Diario di una mamma

    0
    36

    Da giorni le cronache locali ci terrorizzano sui previsti disagi dovuti all’imminente adunata degli alpini: restrizioni al traffico e problemi di vario tipo dovuti alla pacifica invasione. Fa un pò ridere ma l’aggettivo è ripetuto in qualsiasi cronaca giornalistica o televisiva, quasi a sottolineare che di “invasione” sicuramente si tratterà, viste le 250.000 presenze previste, ma che il politicaly correct impone di sfumare con il rassicurante “ pacifica”. Anche le mamme si preoccupano. Quelle che devono portare a scuola o all’asilo i bimbi piccoli, in mezzo a mille divieti di circolazione. Ma si preoccupano anche le mamme con figli grandi. Riuscirà ad arrivare in orario al liceo, è l’interrogativo?

    LUNEDÌ

    – Il figlio, dotato di motorino, arriva puntuale a scuola. All’ora di pranzo rientra e racconta entusiasta dell’incontro avuto in mattinata con quello che da quel momento per noi sarà “l’alpino”. È arrivato nel cortile del liceo per preparare lo “sbarco” dei suoi commilitoni in questo “campo base”. Il figlio appartiene a quella schiera di ragazzi che leggono giornali e libri (ne esistono ancora per fortuna, e sono molti. Si informano e hanno già un orientamento politico, indipendentemente dallo schieramento in cui si riconoscono). Lui, il figlio, in linea di massima si schiera sul fronte pacifista e antimilitarista. La mamma si aspetta una reazione quanto meno di indifferenza e fastidio rispetto alla “pacifica invasione” dei 250mila alpini e dell’alpino che ha “invaso” il cortile della sua scuola. Noi mamme per definizione siamo destinate ad essere smentite: già al primo giorno si è instaurato un rapporto tra gli studenti e l’alpino (pazienza se a favorirlo è stato qualche bicchiere di vino offerto a metà mattina dall’ospite).

    GIOVEDÌ

    Siamo ormai alla vigilia del gran giorno dell’adunata. In città fervono le polemiche sulla distribuzione di un kit da parte del Comune alle scuole. Al centro del dibattito l’opuscolo di rievocazione storica di queste terre in cui non viene citata la tragica pagina della Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista dove migliaia di persone furono uccise e cremate come ad Auschwitz o in altri lager nazisti. Ci sono scuole che rifiutano il kit. Il liceo del figlio lascia a ognuno la libertà di scelta. Lui, rifiuta l’opuscolo, ma ritira la bandiera italiana allegata. Resterà appesa al portoncino di entrata di casa nostra per una settimana, ben oltre la partenza degli alpini.

    VENERDÌ

    A mezzanotte il figlio torna a casa. È entusiasta della serata passata nel cortile della sua scuola con l’alpino e i commilitoni che sono arrivati nel frattempo e che hanno organizzato una festa per loro, i ragazzi del liceo Oberdan.

    SABATO

    – Per una volta, niente discoteca o pub. Oggi, per migliaia di ragazzi triestini, la festa è nelle strade, sulle Rive, in mezzo agli alpini che negli ultimi giorni hanno imparato a conoscere creando un rapporto anche con quelli che potrebbero essere i loro nonni.

    DOMENICA

    – È una bella giornata di sole. Trieste è paralizzata dalla sfilata. I ragazzi potrebbero comodamente andare a Barcola, al mare, come fanno sempre in questa stagione. Non ci pensiamo nemmeno, dicono il figlio e i suoi amici: in qualche modo riusciremo ad arrivarci, magari parcheggiando i motorini in periferia (abbandonando per un giorno l’endemica pigrizia), ma vogliamo vedere la sfilata dei nostri amici. LUNEDÌ – È tutto finito e la mamma cerca di fare un bilancio di questa esperienza di piccolo microcosmo familiare. Ah, dimenticavo il ruolo del padre: fin da quando il figlio aveva tre anni lo ha portato lungo sentieri di montagna sulle Alpi, a vedere le trincee della prima guerra mondiale raccontandogli storie, dolori e glorie dei nostri alpini. La sera, a cena, il figlio mi dice: ricordo benissimo le gite in montagna ma solo in questi giorni, parlando con gli alpini, ho capito veramente il loro valore. Da mamma dico: per me questo avvicinamento dei giovani agli alpini è stato il più bel risultato dell’adunata a Trieste.

    Elena Ragusin, la mamma di Andrea.