E noi con voi

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    La fanfara suonava, gli ospiti continuavano ad arrivare, sembrava una festa ma non lo era: non ci può essere allegria per chi parte per una terra lontana, diversa in tutto, ancora piena di insidie. Perché questa missione in Afghanistan dell’intera brigata alpina Taurinense, ormai iniziata, ha vecchie e nuove incognite, a rischio anche per chi è preparato, ben addestrato, ben equipaggiato. Nell’ampio piazzale della caserma Monte Grappa le tribune sono ormai zeppe di invitati, con il sindaco Fassino, il presidente della Regione Cota, il procuratore generale Caselli, senatori, deputati.

    La fanfara fa una conversione, si posiziona dove sarà la testa dello schieramento. Intona il “Trentatré”, che per gli alpini è molto di più d’una marcia, basti pensare che gli alpini lo cantano in piedi, perché racchiude tutta la storia e lo spirito delle penne nere di sempre. Ed ecco spuntare dietro la fila degli alberi la prima Compagnia, seguita via via dalle altre quattro, in rappresentanza dei cinque reggimenti della brigata: il 2° di Cuneo, il 3° di Pinerolo, il 9° de L’Aquila, il 1° artiglieria da montagna di Fossano e il 32° genio alpino di Torino.

    Nella regione Ovest dell’Afghanistan – vasta come l’intera pianura Padana – ai circa 1.500 alpini (un centinaio le alpine) si affiancheranno circa 2.500 militari di varie armi e specialità, reparti statunitensi, spagnoli e lituani tutti agli ordini del comandante della Taurinense, generale Dario Ranieri. È uno spettacolo che tocca il cuore vedere questi alpini, il loro perfetto inquadramento, che non è effetto solo dell’addestramento ma la dimostrazione di compattezza e orgoglio, un solito baluardo.

    Avanzano a passi cadenzati, gomito a gomito, fieri, dando un senso di unità e di maturità. Perché ciascuno di loro – molti non sono nuovi a queste missioni – sa perfettamente a cosa va incontro, sanno che dieci loro compagni sono Caduti in quella terra, ma anche che interi territori sono stati resi più sicuri proprio dagli alpini. Avranno il compito di continuare ad addestrare i soldati afgani perché siano in grado, in un domani ormai prossimo, di proteggere da soli la propria gente, i propri villaggi, di garantire quella sicurezza che consente il ritorno a condizioni di vita normali. Sanno che ci saranno rischi ogni giorno, che ogni perlustrazione, controllo del territorio sarà a rischio, che perfino l’addestramento dei militari afgani potrà riservare sorprese. Eppure sono sereni, perché sono responsabili e sanno che la delicata fase di transizione nella provincia di Herat e di Bala Mourghab di trasferimento di responsabilità alle forze afgane comporta anche imprevisti.

    Lo ha detto anche il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Graziano, nel suo saluto agli alpini della brigata, quando ha ricordato che “saranno sei mesi di impegno e di concentrazione”. Perché il momento di transizione della responsabilità alle forze afgane è tanto più delicato “in aree in cui l’insorgenza e la criminalità sono ancora fonte di grande instabilità”. Per gli alpini questa realtà non è nuova, è la loro quarta missione in Afghanistan.

    “Avete uno straordinario livello di preparazione, siete una delle brigate di punta dell’Esercito, un esempio di cooperazione con le forze francesi, modello per tutti i Paesi della Nato”, ha rimarcato il capo di SME. “Ciascuno di voi non sarà solo un soldato con l’arma in pugno, ma un esempio di disciplina, professionalità, al servizio della sicurezza degli altri”. Ed ha infine avuto parole di riconoscenza per l’Associazione Alpini e il presidente Corrado Perona per la vicinanza alle Truppe alpine come nel caso della “Casa per Luca”, e perché l’Associazione tramanda i valori alpini a tutto il Paese”. “Ognuno di voi si è preparato a lungo e intensamente per assolvere al meglio questa missione”, ha detto il generale Dario Ranieri, che ha mandato un messaggio di serenità ai suoi alpini.

    “Abbiate fiducia nelle capacità che avete acquisito in questi mesi, abbiate fiducia negli equipaggiamenti che vi consentiranno di operare in ogni situazione con elevatissimi standard di sicurezza, abbiate fiducia nei vostri colleghi e nei vostri comandanti”. Infine: “Parto con la tranquillità d’animo che mi infonde la sicurezza di poter contare su soldati come voi. Arrivederci sul campo”. Più che il saluto di commiato, sembrava un’ultima presa di coscienza, tutta personale, degli alpini della brigata con lo spirito ormai in volo per l’Afghanistan.

    Immobili, quei giovani, quelle giovani dal volto severo e fiero suscitavano orgoglio e rispetto. Meritano di avere con loro il “sistema Paese”, istituzioni servite da persone degne, al servizio della collettività e non da interessi personali o di partito. Meritano di essere orgogliosi dell’Italia quando sono all’estero. Arrivederci, alpini della Taurinense. Il nostro cuore è con voi.

    Giangaspare Basile