Diffam gli alpini all’Adunata di Aosta: la Cassazione ha confermato la condanna

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    I fatti sono noti: in occasione dell’Adunata Nazionale di Aosta del 2003 Etienne Andrione nell’intento di attaccare pesantemente la Giunta regionale per aver concesso un contributo alle spese dell’Adunata, aveva ‘cantato’ abbondantemente fuori dal coro, affermando che quella manifestazione nulla meritava, in quanto il Corpo degli Alpini era costituito da persone dedite a ‘pantagrueliche bevute’, che non si meritavano di festeggiare nonostante le pesanti batoste subite a Caporetto ed in Russia: paventava altresì paurosi ingorghi al traffico e sporcizia abbandonata nelle vie cittadine stante la carenza di… vespasiani: in una parola, l’Adunata nazionale, a suo parere, si sarebbe rivelata come un ‘rave party’ per cui male aveva agito la Regione ad aver erogato un contributo per un simile evento.

    Questo articolo, pubblicato sulla Gazzetta di Ginevra, aveva suscitato le indignate proteste di Beppe Parazzini, all’epoca presidente dell’ANA e di altri 3 alpini, Vola, Testa e Mancino, che avevano per questo sporto querela, ravvisandovi la diffamazione a mezzo stampa. Inopinatamente il tribunale di Aosta, ritenendo che quell’articolo rappresentasse un corretto esercizio del democratico diritto di critica, assolveva l’Andrione, per cui la decisione veniva impugnata avanti la Corte di appello di Torino, dove i giudici di secondo grado, ribaltando la decisione di Aosta, condannavano il giornalista alla pena di 1000 euro di multa, nonché alla rifusione dei danni in favore delle parti civili, cui si era aggiunto Corrado Perona, nella misura di euro 1700 cadauna, oltre al rimborso delle spese legali sostenute dallo studio legale Raucci di Ivrea che le aveva assistite nei due giudizi.

    La decisione finale era quindi affidata alla suprema Corte di Cassazione cui l’Andrione era ricorso illustrando in ben 19 pagine i sette motivi di serrata critica nei confronti della decisione di Torino ed è a questo punto che il sottoscritto, alla metà di settembre, raggiunto dalla telefonata del consigliere nazionale Cesare Lavizzari che gli preannunciava l’impossibilità dello studio Raucci di presenziare al processo in quella sede, veniva in qualche modo ‘precettato’ per assistere le parti civili e discutere la causa alla fissata udienza del 30 settembre in Roma.

    In sede di discussione ho sostenuto che gli alpini non erano a Caporetto, bensì sul Grappa e sull’Adamello dove avevano arrestato l’avanzata austroungarica comportandosi eroicamente, come fecero in Russia, al fine di dimostrare la falsità e quindi la diffamazione dell’articolo incriminato. La Corte di Cassazione, confermando la sussistenza del reato di diffamazione, confermava conseguentemente anche la condanna dell’Andrione, che aveva tra l’altro militato nel Corpo degli Alpini in quel di Courmayeur, al risarcimento dei danni come deciso dalla Corte di Torino e, dopo una serie di scambi telefonici e postali con il giornalista, riuscivo dopo appena un mese ad incassare l’intero importo di 8.500 euro dovuto alle parti civili, oltre alle spese legali, senza dover intraprendere altre lunghe procedure giudiziarie. Giustizia fatta!

     

    Fabrizio Balleri presidente della Commissione legale ANA