Con gli alpini nel profondo Afghanistan

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    KABUL Paese singolare per molti versi, l’Afghanistan lo è anche per il clima, che vede alternarsi estati torride con temperature che superano i 40 gradi ed inverni tra i più rigidi del continente asiatico, con abbondanti nevicate ed il termometro che scende anche a 40. E’ di pochi giorni fa la notizia che il ministero della salute afgano ha invocato lo stato di emergenza a causa del maltempo che ha causato decine di vittime nel paese, come segnalato dalla Mezzaluna Rossa locale.

     

    I meteorologi attribuiscono queste escursioni notevoli alla morfologia del terreno: l’Afghanistan è letteralmente chiuso dalle montagne (anche qui le altitudini variano da poche centinaia di metri sul livello del mare a quota 7.485, al confine con la Cina, dove si trova la vetta di Nowshak) e si trova a quasi 500 km dall’oceano Indiano: nessuna brezza marina lambisce il paese attenuando gli eccessi di riscaldamento e di raffreddamento dell’ambiente.

    D’inverno la neve fa parte del paesaggio, ed anche a quote relativamente basse cade in abbondanza: è il caso della regione di Kabul, dove ogni anno gli abitanti devono fare i conti con almeno mezzo metro di neve. Se d’estate fa caldo, per gli Alpini del contingente italiano a Kabul l’inverno afgano ripropone invece l’ambiente per il quale sono meglio equipaggiati.

    La missione di pattugliare il territorio insieme alle forze di sicurezza afgane diventa a volte proibitiva, in assenza di una rete stradale vera e propria e di mezzi per sgombrare la neve. Numerose zone sono di fatto isolate ed inaccessibili con mezzi ordinari, ed è un problema che non riguarda solo la sicurezza: le attività lavorative, i rifornimenti, le cure mediche ed i contatti con l’esterno si diradano per le migliaia di afgani che vivono alla periferia della capitale.

    La regione a est di Kabul non fa eccezione alla rigidità del clima stagionale, anche perchè costituita da rilievi accidentati con quote non elevatissime ma fortemente innevate. Gli Alpini Paracadutisti del Monte Cervino hanno una base proprio al centro del distretto di Surobi, dalla quale quotidianamente escono in pattuglia a bordo dei cingolati da neve in dotazione, i cosiddetti BV (la sigla esatta della casa produttrice svedese è BV206), veicoli che possono affrontare pendenze del 100 e trasportare 12 persone totalmente equipaggiate ad una velocità massima di 50 km/h.

    La routine di queste settimane invernali prevede numerose pattuglie pianificate e condotte insieme alla polizia afgana in tutta l’area assegnata ai nostri militari. Alpini e polizia studiano insieme gli itinerari e programmano escursioni specie nelle zone abitate più remote e meno accessibili. La base dei Rangers del Monte Cervino inizia a lavorare molto presto la mattina: sveglia all’alba, colazione abbondante e partenza subito dopo.

    Appuntamento poco più tardi con i poliziotti afgani in un punto prestabilito e si comincia. I BV aprono la pista ai fuoristrada afgani lungo strade ricoperte di neve che si snodano in paesaggi immacolati e spesso inondati di luce: il clima è severo, in Afghanistan, ma il sole non manca quasi mai. La destinazione di oggi è a 60 km da Surobi, ovvero oltre 3 ore di viaggio. Il nuovo approccio alla sicurezza che i militari italiani stanno cercando di applicare insieme alle forze afgane richiama quello del poliziotto di quartiere : presenza sul territorio interagendo però con la popolazione locale, interessandosi ai problemi di questa e riferendo a chi di dovere.

    Per questo motivo alle pattuglie partecipano anche un medico ed alcuni specialisti di CIMIC, acronimo inglese di Giunti finalmente a destinazione si viene accolti pacificamente dal Malek, l’anziano capo della comunità di etnia Pashtun che abita nella zona il quale indossa il tipico cappello in lana che qui è segno di autorità. Come di consueto ci si accomoda in casa sua, accovacciati sui tappeti che ricoprono interamente il pavimento di queste case umili ma decorose e sempre ospitali: il the, accompagnato da frutta secca, non manca mai.

    Il Malek racconta senza lamentarsi la vita difficile del suo villaggio, dove manca tutto o quasi. Le cinquanta famiglie che vivono nella valle sbarcano il lunario lavorando la terra ed allevando qualche capo di bestiame. D’inverno vengono consumate le scorte alimentari accumulate durante la buona stagione, non c’è riscaldamento né elettricità e la gente si difende dal freddo come può. Un quintale di legna costa carissimo: ci vuole un quinto del reddito annuo nazionale pro capite per permetterselo, senza contare le difficoltà per approvvigionarlo.

    Decine di ragazzini vengono intanto attratti dagli stranieri e dalla novità: portano vestiti leggeri ed alcuni di loro sono praticamente scalzi, mentre il termometro segna 10 ed è mezzogiorno. Anche alcune adolescenti avvolte in veli coloratissimi fanno capolino ma con discrezione, perché non sta bene farsi fotografare. Gli Alpini non sono nuovi a queste realtà e come sempre non vengono a mani vuote: nei BV, sotto i sedili ed in ogni angolo libero, hanno stipato coperte, stivaletti di gomma per bambini, ed anche un pacco viveri per ciascuna famiglia.

    Dentro ciascun pacco ci sono generi alimentari di base: olio, zucchero, farina e legumi, il tutto acquistato vicino alla base da diversi fornitori (tanto per dividere la spesa fra più bottegai). I soldi per la spesa li hanno messi altri Alpini, quelli dell’Associazione Nazionale Alpini di Pinerolo, che si sono tassati ed hanno raccolto 7.000 euro, una somma che qui consente di fare molte piccole cose per i locali.

    Al Malek viene regalata una radio che funziona anche ad energia solare o con una dinamo: così potrà ascoltare le notizie e diffonderle nel villaggio. Nel frattempo il medico ha già trovato un posto per attrezzare un ambulatorio di fortuna e somministrare cure e medicine alle decine di persone di ogni età che manifestano sintomi di stagione, guaribili con terapie semplici: viene da chiedersi come avrebbero fatto senza aspirine e paracetamolo.

    Il dottore tramite l’interprete di fiducia si raccomanda mille volte di prendere la medicina nella quantità e con la frequenza giusta. La gente annuisce, ma soprattutto sorride e ringrazia mettendo la mano sul cuore: era da tempo che non si vedeva qualcuno arrivare da queste parti, e a mani piene, per di più.

    Mario Renna