Dove finita l'artiglieria da montagna?

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    Il capitano di complemento di artiglieria da montagna Mario Gallotta della sezione Bolognese Romagnola, gruppo di Ferrara, ha inoltrato una richiesta al Presidente della Repubblica Ciampi per sapere i motivi per i quali anche l’artiglieria da montagna ha mutato il nome in ‘terrestre’. Riportiamo la lettera del capitano e la risposta fornita dal Consigliere Militare, l’Ammiraglio Sergio Biraghi. 

    Signor Presidente,conoscendo la Sua sensibilità verso i valori che devono informare la nostra società mi permetto di scriverLe a nome di tutto il Gruppo Alpini di Ferrara per segnalarLe una situazione che ha amareggiato inutilmente tanti militari in servizio e in congedo. Ognuno di noi tiene, giustamente, al proprio cognome e si dispiacerebbe se ?recandosi all’anagrafe ?lo trovasse cambiato o mutilato. Ebbene, ciò è accaduto ad una delle più prestigiose specialità dell’Esercito, l’ ARTIGLIERIA DA MONTAGNA (nata nel 1877 e protagonista di gloriose vicende. iiblematicamente illustrate da Giulio Bedeschi nel suo indimenticabile ‘Centomila gavette di ghiaccio’) che è stata privata del suo nome, nonostante le proteste dell’Associazione Nazionale Alpini. I Reggimenti e i Gruppi di Artiglieria da Montagna sono infatti attualmente denominati ‘di artiglieria terrestre ‘, pur continuando ad essere inquadrati nelle Brigate Alpine. Per ora rimangono il cappello alpino, la penna e le mostrine tradizionali. Per ora… Ci sfugge il motivo di una scelta che mortifica i militari in servizio ed in congedo ?deprimendone lo spirito di corpo ?e non ha motivazioni di ordine economico. Chi diceva ieri con orgoglio: ‘SONO UN ARTIGLIERE DA MONTAGNA’, potrà con eguale animo gridare oggi : ‘SONO UN ARTIGLIERE TERRESTRE’?I simboli, come diceva Jung, sono importanti perché ‘suscitatori di energie’ e devono essere trattati con attenzione e rispetto.Qualcuno potrebbe obiettare che l’artiglieria da montagna ha perso le caratteristiche originarie. Verissimo: ma ciò vale per numerose armi e specialità, che pure non hanno mutato denominazione. La Cavalleria continua a mantenere il suo nome così come gli Alpini, che certo operano su orizzonti assai vasti.Eppure sarebbe un errore cambiare il termine ‘Cavalleria’, perché si colpirebbe inutilmente un simbolo caro a tutti gli Italiani. Se si volesse ragionare utilizzando parametri meramente materiali potremmo abolire il piumetto dei Bersaglieri, la penna delle truppe alpine, la bandoliera dei Carabinieri, l’uniforme dei Corazzieri… e così via! ‘E POI VENNE SU. LENTA, GRAVE E BELLA, NELLA SUA APPARENZA FATICOSA E RUDE, CON I SUOI GRANDI SOLDATI, CON I SUOI MULI POTENTI, L’ARTIGLIERIA DA MONTAGNA. Così scriveva Edmondo De Arnicis, dando voce al diffuso sentimento di affetto degli Italiani per questa specialità delle truppe alpine, i cui uomini sono attualmente impegnati a Kabul, nel quadro dell’operazione ISAF.Per i motivi sopra esposti ci rivolgiamo a Lei, quale Comandante Supremo delle Forze Armate, perché all’Artiglieria da Montagna venga ufficialmente restituito il nome che compete ad una specialità nella quale hanno servito l’Italia ?versando il loro sangue ?tanti Caduti dei quali serbiamo la memoria.Per loro, per i militari in servizio, per i cittadini che ?ora in congedo ?hanno onorato la propria uniforme nei Reggimenti e nei Gruppi di Artiglieria da Montagna e che ora servono la Patria nella vita civile, Le chiediamo di intervenire perché sia riparata una grave ingiustizia.Certi di poter contare sulla Sua sensibilità e sulla Sua attenzione, distintamente La salutiamo.


    dott. Mario Gallotta Gruppo Alpini di Ferrara







    Caro dottore,mi riferisco alla Sua lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, pervenuta il 4 novembre, avente ad oggetto l’Artiglieria da Montagna.

    Lo Stato Maggiore dell’Esercito, sentito ai riguardo, ha reso noto che nel 1999, con Decreto Ministeriale, ha riordinato alcune Specialità delle Armi dell’Esercito con lo scopo di acquisire maggiore funzionalità e nuove capacità operative.

    In tale quadro, l’Artiglieria si è scissa nelle specialità ‘terrestre’ e ‘contraerea’. La riforma non ha riguardato soltanto gli aspetti formali, ma l’articolata materia della formazione del personale, le procedure tecnico tattiche di impiego e la logistica, per il conseguimento di una maggiore interoperabilità a livello NATO.

    Le numerose unità ‘da montagna’, così tipicamente italiane e di tanto glorioso retaggio, hanno mantenuto i segni distintivi: la Bandiera di guerra, che porta sul puntale la storia del Corpo; lo stemma araldico; il cappello alpino e lo spirito.

    In sintesi, a suo tempo, la Difesa ha ritenuto di dover conseguire un più levato grado di standardizzazione, rimuovendo anche le pregiudiziali d’impiego del personale non strettamente legate agli aspetti funzionali ed operativi, con i vincoli delle stringenti economie imposte dai bilanci. Tutto ciò, peraltro, volendo salvare nelle tradizioni e nei simboli lo spirito di quei Corpi e di quelle Specialità gloriose, che tanta arte hanno avuto nella storia d’Italia.

    Amm. Sergio Biraghi