti dell’esercito italiano .

    Quanto sono diversi, se lo sono, i professionisti da quelli di leva?

    L’ho già detto prima: sono sicuramente portatori degli stessi valori, ma i volontari di oggi hanno bisogno di Comandanti più preparati: se l’ordine è giusto nessuno si tira indietro e c’è la certezza che venga eseguito. Vorrei anche aggiungere che i nostri volontari sono molto legati alla nostra specialità. Due settimane fa, durante una visita ad un reggimento ho chiesto loro un parere sulla sostituzione del berretto norvegese con il basco e solo uno si è espresso in modo favorevole. Altra notizia positiva è che negli ultimi due anni sono stati arruolati negli alpini solo giovani che hanno scelto la nostra specialità .

    Come avviene la destinazione?

    È molto semplice: rappresentanti del Comando Truppe Alpine vanno nei reggimenti addestramento volontari e chiedono chi vuole essere arruolato nelle truppe da montagna. Le adesioni sono buone e tutti quelli che lo vogliono sono assegnati alla nostra specialità. Molti sono del nord, ma alcuni provengono anche da altre Regioni. L’importante è che siano loro a scegliere. Lo Stato Maggiore dell’Esercito ci da una grossa mano .

    Li vediamo nelle missioni all’estero, dove riscuotono ammirazione da parte di tutti i nostro partner. Ma quando non ci saranno più queste missioni?

    Oggi queste missioni ci sono e lo scenario futuro non sembra modificabile in tempi brevissimi. Ci sono nel nostro pianeta moltissime aree di crisi e sono convinto che il nostro impegno continuerà per molti anni ancora. C’è poi un’esigenza nazionale, ed i nostri soldati si sono dimostrati una risorsa preziosa per il Paese. L’emergenza rifiuti in Campania, il terremoto a L’Aquila, la sicurezza delle città, le alluvioni, le frane: non ci siamo fatti mancare nulla! .

    Significa personale molto più preparato di un tempo…

    Significa che per fronteggiare tali esigenze è indispensabile disporre di professionisti addestrati, capaci di adeguarsi alle situazioni che evolvono ed ai nuovi compiti, con un’esperienza che non può essere accumulata in pochi mesi di servizio militare obbligatorio .

    A proposito di esperienza, cosa pensa dell’esperienza breve della mininaja?

    Sono favorevole. È un modo di avvicinare i giovani, d’ambo i sessi, ad un’Istituzione che ha valori da far conoscere ed è un esperimento che sta riscuotendo un notevole successo. Mi auguro che questi ragazzi scoprano anche il valore della solidarietà e approdino al mondo del volontariato. Per l’ANA è una grande opportunità .

    Prima di arrivare al COMFOTER ha comandato le Truppe alpine…

    È stato un periodo breve, ma di grande soddisfazione. Ho apprezzato la collaborazione e la vicinanza di tutta l’Associazione Alpini ed ho ritrovato soldati per i quali provo sentimenti di stima e di considerazione sincera. Sono sentimenti che, per la verità, meritano tutti i soldati italiani che, in Italia e all’estero continuano a fare il proprio dovere con impegno, coraggio ed abnegazione anche a costo della vita, come purtroppo dimostrano le esperienze dell’Afghanistan .

    Probabilmente per il modo con il quale affrontiamo le missioni, con uno stile che fa parte della nostra cultura…

    Il nostro soldato ha un’eccellente base culturale ed è permeato dei valori positivi che sono quelli della nostra società. Quando opera, non deve scegliere tra un amico ed un nemico, sa porsi nel mezzo con la sua autorevolezza, con la sua capacità di mediare, con la pazienza ed il rispetto di chi vuole aiutare a superare un problema o convincere le parti. Per me i soldati italiani sono i migliori peacekeeper del mondo e, in molte parti del globo, sono sicuramente lo strumento più conosciuto ed efficace della nostra politica estera .

    Ma torniamo… a casa. Qual è il ruolo della famiglia di un militare?

    Non ho mai enfatizzato questo aspetto, ma sono convinto che la famiglia rivesta un ruolo importante. Chi vive lontano dalla famiglia può anche non avere la giusta serenità. Facendo un riferimento personale, penso che, in qualche momento, la mia abbia avuto qualcosa di meno, per effetto dei miei impegni, ma ritengo che in altri abbia avuto di più, avendo potuto godere delle mie soddisfazioni. Il bilancio lo considero a favore. Non l’ho mai chiesto a mia moglie ed a mia figlia, ma sono sicuro che la pensano così anche loro .

    Infine, i rapporti con la nostra Associazione…

    L’amicizia, la vicinanza, l’affetto dimostratomi dagli alpini in congedo, fin da quando ero un giovane tenente, è stato uno sprone per me, che mi sento alpino fin sotto la pelle. Ritengo che gli alpini siano una forza incredibile proprio per le qualità che esprimono: uomini duri e generosi, pronti a correre in aiuto del prossimo. La capacità dell’ANA nell’alimentare il senso di appartenenza al Corpo anche quando, con la professionalizzazione, è venuta meno la chiara connotazione alpina delle truppe da montagna è la dimostrazione della forza e della determinazione dell’Associazione nel mantenere viva la sua presenza fra i reparti alpini e nella società. Sono certo che tale patrimonio, in futuro, non andrà disperso. Noi, in armi, non ci tireremo mai indietro . ( )


    Il saluto del gen. C.A. Armando Novelli

    Pochi giorni dopo questa intervista, al termine del suo importante incarico, il generale Novelli ha inviato al direttore de L’Alpino questo saluto.

    Carissimo Direttore,

    Le chiedo ospitalità per l’ultima volta. In questi giorni sto completando il mio giro di saluti alle Bandiere ed ai reparti delle Forze Operative Terrestri che dipendono da me, un giro per l’Italia, lungo ed emozionante, visto che ha riguardato più di 150 tra Unità e Comandi e che è strettamente collegato con la fine del mio servizio militare. Al termine, sento di dovermi rivolgere idealmente, attraverso il Vostro Giornale, anche a tutti gli Alpini dell’Associazione e, con particolari sentimenti d’affetto e di riconoscenza, a tutti gli Alpini che ho avuto l’onore di comandare. Dopo 44 anni di servizio, il 16 di dicembre svestirò, infatti, la divisa: sarà un momento di emozione forte, forse anche di tristezza, ma sarà anche l’occasione di un bilancio che è altamente positivo. Ho visto l’Esercito trasformarsi diventando un prezioso riferimento per il nostro Paese, Istituzione forte con principi e valori che sono fondamentali anche per chi vuol essere bravo cittadino, ma soprattutto ho vissuto una fantastica esperienza di comando, lunga ben 27 anni, che mi ha fatto conoscere ed appezzare tanti giovani soldati, bravi, generosi e coraggiosi, molti dei quali, oggi, fanno parte della Vostra grande Associazione. Per questo, il mio bilancio è altamente positivo. Per questo, voglio che giunga al nostro Presidente Corrado Perona ed anche a tutti Voi quel mio ringraziamento e quell’augurio sincero ed affettuoso di sempre migliori fortune, che ho personalmente portato a tutti i soldati in armi. Ci sarebbero, forse, ancora molte altre cose da dire , ma Voi le conoscete già e quindi va bene così.

    A tutti il mio abbraccio.
    Gen. C.A. Armando Novelli

    Pubblicato sul numero di dicembre 2010 de L’Alpino.