Allergia alla divisa

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    Non sono certo un sensitivo (anche perché non credo molto in questa scienza occulta); mi limito ad osservare e quindi trarre deduzioni, in base all’esperienza. Parlo naturalmente dalla mentalità “strisciante” riguardo ai militari, fino a paventare che tra non molto, noi che abbiamo prestato servizio di leva, semplicemente perché sussisteva al tempo un obbligo in tal senso, potremmo essere chiamati a pentirci pubblicamente di questa nostra azione. Dagli ultimi fatti di cronaca mi pare di capire che sussista una sorta di avversione nei confronti delle divise militari in genere. Dapprima tale signora Michela Murgia e quindi il Governatore della Regione Campania. Da sempre ritenevo che il timore e/o spavento che incute una divisa militare fosse appannaggio esclusivo di malfattori e compagnia. Escluderei i due soggetti menzionati da questa catalogazione, a meno che essi stessi nascondano una doppia vita. Quanto alla prima, conosco solo dalla cronaca che talvolta ha delle uscite inopportune, tradendo forse qualche conseguenza di un’infanzia difficile; il secondo “ama” farsi chiamare “sceriffo” per cui la sua è anche un caso di “confusione di personalità”. Certo comunque che, avendo entrambi una cerchia di ammiratori, il fenomeno di allergia alla divisa potrebbe anche espandersi, alla stregua dei cerchi che si formano in uno specchio d’acqua quando si scaglia un sasso. Speriamo di no.

    Raffaele Rocchini San Giovanni Bianco (Bergamo)

    Caro Raffaele, come dice un aforisma, il rumore molesto di certe affermazioni è l’unico inquinamento ecologico di cui nessuno parla.


    Caro don Bruno, devo confidarti che ti scrivo con animo non propriamente alpino tanto meno con animo sereno. Mi riferisco all’uscita di Michela Murgia (scrittrice), l’avrai già capito si tratta dell’argomento del generale Figliuolo che viaggia a detta della signora in divisa di soldato d’Italia. Potremmo stare ore a descrivere quanto hanno fatto fanno i nostri, donne e uomini, in divisa. Io non so se quanti via rete, giornali ed altro che non perdono occasione per prendere per i fondelli (un eufemismo) chi porta il cappello alpino o il basco o altro copricapo militare in occasioni di lavoro e per cerimonie, si rendono conto che stanno ottenendo l’effetto contrario. Li vediamo tutti gli ex “pericolo numero uno” i najoni che si sono fatti 18, 15, 12 mesi di vita militare e poi ora sono pronti per portare aiuto a tutti, soprattutto in questo difficilissimo momento, ostentando il loro pericolosissimo micidiale antidemocratico copricapo ottenendo solo i ringraziamenti di tutti. Viva sempre i nostri.

    Roberto Vuerich

    Pubblico la lettera di Roberto che interpreta il sentire di molti alpini, ai quali ho cercato di dare voce nel numero di maggio, dedicato proprio al nostro generale. Non mi stupisce che qualche scemo o scema dia il meglio della propria sostanza cerebrale. Quello mi fa inca…volare (non posso dire le parolacce!) è che questi allergici alle divise sono i primi, nei casi di emergenza, a pontificare e reclamare: dov’è lo Stato? Dove lo Stato sono i carabinieri, Forze dell’Ordine in generale, militari, alpini, Protezione Civile. Ma vadano a… farsi benedire (non posso dire le parolacce).