Bisogno di moralità

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    Un Paese è tanto più libero quanto più ha una stampa libera. L’assunto potrebbe sembrare il tema di uno dei convegni che si svolgono di tanto in tanto accompagnati da premi a giornalisti famosi. Ma la stampa italiana è poi davvero libera?

     

    Aveva incominciato Cavour a sentire il bisogno di controllare i giornali e le agenzie di stampa. Giolitti non fu da meno, poi il ventennio raggiunse l’apoteosi con le veline , che non erano ancora il sogno di tante ragazze disinvolte ma una pagina scritta a macchina su carta velina, appunto, battuta a tre, quattro fogli alla volta intercalati da carta carbone (la fotocopiatrice non era stata ancora inventata ) e fatta recapitare dalla prefettura ai direttori dei giornali: c’erano le istruzioni per l’uso, con le notizie da evidenziare, quelle da eliminare e quelle da interpretare.

    E i particolari, con le notizie da mettere a tutta pagina, quelle a una colonna, quelle in seconda pagina Se ne interessava il ministero della cultura popolare, dall’acronimo ambiguo, Minculpop, che è tutto dire. Nel secondo dopoguerra, con un’Italia semidistrutta e prigioniera della sua tragica storia recente, l’importante era che i giornali fossero antifascisti . Quindi, poiché i costi di produzione dei quotidiani diventarono sempre più pesanti, furono la voce passiva di un bilancio industriale o politico complessivamente attivo . Ma sempre dipendenti erano.

    Oggi non stiamo proprio benissimo, abbiamo soltanto variegato gli editori di riferimento. E il pubblico, la gente, il lettore, il telespettatore?Sembra non sia rilevante rispondere a questo quesito. Eppure un allarme è venuto negli ultimi anni dal calo di vendite dei quotidiani, oltre due milioni e mezzo di copie in meno al giorno, un regresso non tutto ascrivibile all’aumento del prezzo dei giornali. Viene allora il legittimo dubbio che i cittadini abbiano idee ben precise, come risulta da un’interessante indagine promossa dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia, condotta da AstraRicerche e presentata qualche settimana fa nell’Aula Magna dell’università Statale di Milano, presenti il Magnifico Rettore e numerosi direttori di giornali.

    Dunque: per la maggioranza degli intervistati, su un campione rappresentativo cui corrisponde un pubblico di 50,6 milioni di cittadini, il giudizio degli italiani sui giornalisti è negativo e in via di ulteriore peggioramento . Sono considerati bugiardi o non veritieri dal 68 degli intervistati, poco informati o incompetenti (60 ), esagerati, drammatizzanti e gonfianti le notizie (55 ), non indipendenti, al servizio di specifici interessi (52 ) di parte, per far prevalere la propria appartenenza politica (48 ), corrotti, al soldo di (40 ), narcisisti e affetti da protagonismo (30 ) e infine poco comprensibili, oscuri e allusivi (30 degli intervistati).

    Poi ci sono le varianti, che vanno dallo scarsamente preparato a poco affidabile e non simpatico . Per contro, fortunatamente, emerge dall’indagine un fenomeno confortante: i cittadini hanno una grande stima e considerazione per il giornalismo serio, dei giornalisti che sentono vicini per i quali, nell’83 per cento degli intervistati, nutrono stima e fiducia, considerandoli veritieri, incorruttibili, utili e perfino maestri di vita. Emerge, fortissima, la domanda d’un giornalismo serio, competente, avvocato della verità, appassionato e utile .

    Questo bisogno di verità e moralità è straordinario, denota la maturità dei lettori e l’esigenza di serietà che pervade, nonostante tutto, il nostro Paese. I dati amari sul tasso di credibilità della stampa nostrana passano perfino in secondo piano rispetto ai tanti giornalisti seri, preparati che svolgono quotidianamente con coscienza il loro non sempre facile lavoro. Alla Statale, ad ascoltare la relazione sulla stampa, c’erano non pochi giornalisti, ma il giorno dopo, l’indagine di straordinario interesse ha avuto scarsa rispondenza sulla stampa. Del resto, con tutto quello che c’è d’altro da dire, perché scriversi anche addosso…? (g.g.b.)

    Pubblicato sul numero di novembre 2008 de L’Alpino.