Una delegazione A.N.A. guidata dal presidente nazionale Giuseppe Parazzini, dal
suo vice Fabio Pasini, dai membri del CDN Giancarlo Zelli, Giovanni Franza e
Vittorio Brunello ha reso visita alle sezioni di Argentina, Uruguay e Cile
dall’8 al 16 aprile. Erano presenti inoltre 120 alpini, con famigliari, 14
vessilli e una ventina di gagliardetti. Grande entusiasmo e commozione da parte
delle sezioni del Sud America, che stanno attraversando un momento difficile.
Il sole non aveva ancora sfiorato l’orizzonte con un filo di luce quando l’aereo
partito da Roma quindici ore prima ha cominciato a sorvolare la periferia di
Buenos Aires. Lo spettacolo che si è aperto agli occhi dei pochi privilegiati
che dagli oblò potevano osservare la capitale argentina lasciava col fiato
sospeso. Una distesa di luci disegnava figure geometriche all’infinito: dopo
tanto buio si provava la sensazione di trovarsi di fronte a un miraggio. Più di
dieci milioni di persone, un terzo della popolazione di quel paese, erano lì
sotto, su quel lembo di terra che si affaccia sul golfo di Rio de la Plata. Nel
caos ordinato di tutti gli aeroporti, centoventi alpini, mogli ed amici
compresi, vagavano tra un controllo reso complicato dalle aste dei vessilli e la
ricerca ansiosa di una valigia riottosa a comparire sul nastro trasportatore.
Col cappello in testa evidenziavano una presenza atipica di italiani: nessuno
aveva affari da concludere, pochi avevano amici o parenti da salutare, tutti
desiderosi d’incontrare i loro commilitoni che ormai da oltre mezzo secolo
avevano lasciato il nostro loro Paese nella speranza di trovare un lavoro e un
po’ di fortuna. La difficile situazione economica dell’Argentina non ha
semplificato la vita a chi aveva già pagato un alto prezzo partendo con i sogni
dentro la valigia. Un segno di solidarietà nei loro confronti ci sembrava
doveroso. Il presidente dell’A.N.A. Beppe Parazzini, con il vice Fabio Pasini,
Giancarlo Zelli, Giovanni Franza e chi scrive (per la circostanza il vostro
cronista), guidava la delegazione con un calendario di appuntamenti così fitto
da intrigare anche la cronaca più stringata. Breve giro per Buenos Aires con
soste a la Boca, mitico quartiere dalle case coloratissime e il folklore
imperante nel segno di Maradona e del tango, martellante, ossessivo lungo via
Caminito, a plaza de Mayo dove le mamme coraggio reclamarono e reclamano ogni
giovedì con la forza della disperazione il diritto di conoscere la sorte dei
loro figli desaparecidos, alla Casa Rosada sede del governo, al monumento
sepolcrale di San Martin, con i soldati di guardia, impettiti nelle loro vivaci
uniformi, e al mercato delle pulci di Sant’Elmo, dove si riscoprono curiosità
perse dalla memoria. Nel pomeriggio, alla periferia di Buenos Aires, dopo aver
percorso quasi una ventina di chilometri passando dai grattacieli, alle ville
lussuose, alle vivaci e fatiscenti favelas, nel quartiere San Martin, il primo
incontro con il capogruppo Casagrande e i suoi alpini. Grande commozione tra gli
anziani e le loro consorti, riconoscenti verso l’Italia che con la pensione
minima toglie i fortunati che la percepiscono da una condizione di
sopravvivenza. Qualcuno maledice Colombo, ma nel complesso incontriamo persone
serene, curiose di sapere tutto quello che succede in Italia. Giusto il tempo di
assaggiare il vino argentino e gli insaccati di tradizione friulana per
riprendere il viaggio verso una casa di riposo dove c’è un bel monumento in
bronzo raffigurante un busto di alpino. Immerso nel verde non evidenzia la buona
fattura dell’opera, ma è uno dei più significativi visti in Sud America. Rapido
trasferimento alla Casa del Combattente e Reduce, un grande edificio risalente
alla fine dell’Ottocento, dotata di teatro e ampie sale di rappresentanza in
stile antico: custodisce un sacrario dominato da un enorme blocco di roccia
proveniente dal Grappa (dono dello Stato italiano) e sormontato da una
mitragliatrice FIAT, un elmetto e un copia della Madonnina di papa Sarto (Pio
X). Accoglienza signorile da parte del presidente del Corpo Volontari della
Libertà, Montezemolo e del presidente dell’Associazione Mutualidad Italiana Ex
Combatientes, Turtora, che ci accompagnano nella visita dell’importante
struttura sorta nel 1879 per volontà di alcuni garibaldini e completata nel
1926. Breve e toccante cerimonia davanti ai nomi di 461 Caduti, con deposizione
di una corona, minuto di silenzio, inno nazionale. Presenti quattordici vessilli
e una ventina di gagliardetti a rappresentare tutto l’arco alpino con leggera
prevalenza della parte piemontese. Le donne, escluse dalla cerimonia per la
ristrettezza dei locali, se la sono legata al dito, autoescludendosi da altre
cerimonie successive. Sabato ore dodici: gran galà al circolo dei Trevisani con
il presidente Visentin e le sue impareggiabili cuoche a sovrintendere alla
cucina rigorosamente veneta. Nella bella sala dominata dal leone di San Marco
più di quattrocento commensali festeggiano gli alpini venuti dall’Italia con gli
inni nazionali argentino e italiano, oltre alle canzoni tradizionali di tutte le
regioni d’Italia. Applauditi protagonisti i cori di Buenos Aires e de la Plata.
Grande festa, con il presidente della sezione Argentina, Carretti, a fare da
anfitrione, coadiuvato dall’onnipresente e infaticabile Tuzzi. Presenza
apprezzata e simpatica di mons. Luigi Mecchia già ordinario militare delle Forze
Armate argentine, discorso trascinante di Beppe Parazzini, scambio infinito di
doni da parte delle sezioni e dei gruppi presenti. Abbracci e lacrime con i
paesani incontrati, che dopo una vita non riescono ancora a liberarsi
dell’ingombrante ricordo del paesello natio, della loro casa, di un amico di cui
non sanno più niente. Toccante l’incontro tra due ex del Fenestrelle, Anselmo
Pittella classe 1911, il più vecchio alpino d’Argentina e Franco Martignoni
classe 1917; campagne d’Africa, Albania e Grecia. Per qualche ora siamo in
Italia e ci sentiamo dell’itabene tutti, dimentichi delle angustie della
quotidianità. Domenica di Pasqua. Il gruppo del presidente nazionale prende la
via di Montevideo dove il presidente sezionale Luigi Facchin riceve gli ospiti
presso la sede dei Combattenti e Reduci, anche questa fondata dai garibaldini.
Coadiuva all’organizzazione dell’incontro l’attivissimo segretario Piergiorgio
Boschiero. Pranzo con presenze dell’on. Ruben H. Diaz Burci, del presidente
dell’Associazione Combattenti Giovanni Costanzelli e deposizione di una corona
al monumento ai Caduti presso l’ospedale italiano Umberto Iº. Alla bella e
commovente cerimonia partecipano combattenti di tutte le armi, il console e
l’ambasciatore italiani. Nella città vicina di Piriapolis altra cerimonia
davanti alla statua della Madonna degli Alpini, eretta nel 1972, presente
Merlini per l’ANA. Una marmetta ricorda il presidente Testoni la cui figlia
Adriana dirige attualmente la scuola italiana a Montevideo. Contemporaneamente
il gruppo si sparge tra le pampas, le vie Florida, Palermo, teatro cittadino in
attesa di partire, il giorno dopo, in ore antelucane, per Rosario. Questa città,
la più italiana dell’italianissima Argentina, lambita dalle acque del Paranà
vanta, oltre ad un magnifico ed imponente museo delle bandiere, una scuola
gestita dalla Dante Alighieri con 2.200 allievi, l’80 di origine peninsulare, e
corsi magistrali per la formazione di docenti per l’insegnamento della nostra
lingua. La struttura, molto dignitosa e funzionale, ci viene mostrata con
orgoglio dall’ing. Amedeo Lombardi che, a titolo gratuito, svolge le mansioni di
segretario. Nell’ampio atrio ci sono due statue: quella di Diaz e dell’Alpino.
Lì abbiamo cantato l’inno nazionale e deposto un mazzo di fiori, un po’
rammaricati che l’I
talia non abbia abbastanza a cuore la diffusione della nostra
civiltà. Grande serata con gli alpini del capogruppo Glerean, un dinamico
ottantenne che sa animare i suoi soci con il cuore in Italia e la testa in
Argentina. Da Rosario il gruppo si è diviso: chi è andato a nord verso le
cascate di Iguazù, chi a sud fino alla Patagonia, non trascurando di passare a
salutare gli alpini di Mar del Plata. Ultima tappa a Santiago dove l’artigliere
Giuseppe Degli Esposti, schietto e spiritoso presidente della sezione Cile,
accoglie la delegazione con calore ed entusiasmo. Visita alla Scuola Militare
alpina guidati dal col. Jimenez, 3º reggimento Yungay Refonzado e dal gen.
della riserva, Alejandro Espinosa. Qui all’ Escuela de Montaña si respira aria
buona. La leva di dodici mesi è obbligatoria e i muli sono ancora utilizzati per
affrontare le lunghe marce sulle Ande. Ingredienti apprezzati. Grande cordialità
da parte del comandante col. Zanelli, scambio di omaggi, perfetta l’intesa tra
andini e alpini. La sera, all’Umanitaria, un’associazione sorta all’inizio del
secolo scorso, incontro conviviale con i pochi alpini cileni che ancora tengono
alta la bandiera dell’italianità e dell’alpinità. Si portano sulle spalle tanti
anni di naja e di duro lavoro e avvertono che dopo di loro ci saranno solo
ricordi e forse neanche quelli. Vorrebbero lasciare in eredità l’amore per il
paese che hanno lasciato da tanti decenni ma che sentono sempre vivo nei loro
pensieri e nei loro affetti. Non ci si può sottrarre al senso di malinconia nel
constatare che stiamo perdendo un presidio prezioso dei nostri valori in quelle
terre lontane. L’A.N.A. può ancora fare qualcosa?
Forse si.
partito da Roma quindici ore prima ha cominciato a sorvolare la periferia di
Buenos Aires. Lo spettacolo che si è aperto agli occhi dei pochi privilegiati
che dagli oblò potevano osservare la capitale argentina lasciava col fiato
sospeso. Una distesa di luci disegnava figure geometriche all’infinito: dopo
tanto buio si provava la sensazione di trovarsi di fronte a un miraggio. Più di
dieci milioni di persone, un terzo della popolazione di quel paese, erano lì
sotto, su quel lembo di terra che si affaccia sul golfo di Rio de la Plata. Nel
caos ordinato di tutti gli aeroporti, centoventi alpini, mogli ed amici
compresi, vagavano tra un controllo reso complicato dalle aste dei vessilli e la
ricerca ansiosa di una valigia riottosa a comparire sul nastro trasportatore.
Col cappello in testa evidenziavano una presenza atipica di italiani: nessuno
aveva affari da concludere, pochi avevano amici o parenti da salutare, tutti
desiderosi d’incontrare i loro commilitoni che ormai da oltre mezzo secolo
avevano lasciato il nostro loro Paese nella speranza di trovare un lavoro e un
po’ di fortuna. La difficile situazione economica dell’Argentina non ha
semplificato la vita a chi aveva già pagato un alto prezzo partendo con i sogni
dentro la valigia. Un segno di solidarietà nei loro confronti ci sembrava
doveroso. Il presidente dell’A.N.A. Beppe Parazzini, con il vice Fabio Pasini,
Giancarlo Zelli, Giovanni Franza e chi scrive (per la circostanza il vostro
cronista), guidava la delegazione con un calendario di appuntamenti così fitto
da intrigare anche la cronaca più stringata. Breve giro per Buenos Aires con
soste a la Boca, mitico quartiere dalle case coloratissime e il folklore
imperante nel segno di Maradona e del tango, martellante, ossessivo lungo via
Caminito, a plaza de Mayo dove le mamme coraggio reclamarono e reclamano ogni
giovedì con la forza della disperazione il diritto di conoscere la sorte dei
loro figli desaparecidos, alla Casa Rosada sede del governo, al monumento
sepolcrale di San Martin, con i soldati di guardia, impettiti nelle loro vivaci
uniformi, e al mercato delle pulci di Sant’Elmo, dove si riscoprono curiosità
perse dalla memoria. Nel pomeriggio, alla periferia di Buenos Aires, dopo aver
percorso quasi una ventina di chilometri passando dai grattacieli, alle ville
lussuose, alle vivaci e fatiscenti favelas, nel quartiere San Martin, il primo
incontro con il capogruppo Casagrande e i suoi alpini. Grande commozione tra gli
anziani e le loro consorti, riconoscenti verso l’Italia che con la pensione
minima toglie i fortunati che la percepiscono da una condizione di
sopravvivenza. Qualcuno maledice Colombo, ma nel complesso incontriamo persone
serene, curiose di sapere tutto quello che succede in Italia. Giusto il tempo di
assaggiare il vino argentino e gli insaccati di tradizione friulana per
riprendere il viaggio verso una casa di riposo dove c’è un bel monumento in
bronzo raffigurante un busto di alpino. Immerso nel verde non evidenzia la buona
fattura dell’opera, ma è uno dei più significativi visti in Sud America. Rapido
trasferimento alla Casa del Combattente e Reduce, un grande edificio risalente
alla fine dell’Ottocento, dotata di teatro e ampie sale di rappresentanza in
stile antico: custodisce un sacrario dominato da un enorme blocco di roccia
proveniente dal Grappa (dono dello Stato italiano) e sormontato da una
mitragliatrice FIAT, un elmetto e un copia della Madonnina di papa Sarto (Pio
X). Accoglienza signorile da parte del presidente del Corpo Volontari della
Libertà, Montezemolo e del presidente dell’Associazione Mutualidad Italiana Ex
Combatientes, Turtora, che ci accompagnano nella visita dell’importante
struttura sorta nel 1879 per volontà di alcuni garibaldini e completata nel
1926. Breve e toccante cerimonia davanti ai nomi di 461 Caduti, con deposizione
di una corona, minuto di silenzio, inno nazionale. Presenti quattordici vessilli
e una ventina di gagliardetti a rappresentare tutto l’arco alpino con leggera
prevalenza della parte piemontese. Le donne, escluse dalla cerimonia per la
ristrettezza dei locali, se la sono legata al dito, autoescludendosi da altre
cerimonie successive. Sabato ore dodici: gran galà al circolo dei Trevisani con
il presidente Visentin e le sue impareggiabili cuoche a sovrintendere alla
cucina rigorosamente veneta. Nella bella sala dominata dal leone di San Marco
più di quattrocento commensali festeggiano gli alpini venuti dall’Italia con gli
inni nazionali argentino e italiano, oltre alle canzoni tradizionali di tutte le
regioni d’Italia. Applauditi protagonisti i cori di Buenos Aires e de la Plata.
Grande festa, con il presidente della sezione Argentina, Carretti, a fare da
anfitrione, coadiuvato dall’onnipresente e infaticabile Tuzzi. Presenza
apprezzata e simpatica di mons. Luigi Mecchia già ordinario militare delle Forze
Armate argentine, discorso trascinante di Beppe Parazzini, scambio infinito di
doni da parte delle sezioni e dei gruppi presenti. Abbracci e lacrime con i
paesani incontrati, che dopo una vita non riescono ancora a liberarsi
dell’ingombrante ricordo del paesello natio, della loro casa, di un amico di cui
non sanno più niente. Toccante l’incontro tra due ex del Fenestrelle, Anselmo
Pittella classe 1911, il più vecchio alpino d’Argentina e Franco Martignoni
classe 1917; campagne d’Africa, Albania e Grecia. Per qualche ora siamo in
Italia e ci sentiamo dell’itabene tutti, dimentichi delle angustie della
quotidianità. Domenica di Pasqua. Il gruppo del presidente nazionale prende la
via di Montevideo dove il presidente sezionale Luigi Facchin riceve gli ospiti
presso la sede dei Combattenti e Reduci, anche questa fondata dai garibaldini.
Coadiuva all’organizzazione dell’incontro l’attivissimo segretario Piergiorgio
Boschiero. Pranzo con presenze dell’on. Ruben H. Diaz Burci, del presidente
dell’Associazione Combattenti Giovanni Costanzelli e deposizione di una corona
al monumento ai Caduti presso l’ospedale italiano Umberto Iº. Alla bella e
commovente cerimonia partecipano combattenti di tutte le armi, il console e
l’ambasciatore italiani. Nella città vicina di Piriapolis altra cerimonia
davanti alla statua della Madonna degli Alpini, eretta nel 1972, presente
Merlini per l’ANA. Una marmetta ricorda il presidente Testoni la cui figlia
Adriana dirige attualmente la scuola italiana a Montevideo. Contemporaneamente
il gruppo si sparge tra le pampas, le vie Florida, Palermo, teatro cittadino in
attesa di partire, il giorno dopo, in ore antelucane, per Rosario. Questa città,
la più italiana dell’italianissima Argentina, lambita dalle acque del Paranà
vanta, oltre ad un magnifico ed imponente museo delle bandiere, una scuola
gestita dalla Dante Alighieri con 2.200 allievi, l’80 di origine peninsulare, e
corsi magistrali per la formazione di docenti per l’insegnamento della nostra
lingua. La struttura, molto dignitosa e funzionale, ci viene mostrata con
orgoglio dall’ing. Amedeo Lombardi che, a titolo gratuito, svolge le mansioni di
segretario. Nell’ampio atrio ci sono due statue: quella di Diaz e dell’Alpino.
Lì abbiamo cantato l’inno nazionale e deposto un mazzo di fiori, un po’
rammaricati che l’I
talia non abbia abbastanza a cuore la diffusione della nostra
civiltà. Grande serata con gli alpini del capogruppo Glerean, un dinamico
ottantenne che sa animare i suoi soci con il cuore in Italia e la testa in
Argentina. Da Rosario il gruppo si è diviso: chi è andato a nord verso le
cascate di Iguazù, chi a sud fino alla Patagonia, non trascurando di passare a
salutare gli alpini di Mar del Plata. Ultima tappa a Santiago dove l’artigliere
Giuseppe Degli Esposti, schietto e spiritoso presidente della sezione Cile,
accoglie la delegazione con calore ed entusiasmo. Visita alla Scuola Militare
alpina guidati dal col. Jimenez, 3º reggimento Yungay Refonzado e dal gen.
della riserva, Alejandro Espinosa. Qui all’ Escuela de Montaña si respira aria
buona. La leva di dodici mesi è obbligatoria e i muli sono ancora utilizzati per
affrontare le lunghe marce sulle Ande. Ingredienti apprezzati. Grande cordialità
da parte del comandante col. Zanelli, scambio di omaggi, perfetta l’intesa tra
andini e alpini. La sera, all’Umanitaria, un’associazione sorta all’inizio del
secolo scorso, incontro conviviale con i pochi alpini cileni che ancora tengono
alta la bandiera dell’italianità e dell’alpinità. Si portano sulle spalle tanti
anni di naja e di duro lavoro e avvertono che dopo di loro ci saranno solo
ricordi e forse neanche quelli. Vorrebbero lasciare in eredità l’amore per il
paese che hanno lasciato da tanti decenni ma che sentono sempre vivo nei loro
pensieri e nei loro affetti. Non ci si può sottrarre al senso di malinconia nel
constatare che stiamo perdendo un presidio prezioso dei nostri valori in quelle
terre lontane. L’A.N.A. può ancora fare qualcosa?
Forse si.