Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    QUANDO LA SOLIDARIETÀ È SBAGLIATA

    Partendo da una riflessione legata al nostro slogan sociale Il nostro fronte è la solidarietà , propongo ai lettori questa riflessione. Il dizionario della lingua italiana definisce la parola solidarietà come il sentirsi moralmente uniti con gli altri; solidale significa condividere la responsabilità altrui. Parola che esprime un notevole impegno morale e non solo; tante volte è anche un impegno economico. Eppure questa parola è molto usata e spesso abusata. Già, perché oggi guai a non essere tutti solidali con tutti: con le persone che soffrono, con le popolazioni del terzo mondo, con i popoli in guerra, con gli anziani, con le donne stuprate e con i bambini abbandonati. Questa solidarietà è manifestata in molte forme: in televisione, sui giornali, con dichiarazioni ufficiali, via SMS; si esprime solidarietà ai parenti delle vittime, alle vittime e agli aggressori, agli innocenti e ai colpevoli. C’è anche una solidarietà generalmente solo dichiarata ed economica, con cui ci si lava la coscienza. Mandiamo un contributo ai bisognosi e ci sentiamo appagati, puliti e generosi; magari era solo 1 euro inviato con SMS, sicuramente utile ma poco impegnativo. Altre volte la solidarietà è pura espressione verbale, una dichiarazione di vicinanza e sostegno morale: se talvolta le parole fanno male ci sono altre situazioni in cui possono aiutare a superare le difficoltà. Ovviamente, prima di esprimere il nostro conforto, dovremmo almeno condividere con il beneficiario i suoi sentimenti e la sua situazione. Penso che una persona teoricamente onesta non dovrebbe esprimere solidarietà ad un delinquente perché non può condividere le sue azioni. La legge italiana definisce l’uomo onesto e corretto come il buon padre di famiglia , colui che ha normali capacità per comprendere e rispettare le norme e si comporta nel modo migliore per tutelare la propria famiglia, la propria attività, rispettoso dei contratti e soprattutto del prossimo. Secondo il buon senso, un buon padre di famiglia, prima di esprimersi a favore o contro una persona, si informa; se ha dei dubbi, non si esprime. Eppure per i nostri politici, coloro che rappresentano l’Italia, manifestare ogni giorno solidarietà a favore di persone indagate, accusate, arrestate, che siano esse stesse politici oppure no, ha poca importanza. Se la solidarietà è condivisione morale, che cosa dobbiamo pensare della nostra classe politica?

    Gian Luigi Ravera presidente della sezione di Casale Monferrato

    GLI ALPINI?UN TESORO…

    Sono un amico degli alpini . E tanti alpini sono miei amici. Lavoro con loro, condividendo la passione per la storia, per le montagne dove hanno combattuto. A volte porto altre persone a percorrere gli alti sentieri della storia e cerco di trasmettere la passione per gli alpini che è qualcosa più di un Corpo dell’Esercito. Sono soldati che conservano e tramandano i valori propri della gente di montagna, volontà di lavorare, di sacrificio, di solidarietà per chi soffre, di aiuto a chi è in difficoltà. Ma anche rispetto per la natura, per la montagna, da affrontare sempre con preparazione e consci dei limiti umani. Essere amico degli alpini vuol dire anche tenere vivo il legame con la mia terra d’origine, ricordare da dove vengo, chi è la mia gente. Ho avuto parenti alpini e anch’io ho avuto la fortuna, se così si può dire, di fare la naja , di sapere cosa vuol dire guardie, ronde notturne, picchetti, marce. A volte entro in punta di piedi nei loro pensieri nascosti, so che in una grande famiglia si discute, si brontola, più spesso si costruisce, e poi si beve e si canta assieme. E, devo ammetterlo, mi spiace non poter sfilare alle adunate, soprattutto quando vedo tra loro majorette, bande musicali variopinte, figuranti che alpini lo sono di riflesso. Tra loro sarebbe invece bello veder sfilare una rappresentanza degli Amici degli alpini , essere invitati alla grande festa, proprio come si usa fra amici. Ma so anche che non sono un alpino, e non voglio usurpare nessun titolo, nessun cappello. Per ora vado fiero della camicia con lo stemma della mia sezione. Soprattutto so che chi ha trovato un amico ha trovato un tesoro. I miei tesori sono gli alpini.

    Paolo Volpato Roma

    I GIOVANI E IL FUTURO DELL’ A.N.A.

    In cento occasioni vengono ricordati i fatti storici ed emblematici che hanno visto gli alpini sempre in prima linea; si accenna (non sempre con tempestività) agli interventi volontari nei casi di calamità pubbliche; ci si commuove nell’onorare i Caduti, si tenta un po’ impropriamente di coinvolgere i giovani; si pubblicano libri e articoli, insomma si tenta di dar vita a tante iniziative per una più ampia visibilità. Che cosa muove dunque tutto questo susseguirsi di manifestazioni che, grazie anche alla presenza dei pochi reduci sopravvissuti, assumono l’occasione di momenti di intensa commozione e riescono a muovere migliaia di persone in segno di consenso?Gli ultimi Veci’ se ne stanno andando, col loro carico di anni e di ricordi ai quali si ispirano quasi tutte le manifestazioni che ancora assumono, tra le poche rimaste, un ruolo di indubbio valore. E domani?… Da qualche anno, anche come ex uomo di scuola, mi impegno in una serie di incontri con i giovani degli istituti superiori per coinvolgerli in un dialogo attivo, spiegando loro il vero senso della Storia, al di là dei libri di testo, possibilmente con la presenza di qualche reduce di guerra. Ma, con tutta onestà, devo ammettere che l’entusiasmo spesso si spegne assai presto, lasciando poche tracce durevoli nel tempo. Oggi la scala dei valori ha assunto pericolosi sconvolgimenti che non lasciano molto spazio alle speranze per una società più giusta, fondata sul fondamentale principio della caritas , condizione primaria per una vera pace tra i popoli. Quale sarà, dunque, l’avvenire della nostra bella Associazione (d’Arma, si insisteva un tempo) ma soprattutto di persone qualificate per lo spirito di sacrificio e di solidarietà, una volta che i responsabili di oggi non ci saranno più? Le celebrazioni e le varie manifestazioni sono importanti, ma rimangono delle componenti secondarie se non generano vincoli e forze nuove capaci di tenere viva quella fiamma che finora ci ha sempre guidati nel nostro non facile cammino. Non pretendiamo di salvare il mondo dai flagelli delle guerre, ma almeno di educare i giovani e spingerli a conoscere e seguire i modelli più sani e genuini che sono e devono rimanere l’essenza prima della nostra Alpinità. Agendo in questo modo potremo sperare nella continuità della nostra Associazione.

    Vito Mantia Schio (Vicenza)

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.