10 giorni a ju Gran Sassu’

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    Sono le strofe iniziali di J’Abruzzu , canto alpino tradizionale dedicato all’Abruzzo, regione a reclutamento alpino e sede storica del battaglione alpini L’Aquila . Allora le montagne abruzzesi, come quelle alpine, ispiravano storie di imprese, di fatica, di uomini e reparti che affrontavano una natura aspra ma spettacolare. Con il passare degli anni si potrebbe credere che questo senso della sfida fra uomini e montagna si perda tra innovazioni tecnologiche e differenti scenari operativi; in realtà il rapporto tra l’alpino e la montagna è oggi lo stesso rapporto di amore odio che animava gli alpini del passato.

    Gli alpini del 9º reggimento ed, in particolare, le compagnie del battaglione L’Aquila hanno recentemente rinsaldato questo antico rapporto con le montagne, attraverso una impegnativa attività addestrativa sul massiccio del Gran Sasso. Accampati a Fonte Pietrattina, nel comune di Castel del Monte, i reparti hanno ripercorso i sentieri storici degli alpini d’Abruzzo, nello splendido scenario di Campo Imperatore. L’addestramento, svolto dal 18 al 28 luglio, ha visto impegnati circa 400 alpini del battaglione (tutti volontari), parte del Comando di reggimento ed una componente della Compagnia Comando e Supporto Logistico.

    L’attività si è articolata in una serie di ascensioni e marce di irradiamento condotte dall’accampamento e che le compagnie hanno effettuato giornalmente, a turno e su itinerari differenziati, per un totale complessivo di circa 100 km di sviluppo orizzontale. Monte Bolza (1.904 m.), Monte Camicia (2.564 m.), Monte Brancastello (2.385 m.) e Monte Prena (2.561 m.) sono stati gli appuntamenti più importanti che i reparti hanno portato a termine; ma, senza dubbio, il momento più significativo ed appagante è stato l’ascensione al mitico Corno Grande del Gran Sasso (2.912 m.), attraverso la via direttissima , sentiero alpinistico con passaggi di arrampicata di 3º grado. Erano, infatti, diversi anni che, a causa di altri e preminenti impegni operativi (da ultima l’operazione Enduring Freedom in Afghanistan), gli alpini del 9º non riuscivano a svolgere un’attività così intensa, incentrata sulle ascensioni alpinistiche e, quindi, sull’addestramento di specialità.

    Quelle montagne, così familiari agli alpini del 9º, sono spesso teatro di attività addestrative, comprese ascensioni giornaliere. Eppure tutte insieme, specie i più giovani, non le avevano mai viste. Dopo le prime marce di preparazione, le compagnie hanno iniziato ad avvicendarsi sul Corno Grande. Il sentiero parte dallo storico albergo di Campo Imperatore e si sviluppa, per un dislivello di quasi 900 metri, tra la Sella del Monte Aquila, la Sella di Corno Grande ed il Sassone, sul versante orientale del Corno Grande.

    La prima compagnia ad affrontare l’ascensione, alla presenza del comandante della brigata alpina Taurinense, brig. gen. Giuseppino Vaccino e del comandante di reggimento, col. Edmondo Panaioli, è stata la 108ª compagnia fucilieri che ha coperto il percorso in circa 5 ore, per poi ridiscendere dal versante settentrionale. I punti più impegnativi dell’ascensione sono stati sapientemente attrezzati dal plotone alpieri della Compagnia Comando e Supporto Logistico, permettendo, così, all’intero reparto in armi e completamente equipaggiato, di arrivare in vetta senza difficoltà.

    Negli occhi di ogni singolo alpino, al termine della fatica, si poteva leggere la soddisfazione e l’orgoglio di appartenere ad un glorioso reparto, capace di farsi o­nore ovunque ed in qualsiasi circostanza; una punta di commozione, inoltre, poteva essere scorta sul viso di ciascun militare alla lettura della Preghiera dell’Alpino, appuntamento immancabile di ogni ascensione. Dal canto suo, il Corno Grande riservava ai presenti uno spettacolo irripetibile. Insomma, gli alpini continuano la tradizione che li caratterizza da sempre, anzi incrementano e migliorano le capacità che, di volta in volta, devono essere acquisite per affrontare gli impegni operativi affidati dai nuovi scenari nazionali e internazionali. Anche in questo caso la montagna rappresenta una insostituibile palestra di vita .

    Concludo rispondendo alle osservazioni che arrivano a volte circa l’uso del cappello alpino; non è vero che è scomparso. Gli alpini sono, oggi più che mai, orgogliosi di poter indossare questo simbolo pieno di storia e di o­nore, indipendentemente dalla loro provenienza geografica. Eppure ciascuno di essi porta la penna nera con fierezza in ogni occasione che si presenti e se in alcune foto dell’Afghanistan non l’avete vista sui loro elmetti, ciò significava che quello specifico momento operativo suggeriva un equipaggiamento il più aderente possibile alla missione.