Da Udin siam partiti …

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    Il mito della Julia del ponte di Perati e di Valujki resta sempre forte nella mente e nel cuore degli alpini. La celebrazione del 60º della sua ricostituzione lo ha ampiamente dimostrato. Militari, sezione ANA, autorità civili di un territorio come quello del Friuli, che poche decine di anni fa contava più di trenta caserme e che ha visto passare la meglio gioventù , hanno organizzato, da Forni Avoltri a Pordenone, da Tarvisio a Gorizia, Tolmezzo e tante altre località, manifestazioni con bande, cori e fanfare come raramente capita.

    La città di Udine ha smesso per una volta il suo aplomb e si è trasformata in un palcoscenico festoso dominato dai cappelli alpini, con la partecipazione calorosa della popolazione, memore di tanta gioventù vista salire sulle tradotte cantando: Da Udin siam partiti . Nel pomeriggio di sabato, alla messa in duomo, presenti le più alte autorità alpine in servizio e in congedo, tra queste quasi tutti gli ex comandanti della brigata, il Labaro con il presidente Perona e il CDN al completo, gonfaloni di Province e Comuni con i rispettivi presidenti e sindaci, vessilli, gagliardetti, labari di associazioni combattentistiche e d’arma, il coro anticipa l’inizio del sacro rito con la struggente composizione di De Marzi: E la Julia non fece ritorno .

    Passato e presente, per un attimo, sembrano in dissolvenza sotto le grandi navate della chiesa. Impossibile dipanare il groviglio di emozioni che suscita in tutti il ricordo di vicende tragiche e ricche di umanità. A riportarci a riflessioni meno laiche, ma in linea con il sentire alpino, ci pensa il celebrante nella sua omelia. Il gioco della vita dice proposto da questa società diventa sempre più povero. Nessuno fa più capire ai giovani che le difficoltà aiutano a crescere. La vita dev’essere interpretata come servizio e in questo senso gli alpini sono testimoni attendibili.

    La misura della riuscita della vita di ognuno di noi è valutata nella capacità di aiutare gli altri . In serata, alla caserma Di Prampero, incontro conviviale allestito sotto le volte dell’elegante chiostro che fa da cornice all’imponente monumento all’alpino. A rendere più vivo il contrasto tra la suggestiva atmosfera ascetica del cenobio e la storia avvincente della Julia ci si mette di mezzo un complesso di archi ed arpa con delle raffinate interpretazioni di musica classica. È il momento dell’incontro tra vecchi e nuovi amici, della fraternità alpina che si conclude solo a notte inoltrata con l’irruzione improvvisa della fanfara della brigata, sulle note del 33, per chiudere con un silenzio fuori ordinanza interpretato con grande sensibilità.

    La sfilata di domenica, perfetta nell’organizzazione, ha espresso, come meglio non si poteva, una sintesi irripetibile di contributi provenienti dai militari e dalla società civile. Il gen. Gianfranco Rossi, il presidente nazionale dell’ANA Corrado Perona, sindaci, presidenti di Provincia, Regione, rappresentanze di associazioni d’arma, del volontariato con labari, gonfaloni, stendardi, oltre 50 vessilli sezionali, più di 400 gagliardetti hanno accompagnato e onorato il passaggio di veci e bocia della Julia. I reparti in armi con bandiera di guerra e i reparti disciolti, accompagnati dagli alpini in congedo, hanno percorso il centro storico della città imbandierata, con la fierezza di chi sente ancora il mito delle penne nere.

    Era dai tempi della prima adunata a Trieste, dopo il ritorno all’Italia, che non si vedeva il calore di Udine. Non erano solo gli applausi, ma il volto della gente assiepata lungo tutto il tragitto a testimoniare affetto e attaccamento ai giovani in tuta mimetica e alla storia che li accompagna. Una comunità stretta attorno ai suoi soldati nel nome della Julia. Di quella che non fece ritorno e di quella che ne perpetua la grande tradizione. (v.b.)

    Pubblicato sul numero di ottobre 2009 de L’Alpino.