Un brivido, passa la Bandiera del 7 Alpini

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    La bandiera di guerra del 7º Reggimento Alpini, scortata dalla fanfara della Julia e da due compagnie, ha percorso, la sera di venerdì 9 maggio, le vie della città di Bassano in apertura delle tre giornate dedicate all’81ª adunata nazionale dell’ANA. L’accoglienza è stata a dir poco fantastica.

    Lungo il percorso che si snoda da Viale delle Fosse, dominato dall’imponente statua del gen. Giardino, comandante della IV Armata sua la celebre scritta sul Sacrario del monte dove riposa con i soldati: GLORIA A VOI SOLDATI DEL GRAPPA per passare davanti al Tempio Ossario, attraversare il Ponte della Vittoria e imboccare il Ponte Vecchio, c’erano due ali di folla assiepata dietro alle transenne ad applaudire, come capita solo in occasione di un grande evento.

    I giovani in uniforme riescono sempre ad entusiasmare anche i più tiepidi, per quell’aria marziale e allo stesso tempo spavalda che li contraddistingue, espressione della parte migliore della vita di un uomo. Il Labaro, scortato dal presidente Corrado Perona, dal comandante delle Truppe alpine gen. D. Bruno Petti, dal Consiglio Direttivo Nazionale al completo, da numerosi ufficiali in servizio guidati dal gen. Paolo Serra, comandante della Julia, era seguito dal gonfalone della città di Bassano, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, con il sindaco Gianpaolo Bizzotto, da tutti i gonfaloni dei Comuni del bassanese e dalle insegne delle associazioni combattentistiche.

    Inquadrati, sfilavano i vessilli delle sezioni ANA e una marea di gagliardetti. La grande famiglia alpina ritrovava la sua città pronta ad accoglierla con la passione che un secolo di storia intensa, a volte tragica, ha seminato in ogni angolo, piazza, vicolo. La gioventù dei grandi sogni tragicamente tramontati nella prima metà del secolo scorso e quella del dopoguerra, degli anni della ricostruzione, del boom economico e del declino degli ideali su cui aveva camminato tanta gioventù, che nelle caserme della città aveva prestato il servizio di leva, si ritrovavano a distanza di decenni, a volte di oltre mezzo secolo, per dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che l’attaccamento alla bandiera e il bisogno di ricordare, non sono stati spazzati via da un deleterio costume politico e mediatico.

    Al contrario. La società reale, quella che lavora, produce e non ha spazio nei dibattiti che pretendono di monopolizzare il pensiero degli italiani, era lì, commossa e partecipe, come nei momenti più significativi della vita della città, a identificarsi con gli alpini e la loro bandiera. Quando le prime ombre della sera cominciarono a scendere dall’Altipiano, sul Ponte degli Alpini, ricostruito sessant’anni fa sulle macerie del secondo conflitto e dal quale la nostra Associazione ha ricominciato il suo cammino per scrivere pagine straordinarie d’italianità e di alpinità, si è sentito risuonare, come se il tempo potesse scorrere a ritroso, il passo cadenzato di alpini nella pienezza dei loro vent’anni e di altri fieramente ringiovaniti dai ricordi; un’emozione indescrivibile ha preso il sopravvento su tutti i pensieri e si è ritrovato l’orgoglio di essere italiani.

    Se qualcuno pensa che si tratti di persone inguaribilmente malate di nostalgie retoriche sbaglia di grosso. Solo chi ha avuto il privilegio di trovarsi in piazza Libertà con i reparti, i labari, i gonfaloni, i vessilli e i gagliardetti schierati, la folla plaudente, a stento contenuta oltre le transenne, ha sentito quanto vivi siano l’affetto e la simpatia per le penne nere e quanto grande sia il bisogno di sentirsi comunità stretta attorno alla propria storia, agli uomini che l’hanno scritta e a quelli che dimostrano concretamente di saperla ancora scrivere.

    Nel lasciare malinconicamente la piazza per accompagnare la bandiera del 7º, il Labaro e il gonfalone della città nell’austera sala del consiglio comunale, non erano pochi quelli che si chiedevano se e quando la città del Grappa avrà modo di vivere ancora momenti così esaltanti. (v.b.)