Dormienti… in servizio

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    Caro direttore, sono un Asc dell’epoca in cui il comando della Smalp era sotto il col. Ugo Corrado e il magg. Vincenzo Marchisio dirigeva la Scuola alla “Chiarle”. Ho sotto gli occhi l’analisi fatta da Crugnola sull’andamento degli iscritti alpini. È purtroppo una analisi, sotto certi aspetti, spietata e impietosa che presenta il logorio di un’Associazione nobile, meritoria, irripetibile. Uomini che hanno partecipato con impegno e dato alla Patria una parte del loro tempo di gioventù (lasciando a casa i propri impegni). Dopo la loro esperienza (ai più espressa dando il loro meglio) hanno scoperto che tale intermezzo di vita è stato un periodo positivo fatto di crescita, di maturazione fisica, di insegnamento disinteressato a non mollare, di coerenza, di responsabilità. Tutt’ora tra gli scritti e tra loro, quelli impegnati in volontariato, proseguono esprimendo valori di solidarietà partecipata. Ho però un sassolino nella scarpa poiché non riscontro tale impegno (nella maggior parte degli alpini che hanno scelto la professione di militare di carriera) ad iscriversi all’Ana o dare una mano alla stessa. Ancor meno trovo riscontro tra i molti ufficiali superiori e luogotenenti che sono stati al comando. Quanto menzionato è il pensiero di molti di noi.

    Maurizio Castelli Gruppo di Fossano, Sezione Cuneo

    Grazie Maurizio di questa bella provocazione. Nel numero scorso Sarah Sementilli, alpina in armi, ha risposto a questo preciso interrogativo, affermando che molto dipende dal clima familiare e dall’ambiente. Come si parla degli alpini? Del loro ruolo sociale? In secondo luogo non va sottovalutato il clima individualistico che si sta affermando nella cultura sociale. Ma aspettiamo smentite.