Un uomo maiuscolo

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    Caro Bruno, leggendo la lettera “Capitano quaquaraqua” su L’Alpino di novembre, mi sono sentito in dovere di scrivere quello che è successo a me. Alpino del 1°/69, btg. Saluzzo, 4ª Compagnia, caserma Fiore, borgo San Dalmazzo (da Bra e da Torino).

    Ero un semi-imboscato, cuciniere, anche se ero centralinista. Ero a piantonare la caserma abbandonata di Sambuco. Essendo in due, uno faceva la fuga al sabato e l’altro la domenica. Fuggo al sabato mattina (allora si riusciva a fare l’autostop, anche se vietato). Come arrivo nella mia Varazze, arriva una telefonata a mia madre: “rientri subito in caserma”. Mi avevano cercato perché mancava un cuoco. Come rientro al pomeriggio, vengo rinchiuso in gattabuia e dopo qualche minuto arriva il capitano Bosonetto, mi guarda negli occhi (portavo gli occhiali) e mi dice “Mantero, potevi dirlo che eri andato a casa per una visita oculistica”. Mi vengono le lacrime a scrivere queste righe, penso di essere stato chiaro.

    Luciano Mantero – Savona

    Caro Luciano, la tua fortuna è stata di trovare un capitano intelligente. Anzi, un uomo maiuscolo. Del resto la storia alpina è piena di queste figure, e le eccezioni non sono che la conferma.