Gli alpini sono tutto

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    Capelli raccolti in uno chignon, maglioncino rosa, passo deciso, sguardo vispo. Paola Del Din mi accoglie nel salotto e passa subito al sodo. «Che cosa vuole sapere?» chiede la Medaglia d’oro al valor militare che ad agosto compirà 100 anni. «Lei è stata una partigiana» dico per rompere il ghiaccio. Mi corregge, con fermezza: «Sono una patriota non una partigiana!». Nonostante il tono deciso lo sguardo è dolce e i suoi occhi verde azzurro attendono le domande.

    «Lei combatté con le brigate Osoppo e fu la prima donna a lanciarsi col paracadute» le dico, sperando di non aver sbagliato di nuovo. Piccola pausa, il mio timore svanisce. «Sì – risponde – ma non fu nulla di particolare. Il paracadute è un mezzo: in quel momento era l’unico possibile e volare era la cosa meno rischiosa visto quel che stavamo vivendo. E poi è bello sa?». Ridiamo, le parole iniziano a fluire.

    Mi racconta dell’infanzia, della sorella Maria, 6 anni più grande e di Renato nato un anno prima di lei. Mamma Ines era severa. Cresciuta in collegio a Verona pretendeva rigore anche dai figli. Il papà Prospero non diceva tanti no: interveniva solo quando ne combinavano troppe; Maria stava davanti e loro ascoltavano, un passo indietro. Nel 1941 Renato si diploma alla Scuola militare Teuliè, frequenta l’Accademia di Modena, la Scuola militare di Parma, la Scuola militare di alpinismo. Comandante di plotone della 70ª compagnia, battaglione Gemona, 8º Alpini della divisione Julia, subito dopo l’8 settembre 1943 è tra i primi a iniziare la lotta di Liberazione. Presto ottiene il comando della 1ª Banda di montagna del Gruppo divisioni d’assalto Osoppo Friuli.

    Ucciso dai tedeschi è la sorella Paola, nome di battaglia “Renata”, a collaborare con la formazione da lui fondata. Trasporta documenti segreti lungo l’Italia occupata. Gli alleati le affidano la conclusione della missione Bigelow che le farà appunto ricevere la Medaglia d’oro. Raggiunge Firenze e consegna agli alleati documenti importanti. Dopo un corso per paracadutisti, il 9 aprile 1945 si lancia in una zona del Friuli dove deve contattare una missione alleata e la formazione Osoppo.

    La frattura alla caviglia nell’atterraggio non la ferma e riesce a consegnare i documenti, attraversando più volte le linee di combattimento, portando messaggi agli alleati in avanzata. «Mi hanno accettata perché non ero una piaga!», afferma. «Per salvare l’Italia bisognava essere determinati. Non si può pensare che gli altri facciano per noi. Ognuno deve metterci del proprio altrimenti non si va da nessuna parte. Se uno vuole dirigere deve essere lui il primo a dimostrare di saper fare altrimenti si fallisce!».

    Il tono di Paola Del Din torna deciso. «Dopo la Liberazione mi sono laureata in lettere a Padova e ho poi insegnato per alcuni anni. Grazie a una borsa di studio sono volata negli Usa dove ho conseguito il titolo di ‘Master of Arts’. Tornata in Italia ho insegnato nella scuola pubblica. I miei alunni che oggi hanno i capelli bianchi si ricordano di me, di quando a Carnevale facevo lezione e interrogavo. Lo Stato mi pagava per fare l’insegnante, non la baby sitter?», mi chiede.

    Come darle torto, anche se, alla stessa domanda 40 anni fa forse avrei risposto diversamente. «Ordine ed educazione sono parte della cultura – aggiunge – e figli e nipoti li ho cresciuti con questi princìpi». La famiglia, per Paola Del Din, è lo specchio della società e «da lì bisogna ripartire. Non è sufficiente fare figli, bisogna prepararli alla vita e la leva aveva anche questo compito».

    Starei ad ascoltarla per ore. Ogni concetto è una lezione di vita. «Solo un’ultima domanda. Che cosa sono per lei gli alpini?». Abbassa lo sguardo e quando lo rialza gli occhi sono colmi di lacrime, riemerge una vita intera. «Gli alpini sono tutto. Li abbiamo visti partire e tornare in condizioni pietose. Altri non li abbiamo più visti!». Le lacrime bagnano la Medaglia d’oro al valor militare sul petto. Una carezza silenziosa alle sue adorate penne nere.

    Gio Moscardi

    Alessandro Carlini
    NOME IN CODICE: RENATA
    Storia di Paola Del Din, combattente della Resistenza e agente segreto
    Euro 17,50 – in vendita in tutte le librerie

    «Le dissi che Renato era morto e anche che avevo accettato la missione offertami dalla Osoppo. E poi aggiunsi: ‘Mamma, se non piangi mi porti fortuna’. Lei non pianse, anzi, mi rincuorò dicendo che non avrei dovuto portare da sola il peso della morte di mio fratello. Poi mi incitò a partire presto, perché altrimenti la morte di Renato sarebbe stata inutile». Fino all’8 settembre del 1943, Paola Del Din era solo una studentessa di Lettere. Cresciuta in una famiglia di militari, amava leggere e tirare di scherma. Sarebbe diventata insegnante, un giorno. Ma dopo l’armistizio, la storia pretende una scelta di campo: o con il re, o con Mussolini. Il padre Prospero è già lontano, prigioniero di guerra, allora sta al figlio Renato prendere le armi con la brigata Osoppo, e resistere ai nazifascisti nelle terre insidiose del Friuli. Paola collabora, fa la staffetta, aiuta come può. Ma tutto sta di nuovo per cambiare. Nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 1944, esattamente un anno prima della Liberazione, Renato viene ucciso durante un assalto a una caserma repubblichina. A quel punto, Paola non ha scelta: deve raccogliere l’eredità di Renato, e combattere finalmente in prima linea. Ma lo farà a suo modo. Accetta una missione ad alto rischio per la Osoppo e i servizi segreti britannici: attraversare l’Italia per consegnare un plico top secret ai comandanti alleati. In mezzo ai documenti che porta nascosti tra i vestiti, preziosissima, c’è la richiesta di una medaglia al valore per la memoria di Renato. Ed è in onore del fratello che sceglie il suo nome in codice ufficiale: Renata. La sua è una discesa agli inferi di un paese devastato, immerso nella notte cupa dell’occupazione nazifascista, rischiarata solo dai lampi crudeli dei mortai e degli spari. Alla fine Paola Del Din, combattente e patriota della brigata Osoppo-Friuli, agente pro tempore dello Special Operations Executive (Soe) britannico, si guadagnerà una Medaglia d’oro al valor militare della Repubblica italiana, arrivando persino a paracadutarsi, dopo un addestramento di pochissimi giorni, nel Nordest sconvolto dalla guerra. Agenti segreti dandy e questurini doppiogiochisti, preti coraggiosi, sortite audaci e feroci rappresaglie, ma anche i duri contrasti fra osovani e garibaldini che portarono all’eccidio di Porzûs: Alessandro Carlini ricostruisce per la prima volta la storia completa di Paola Del Din, alternando la viva voce della donna, oggi sulla soglia dei cento anni, e i molti documenti consultati, tra cui i file riservati del servizio segreto britannico.