Un’economia tutta tecnologia e qualità

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    Piacenza, che si appresta a ricevere nel 2013 l’86ª Adunata nazionale degli alpini, è una città fortemente ancorata alla tradizione, ma con lo sguardo rivolto al futuro. Abbiamo già passato in rassegna la sua carta d’identità. Vediamo ora più da vicino la componente economica. In sintesi è una comunità con una forte tradizione agricola. Una tradizione che viene da lontano, ancora nei decenni scorsi il lavoro dei campi assorbiva la maggior parte della forza attiva. Nel 1951 in agricoltura opera il 49,2% degli addetti a livello provinciale contro il 25,9% dell’industria, l’11,2 del commercio e servizi vari, il 3 dei trasporti e comunicazioni e il 9,90 della pubblica amministrazione. Non solo.

    Cambiamenti forti ci sono stati anche nella dimensione delle aziende: a metà del secolo scorso le grandi fattorie, con salariati, erano presenti soprattutto in pianura, mentre, nelle altre zone (collina e montagna), importante era il ruolo della piccola e media proprietà a conduzione diretta. La meccanizzazione ha privilegiato scelte sempre più favorevoli alla grande dimensione aziendale con conseguenze non solo economiche, ma anche sociali: spostamento di un elevato numero di addetti verso altri settori con il trasferimento anche fisico dei centri direzionali delle aziende agricole verso i centri cittadini.

    Accanto alla meccanizzazione, il potenziamento delle infrastrutture: sono state costruite grandi dighe ed impianti di sollevamento d’acqua da torrenti e dal Po. Importanti anche i cambiamenti culturali: il settore agricolo, pur non abbandonando una sua tradizione trasmessa di generazione in generazione, si è aperto, soprattutto per merito di forze giovani, alle influenze della ricerca scientifica che a Piacenza è stata presente dai primi anni Cinquanta del secolo scorso con la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica a cui vanno aggiunte specifiche scuole medie superiori: istituti agrari e professionali. Tutto questo va visto anche nei rapporti con l’andamento del mercato tendente sempre più a privilegiare la qualità sulla quantità.

    Il problema della ricerca merita un riferimento particolare; nei primi anni Cinquanta padre Gemelli, il fondatore dell’Università Cattolica, volle realizzare, nel cuore della pianura padana, a Piacenza, una Facoltà di Agraria.

    Quando il religioso pensò a questa nuova struttura scientifica e didattica aveva il pensiero rivolto alle popolazioni povere del Terzo Mondo: la nuova Facoltà avrebbe potuto dare un aiuto consistente sia fornendo nuove indicazioni operative sia formando tecnici di questi Paesi. E, per la verità, Piacenza ha ospitato per diversi anni studenti africani e la ricerca è andata oltre i confini italiani, anche come scelte dei temi da approfondire. Questo, indirettamente, ha finito per agevolare anche l’agricoltura piacentina che aveva già una tradizione propria di aggiornamento. Nella seconda metà dell’Ottocento, con il Comizio agricolo e con i sindacati per l’acquisto di concimi chimici, era stato avviato un rinnovamento produttivo che ebbe ben presto risultati positivi.

    Dalla fine del secolo XIX fino agli anni Trenta del secolo scorso, quando sono subentrati gli Ispettorati agrari, Piacenza ha visto attiva una forte Cattedra ambulante di agricoltura che ha aiutato gli agricoltori ad adottare nuove tecniche sia nell’allevamento degli animali, sia nell’adozione di nuove colture industriali come il pomodoro e la barbabietola da zucchero. Non è stato solo un fatto tecnico legato alla produzione: le nuove scelte hanno contribuito a cambiare anche la mentalità degli operatori agricoli tanto che con il tempo si è sviluppata la vocazione alla collaborazione. Non è un caso se a fine Ottocento nasce a Piacenza la Federazione dei consorzi agrari (più nota come Federconsorzi) che per anni operò con profitto a livello nazionale.

    Un’agricoltura attenta alle innovazioni delle nuove varietà, ma anche con un piede nel settore dell’industria della trasformazione. Per quanto riguarda la ricerca scientifica della Facoltà d’Agraria difficile poter dare la precedenza a qualche settore in quanto si tratta di un impegno corale. Si può citare, come esempio, l’Istituto di microbiologia, che opera a livello mondiale con altri istituti di ricerca europei ed americani. Non va scordata, parlando di economia, la superfacoltà nata recentemente con l’unione di Giurisprudenza e di Economia e Commercio. Non si tratta solo di un’ottimizzazione dei costi ma soprattutto della volontà di venire incontro ai problemi posti oggi dal settore economico che sempre più chiama in causa anche componenti sociali ed etiche.

    La crisi che stiamo attraversando oggi in Europa e in tutto il mondo – si osserva all’Università di Piacenza – non ha le sue radici nell’impresa, ma in una concezione economica che spesso sottovaluta i valori etici collegati all’uomo. Da qui la scelta di avviare una Facoltà economicogiuridica che formi tecnici con la capacità di vedere nel fatto produttivo sia la componente tecnica sia quella morale. Sempre l’innovazione ha comportato uno stretto rapporto con un altro settore dell’industria, quella meccanica per la costruzione di macchine operatrici. Oggi l’agricoltura si rivolge, per avere queste attrezzature, ad un mercato nazionale e internazionale, ma un secolo fa, quando la macchina nel lavoro dei campi muoveva i suoi primi passi, qui sorsero le prime industrie per la costruzione di trattori (i famosi “testa calda”) e di macchine operatrici, sia per lavorare i terreni sia per trebbiare il frumento ed altri prodotti simili (dal granoturco ad alcuni legumi).

    La meccanica nel Piacentino non è solo affiancata all’agricoltura: negli anni alcuni settori sono diventati autonomi come quello che si è affidato totalmente ai contributi provenienti dall’elettronica e dall’informatica. Sono nate alcune fabbriche che si sono fatte un nome nella costruzione di macchine operatrici per la costruzione di pezzi d’alta precisione come parti di aerei: ovviamente sono industrie che, dopo essersi mosse a livello locale in modo pionieristico, si sono poi fatalmente ampliate verso orizzonti più vasti. È un settore che ha unito capacità manageriali d’avanguardia a doti tecniche innovative riuscendo, nel tempo, a creare una sorta di scuola professionale che ha permesso a questi centri produttivi di impostare un solido programma di autoaggiornamento.

    Abbiamo prima accennato che spesso i committenti si trovano nell’industria aerea, ma sono rappresentati anche altri settori, tutti caratterizzati dalla necessità di aggiornare le proprie tecniche di produzione. Macchine che producono altre macchine e ricerca per migliorare i prodotti dei campi per un mercato sempre più attento alla qualità: queste le due facce di una stessa medaglia, l’economia piacentina. In mezzo a questi estremi un artigianato molto vario e un ampio settore commerciale che garantisce i collegamenti tra la realtà interna e quella esterna.

    Fausto Fiorentini