Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    C’era una volta la Cadore

    Permettetemi di raccontarvi una bella fiaba. C’era una volta a Belluno la fanfara della brigata alpina Cadore nella quale ho avuto l’onore di militare. Poi, ahimè, un giorno, per colpa dei cattivi, che nelle favole non mancano mai, l’esistenza della Cadore finì e ne restò solo il ricordo. Un giorno, tanti anni dopo, leggo un trafiletto su L’Alpino ricostituiamo la fanfara Cadore . Rispondo prontamente e, dopo essere stato contattato dai promotori, una domenica mattina mi ritrovo a Vicenza insieme ad una sessantina di miei compagni, per il nostro primo appuntamento. L’obiettivo è quello di partecipare all’Adunata di Aosta. Detto fatto, con determinazione tipicamente alpina, qualche mese dopo, emozionantissimi ed entusiasti ci ritroviamo in questa splendida città a sfilare e a fare concerti esattamente come a naia. Quella che è cominciata come una fiaba si sta trasformando in un sogno e, pian piano in realtà. Dopo Aosta è la volta di Trieste, poi Belluno per la 2ª festa della Cadore. Infine Parma! Siamo stati ospitati nella cittadina di Varano De’ Melegari, dove abbiamo tenuto un concerto il sabato sera insieme al rinato coro della Cadore. E poi l’Adunata vera e propria della domenica: abbiamo sfilato come sempre orgogliosi del nome Cadore che sta scritto sullo striscione che precede, ma soprattutto che sta scritto nel nostro cuore; è stato un degno coronamento di questa fiaba che continua. Con il cuore quindi a Parma e con la mente proiettati già ad Asiago per il prossimo anno dove potremo ancora dire C’era una volta .

    Alfredo Conti Borgosesia (VC)

    Quel concetto di Patria

    Di recente ho consegnato con piacere al generale Magnani, figlio della M.O. generale Franco, un libro intitolato Uomini in uniforme Quattro secoli di storia e di tradizioni dell’Esercito italiano , un omaggio che contribuisce a mantenere vivi i legami della grande famiglia dell’Esercito. L’Esercito è una delle due istituzioni più antiche fondate dall’uomo; l’altra è quella del culto della Fede. Chi ha scelto questa missione con convinzione sempre a similitudine della religione è orgoglioso di appartenervi. Nel mio caso sono orgoglioso di indossare la divisa e ancor più di portare il cappello alpino. A differenza del padre del generale Magnani questo copricapo non è stato indossato da mio padre, che pure ha partecipato al secondo conflitto mondiale; entrambi hanno svolto il loro dovere su fronti diversi, quello terribile russo per l’uno, quello meno inclemente del Nord Africa, climaticamente parlando, per mio padre. Tutti e due sono rientrati vivi e con o­nore: mio papà decorato con un metallo meno pregiato del generale, ma pur sempre con una decorazione di guerra. In ogni caso entrambi hanno contribuito, assieme alle rispettive generazioni, a fare la recente storia dell’Italia. Oggi siamo in un mondo globalizzato e la parola Patria può sembrare più sfumata e, per qualche malpensante, anacronistica. Ma l’Italia è sempre la millenaria culla di civiltà che noi militari, in servizio e non, continuiamo a servire secondo le nostre possibilità e capacità. Ten. col. a. mon.

    Cesare Malandra Ascoli Piceno