Da San Martino e Solferino a Trieste

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    I giorni 3 e 4 di questo mese dedicato ai defunti che inizia con le celebrazioni e l’omaggio ai Caduti e prosegue con l’apertura delle caserme, ad indicare la reciproca vicinanza della gente ai nostri militari hanno scandito in piazza Unità d’Italia, a Trieste, la conclusione d’un lungo percorso storico del nostro presidente della Repubblica Ciampi.
    Questa del Capo dello Stato è stata un’azione lenta e costante, discreta e tenace, non priva di gesti estranei all’ufficialità, come quello di scendere in piazza del Quirinale, la notte di capodanno, per scambiare gli auguri con i cittadini. E per cantare con loro Fratelli d’Italia . Da allora s’è visto un numero sempre crescente di bandiere sventolare agli edifici pubblici ma soprattutto alle finestre delle abitazioni. Da allora la maggioranza degli italiani non si vergogna più di cantare l’Inno di Mameli. Perfino i calciatori della nazionale hanno imparato le parole della prima strofa!

    L’atteggiamento generalizzato di disaffezione dai simboli nazionali ha fatto parte, per sessant’anni, d’una filosofia meglio sarebbe dire politica, intesa non come attività di partiti ma di gestione dello Stato che continuava a dividere gli italiani in buoni e cattivi, degni di essere celebrati o condannati ad un ergastolo psicologico che continuava ad escluderli.
    Mentre iniziava la rilettura del nostro recente passato da parte di intellettuali mossi dal desiderio di mettere finalmente a nudo la storia che non ha mai vincitori e vinti, ma solo fatti è continuata l’opera di Ciampi nel recupero d’una identità nazionale sbiadita e dell’orgoglio di essere e sentirsi italiani.
    Il nostro Presidente è partito da lontano: da San Martino e Solferino, da quei campi di battaglia dove per la prima volta risuonò, assieme a quello dei Savoia, il nome Italia. E poi ha percorso tappe significative della nostra storia: la Grande Guerra, la Resistenza, l’eccidio di Marzabotto, la battaglia di Montelungo, che vide la rinascita dell’Esercito italiano. Ha reso omaggio ai nostri Caduti che riposano nel cimitero militare di Tambov, in Russia, a quelli di Cefalonia, di El Alamein: pellegrinaggi sui quali sono anche cadute critiche da chi vorrebbe continuare ad alimentare il fossato che ha diviso per troppi anni il nostro Paese, impedendo la formazione d’una coscienza unitaria, sostenendo che ci furono soldati morti combattendo dalla parte sbagliata .
    Ultime tappe di Ciampi in ordine di tempo, Nervesa della Battaglia e l’Isola dei Morti a Moriago, da dove nel ’18 i nostri soldati, attraversando il Piave, puntarono su Vittorio Veneto, la città della Vittoria.

    Trieste sembra essere il punto d’arrivo della lezione di storia che il presidente della Repubblica ha voluto impartire agli italiani nel cinquantenario del definitivo abbraccio dell’Italia alla città martire. Ciampi ha reso omaggio ai Caduti che riposano a Redipuglia, all’ossario simbolo della Grande Guerra, del sacrificio e del valore dei soldati italiani ed ha concluso la sua visita a Trieste, in piazza Unità d’Italia, assistendo a una parata dei reparti che entrarono in città il 26 ottobre 1954.
    Ci piace ricordare che il 17 novembre, al Teatro Rossetti, a cura dell’amministrazione comunale, a conclusione della serie di manifestazioni per il Cinquantenario, ci sarà una serata di cori alpini e la proiezione di immagini della nostra Adunata nazionale.

    La presenza del presidente della Repubblica a Trieste è un ulteriore tassello alla formazione della coscienza nazionale in un momento in cui sembrano vacillare valori minacciati da modelli e costumi che non ci appartengono, ma che ideologie latenti vorrebbero far nostri in virtù del politicamente corretto. Come è avvenuto per la Costituzione europea, che ha sacrificato le radici cristiane dell’Europa ai canoni laici dell’Illuminismo, cancellando duemila anni di storia.
    Ecco perché dobbiamo più che mai conservare il nostro senso di appartenenza, rifarci al patrimonio della nostra cultura. Ricordare il cammino della nostra unità, significa testimoniare ciò che siamo stati. Ciò che siamo.