I nostri militari in missione all'estero

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    In occasione degli ultimi eventi luttuosi che hanno colpito tragicamente le nostre Truppe Alpine, è in atto una campagna denigratoria, faziosa e vigliacca contro le stesse perché hanno aperto il reclutamento a tanti ragazzi del Centro Sud e delle Isole, come se la purezza del Corpo fosse stata intaccata. Siccome siti internet stanno riportando diverse e mail sull’argomento, sarebbe estremamente interessante dedicare un articolo sulla nostra rivista riguardante le tante medaglie d’Oro delle Truppe alpine che provengono dall’Abruzzo, dal Molise, dalla Calabria ecc.

    Alberto Possati Verona

    Ancora lutti, stavolta anche il Reggimento di noi coscritti vicentini, il 7º, ha pagato alla causa afgana un pesante contributo di sangue. Francesco, Gianmarco, Sebastiano, Marco, nostri fratelli alpini, il vostro sacrificio non sarà dimenticato! Il fatto poi che la maggior parte di questi ragazzi provenisse dalle regioni del Sud non fa differenza, quando un Alpino va avanti è l’intero popolo alpino ad essere in lutto. La velata, comprensibile polemica di un famigliare che dichiara essere ancora una volta i ragazzi del Sud a pagare il contributo più pesante, non sfiora i giovani del Nord, né il loro spirito di sacrificio.

    Gabriele Peruzzo Gruppo di Rosà, sezione di Bassano del Grappa

    Io onoro certo lo spirito di servizio dei dipendenti dello Stato ma non me la sento di definire i Caduti in Afghanistan vittime o, peggio ancora, eroi. Vengono dilapidate risorse umane e materiali per pura visibilità internazionale. Insomma, caro direttore, non sarebbe meglio smetterla con foto ed articoli patetici, retorici e strappalacrime dedicati a soldati che costituiscono una forza militare occupante, pertanto legittimamente esposta alla reazione degli incivili, selvaggi e malvagi resistenti locali?

    Ennio Ricciani Montagano (Campobasso)

    Qualcuno si chiederà: perché queste lettere?Non sono sullo stesso piano ma toccano, sia pur con finalità opposte, l’onorabilità dei nostri militari. È doveroso da parte nostra evidenziare, quando emerge sui siti o nelle lettere in redazione, l’esistenza di un persistente, strisciante antimilitarismo e stigmatizzarlo. Il nostro mensile, L’Alpino, tiene, da sempre, una linea di appoggio al soldato perché, oltre ad essere la parte visibile della Nazione che ci portiamo nel cuore, vive una condizione umana e professionale di rischio e di sacrifici. Per questo, se non spendiamo parole nel ribadire che chi indossa la divisa è soldato d’Italia senza aggettivi, ci sentiamo sconcertati nel leggere lettere come quella di Ricciani. L’Afghanistan non è un cantiere edile e chi ci va è consapevole che l’incolumità della sua vita non dipende dal rispetto delle norme di sicurezza esposte su un tabellone. C’è in atto una guerra insidiosa contro un fanatismo che ha obiettivi di distruzione a livello planetario e fatico a legittimarlo come resistente . È pura visibilità internazionale e sono risorse dilapidate tentare di contrastare la violenza cieca di pochi signori del terrore?

    Pubblicato sul numero di dicembre 2010 de L’Alpino.