Dal capitano Ranzani una lezione di vita

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    Non ci si abitua proprio ai funerali. Meno ancora a quelli di giovani e per niente se si tratta di militari impegnati in una terra desolata, come quella dell’Afghanistan, dove la pace sembra non essere di casa. Si continua, nelle sedi istituzionali e non, a discutere, a porre quesiti su come sia possibile contrastare, se non eliminare quell’ondata di odio che si è riversata sul mondo occidentale in nome di una presunta incompatibilità culturale o di interessi economici tra aree geografiche di vitale importanza per il futuro del mondo. Ma tutto questo passa in secondo ordine, se non diventa privo di senso, quando ci si raccoglie in una piccola chiesa, come quella di Santa Maria Maddalena, una frazione del comune di Occhiobello in provincia di Rovigo, per pregare sulla salma di un alpino assassinato dai talebani.

    Il cerimoniale è sempre lo stesso: schieramento di commilitoni in armi, autorità civili con a capo il governatore della regione, Luca Zaia e militari, con i comandanti del COMFOTER gen. C.A. Francesco Tarricone, delle TT.AA. gen. C.A. Alberto Primicerj e della Tridentina gen. D. Gianfranco Rossi. Una folla silenziosa riempie ogni spazio della chiesa e della piazza. L’ANA è presente con il vice presidente Favero, i consiglieri nazionali Munarini, Arnoldi, Geronazzo, Munari, tanti vessilli, gagliardetti e una marea di penne nere. Anche le lacrime di tanta gente ripropongono lo scenario di Thiene per Matteo Miotto appena qualche settimana fa.

    I volti di Jone e Mario, i genitori di Massimo Ranzani, toccano nel profondo dell’animo tutti i presenti per la dignitosa e contenuta sofferenza. Nessuno può cogliere i loro sentimenti nel vedere accompagnare all’ultima dimora con corone, canti, grande partecipazione quell’unico figlio che era tutta la loro vita. Nemmeno sappiamo fin dove siano arrivate le nobili parole del celebrante, S.E. mons. Lucio Soravito De Franceschi, vescovo di Rovigo, che spiega con citazioni bibliche come non sia possibile lasciare un paese in balia della violenza e del terrorismo .

    E Massimo era lì anche per portare aiuti materiali, per cercare di contenere le sopraffazioni di fanatici, favorire la collaborazione tra i popoli e costruire una nuova umanità più libera e giusta. Un seminatore di speranza. Aiutare chi è nel bisogno illumina il mistero della morte . A conclusione della Messa il presule legge un messaggio del vescovo di Ferrara, mons. Paolo Rabitti in cui si definisce eroica la morte del capitano Massimo Ranzani.

    La cerimonia religiosa finisce con un saluto da parte di un’alpina che ricorda il suo superiore per la semplicità e l’umiltà con cui sapeva esercitare l’azione di comando. Una lezione di vita , sottolinea. Infine gli amici Scout si raccolgono in semicerchio vicini alla bara e salutano a modo loro con una canzone che è un addio ma allo stesso tempo un inno alla vita dedicata gli altri. Il resto è commozione.

    v.b.

    Il giorno prima, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, a Roma, in un’atmosfera di grande tensione emotiva, si erano svolti i funerali di Stato, presenti il Presidente della Repubblica Napolitano e le massime cariche dello Stato e delle Forze Armate. Presente il nostro Labaro, scortato dal vice presidente nazionale Ornello Capannolo e dal consigliere nazionale Mariano Spreafico. All’omelia, ricordando la missione di Ranzani promosso post mortem a capitano l’ordinario militare mons. Vincenzo Pelvi, ha affermato: sapeva bene che la pace esige il lavoro più eroico e il sacrificio più difficile perché, ha concluso, la pace richiede un eroismo più grande della guerra, una maggiore fedeltà alla verità .

    Pubblicato sul numero di aprile 2011 de L’Alpino.