Un'impennata di orgoglio

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    Il generale Giardino, dall’alto del massiccio piedestallo eretto davanti la porta delle Grazie a Bassano, guarda con pacata severità verso Col della Beretta, Col Moschin e il monte Asolone dove nelle ultime settimane del 1917 s’infransero le speranze dell’Austria di chiudere la partita con l’Italia. Mancò un soffio , titolò un bel libro di memorie lo scrittore combattente Karl Schneller, riferendosi alla Strafexpedition sull’Altipiano, e Fritz Weber, nonostante la rotta di Caporetto e una testa di ponte già oltre il Piave, dovette riconoscere che, nella resistenza sul Grappa alla fine del ’17, si compì l’ultima tappa della disfatta dell’impero austro ungarico. La IV Armata aveva compiuto il miracolo.

    Sono passati novant’anni da quegli eventi e gli alpini tornano sui luoghi della memoria per deporre una corona di alloro sul Sacrario di Cima Grappa, ai piedi della Madonnina. Bassano è in attesa dei suoi alpini. Non sono tante le città che, oltre ad avere una tradizione radicata nel mito delle penne nere, perché qui un uomo per essere completo deve aver portato il cappello alpino, sentono forte l’eredità della presenza, per un secolo, nelle caserme e in particolare nella scuola allievi ufficiali di complemento, della migliore gioventù.

    E non sono tante le città che, dal 24 maggio del 1915 al 4 novembre 1918, sono state centro strategico delle operazioni militari più importanti della Grande Guerra, dal Piave, al Grappa, all’Altipiano dei Sette Comuni, al Pasubio. Non è quindi casuale che proprio in questa terra siano nate canzoni che fanno parte della tradizione alpina, e non solo: La Valsugana, Sul ponte di Bassano, Monte Grappa tu sei la mia patria, La Leggenda del Piave.

    Gli alpini, a sessant’anni dalla prima adunata del dopoguerra e dalla ricostruzione del Ponte, tornano a sfilare per le vie della città e in questo modo l’ANA intende dare inizio ad una serie di celebrazioni per il 90º di Vittorio Veneto. Nell’arco dell’anno, partendo dal Grappa e passando per l’Ortigara, le Tofane, l’Adamello, il Pasubio, si arriverà a concludere le celebrazioni a Trento, il 3 novembre.

    Un impegno che la nostra Associazione ritiene doveroso nei confronti dei seicentomila caduti italiani, immolatisi nel corso di un conflitto che ha cambiato la storia e le sorti dell’Italia e dell’Europa. Per alcuni giorni la città tornerà ad essere degli alpini. Cori e fanfare senza stop, incontri tra vecchi commilitoni, simpatia della gente daranno un’immagine del nostro tempo diversa da quella che ci viene dai mezzi d’informazione, fossilizzata sugli scandali, sui crimini o sulle tristezze della politica. C’è ancora tanta voglia di vivere.

    L’Italia semplice, che crede nell’uomo senza considerarlo per i soldi che ha in tasca, che sente l’amicizia nel modo autentico, che tiene conto della sacralità della patria, che ha passione per la montagna, si ritrova, la domenica mattina, a formare i blocchi di sfilamento. E per ore ed ore, col sole o con la pioggia, è felice di percorrere i viali imbandierati e respirare un’aria diversa dalla mortificante quotidianità cui sembriamo essere condannati.

    È un’impennata di orgoglio, un tuffo nella parte migliore della nostra storia, nazionale e personale, un’iniezione di fiducia, a dispetto di chi ci vuole stanchi e depressi. Non risolveremo nessuno dei problemi che angustiano politici, operatori finanziari, sociologi e via dicendo, ma sarà una ventata di ottimismo, di scanzonata e coinvolgente allegria. E riempiremo di bandiere le province di Vicenza, Padova, Treviso, Belluno, ritrovando, almeno per alcuni giorni, una fraternità che va dal Brennero alla Sicilia. Come ce l’hanno insegnata i sacrifici dei nostri veci .

    Vittorio Brunello