Addio, Cuor di Leone

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    Giovedì 23 ottobre a Udine, si è spento il generale di Corpo d’Armata Lorenzo Valditara. Era nato il 26 giugno 1921 a Novara. Figlio di un ferroviere era riuscito a entrare in Accademia nel 1939, lavorando per pagarsi il corredo. La sua forza di volontà, il suo carattere severo dapprima con se stesso, lo avevano portato ad essere il 1º del suo corso superando allievi con titoli nobiliari di tutto rispetto. Su queste basi, su una rigida correttezza e sulla lealtà che non conosce compromessi, si costruirà l’intera sua carriera, lunga una vita.

    Partì per la Russia come sottotenente del 2º reggimento Artiglieria Alpina, divisione Tridentina, gruppo Bergamo, 32ª batteria. Le battaglie, la ritirata e, ultimo atto, Nikolajewka. Promosso Tenente per merito di guerra si guadagnò una Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Vivrà, come molti commilitoni, la triste pagina della prigionia in Germania e rivedrà l’Italia solo nell’estate del 1945. A seguito di importanti incarichi, dal 1962 al 1966 fu Capo di Stato Maggiore della brigata Julia, poi dal 1966, per due anni, comandò il 2º reggimento artiglieria da montagna.

    Nel 1968 venne nominato Capo di Stato Maggiore delle Truppe Carnia Cadore e dal 1971 assunse il comando della brigata alpina Cadore. Promosso generale di Corpo d’Armata nel 1977, l’anno successivo fu nominato comandante del IV Corpo d’Armata Alpino. Nel 1981 venne designato a comandare l’Arma dei Carabinieri dopo l’epurazione delle alte cariche dello Stato, militari compresi, seguita allo scandalo P2. Suo figlio Marco, già vice presidente vicario dell’ANA, ci scrive: «Fu sicuramente un uomo rigido nel lavoro.

    Pretendeva molto ma prima di tutto da se stesso, non si risparmiava mai e rifiutava facili popolarità demagogiche. Ha amato gli alpini e i carabinieri con pari passione, risultandone ampiamente ricompensato da grandi soddisfazioni sia nei vari periodi di comando nelle Truppe alpine sia nell’Arma dei Carabinieri dove ha vissuto la fine della lotta al terrorismo politico e l’inizio della recrudescenza della mafia. Dalla Chiesa fu suo vice comandante. Alle esequie sono state moltissime le attestazioni di stima e di affetto: un’intera compagnia in armi su un plotone di artiglieri da montagna e uno di carabinieri hanno reso gli onori militari al feretro accanto a una folta presenza, dalle massime autorità ai singoli alpini e carabinieri che hanno fatto servizio con lui. Tutti mi hanno testimoniato sincera vicinanza.

    Il trombettiere della Julia e il “mio” coro sezionale di Palmanova hanno accompagnato la Messa. Era presente anche una numerosa rappresentanza della Croce Rossa, poiché, dopo il congedo, papà fu per diversi anni presidente del Comitato provinciale della CRI a Udine. L’eredità più importante per me è racchiusa negli insegnamenti che ha saputo trasmettermi con il suo esempio». L’Accademia, la guerra, la prigionia e gli alti comandi in tempo di pace, gli erano rimasti addosso. Tutti quanti, parimenti.

    Eppure leggendo le tante pagine a lui dedicate, i ricordi e le memorie di chi lo conobbe, irrompe l’essenza dello spirito alpino. E ancor più, quello dell’artigliere da montagna, spesso solo con le sue preoccupazioni, le sue amarezze. Ma che, in silenzio, continua caparbio la marcia per raggiungere, infine, la vetta. “Sempre e ovunque”. Il generale Lorenzo Valditara riposa ora accanto alla sua sposa, nella terra di Camporosso di Tarvisio a lui tanto cara.